L’unica cosa per me rilevante dell’ennesima discussione scatenata da Vittorio Feltri con il suo tweet offensivo e misogino contro Michela Murgia non riguarda tanto Vittorio Feltri. Ancora meno riguarda Michela Murgia. Non riguarda – perché le cose sono così da tempo – la qualità della classe dirigente di questo Paese a cui Feltri appartiene. Non riguarda in particolare la diffusa mediocrità di un simile gruppo di eccellenza e nemmeno l’ insistita persistenza sotto i riflettori di una simile congrega anche in età avanzatissima. Non riguarda neanche quel sentimento di untuosa tolleranza che una simile permanenza suggerisce a tutto il mondo intorno (i lettori di Feltri, i colleghi giornalisti di Feltri, gli amici politici di Feltri sempre pronti a offrirgli uno scranno da qualche parte), tutte cose imbarazzanti che, a ben guardare, c’erano anche prima. Ma riguarda – purtroppo – il ruolo che gli ambienti digitali hanno oggi in simili contesti. Ogni giorno assistiamo a questa nuova selezione verso il basso dell’agenda informativa dei cittadini. E più i cittadini sono culturalmente deboli e maggiormente sono coinvolti in simili cambi di programma. Feltri insomma è sempre stato Feltri e noi che abbiamo consentito l’emersione di Feltri siamo sempre noi. Feltri che insulta una scrittrice su Twitter senza motivo e senza argomenti e il fatto che da un simili minuscolo gesto origini una vasta discussione pubblica questa è invece una novità e, insieme, una responsabilità degli ambienti digitali. Pensavamo un tempo che le relazioni digitali avrebbero aiutato tutti, compresi i peggiori di noi. Vediamo oggi che hanno aiutato pochissimi fra noi e peggiorato la vita della maggioranza di noi.

Un commento a “I social e la maggioranza di noi”

  1. Alessandro Lavarra dice:

    da quando “le reazioni digitali” sono state facilitate, amplificate e gestite dai social hanno perso il loro valore di strumento democratico di condivisione e visibilità e sono diventate solo una specie di amplificatore della nostra pochezza