Contrappunti su Punto Informatico di domani.

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Nel fondo del barile, per il Ministro dell’economia Giulio Tremonti, ci sono evidentemente le frequenze radio liberate dal passaggio alla TV digitale. Quelle stesse frequenze che, fino a ieri e sciaguratamente, il governo aveva scelto di riservare, a titolo di risarcimento, alle televisioni locali. Era evidente già qualche mese fa, quando il sottosegretario Romani ne accennò distrattamente, che si trattava di una piccineria tipicamente italiana, dove un governo fatto da imprenditori televisivi di grande, medio o minimo successo, prendeva le difese dei propri simili scegliendo di ignorare i temi, i costi e le esigenze dell’innovazione.

Nel campo delle frequenze radio, bene parzialmente comprimibile a disposizione della collettività, le esigenze dell’innovazione raccontano, un po’ in tutto il mondo, una storia di liberalizzazione e noleggio: liberalizzazione in quei paesi come gli USA dove – è capitato spesso – la libera disponibilità delle infrastrutture sancita dalla amministrazione ha fatto da motore all’industria delle telecomunicazioni, noleggio nei molti casi in cui il bene pubblico, pur restando di proprietà della collettività, viene “prestato” ad aziende desiderose di utilizzarlo per nuovi business. E’ stato così, in un passato nemmeno troppo remoto, anche in Italia, ai tempi dell’asta delle frequenze UMTS, è stato così in Europa nell’ultimo anno per le frequenze radio della TV analogica che molti paesi come la Germania hanno reso disponibili per le reti mobili di nuova generazione.

Mentre nella prima metà del 2010 si concludeva l’asta tedesca che ha portato nelle casse del governo 4,3 miliardi di euro, investiti da Vodafone, T-Mobile e O2 per poter sviluppare in futuro la propria rete 4G, in Italia Berlusconi e Romani insistevano nel regalo di quella piccola preziosa risorsa ad uno dei business più marginali e passatisti fra i tanti immaginabili: quello dei vecchi editori televisivi. Insomma, tu dici Internet e loro rispondono Vanna Marchi.

Si trattava di una scelta assurda da moltissimi punti di vista, uno dei quali, per restare ai temi dello sviluppo tecnologico, era che mentre si regalavano risorse a soggetti dediti a professioni editoriale decotte, il Governo sceglieva, sempre più recisamente, di tagliare i denari più volte promessi per lo sviluppo della banda larga. Per non parlare dei progetti per la rete in fibra di nuova generazione. A margine di commissioni abortite, riunioni finite in caciara, litigi, lettere di intenti e smentite, l’unico elemento certo al riguardo della NGN italiana è che, anche nel momento in cui le telco riuscissero a comporre antichi dissidi, buona parte dei 25 miliardi necessari per costruirla dovrebbero uscire dalle casse dello Stato.

Logica avrebbe voluto che i denari incassati da una eventuale e necessaria asta sulle frequenze fossero rapidamente destinati all’ammodernamento tecnologico del paese, pur sapendo che non sarebbero stati sufficienti, pur sapendo che sarebbe stata richiesta la collaborazione di tutti.

Ma come sempre accade in questo Paese la normale amministrazione travolge qualsiasi progetto che non sia a brevissimo termine: ne consegue che ogni ragionamento di scenario risulta essere di fatto impossibile nel momento in cui non ci sono i soldi nemmeno per la carta igienica nelle scuole elementari. Così le indiscrezioni di stampa di questa settimana raccontano di un Ministro dell’Economia alle prese con l’ennesima ricerca di denari da destinare non certo alla NGN e nemmeno al digital divide, quanto alla perenne continua emergenza di bilancio ed al pressing di una decina di Ministri senza un quattrino. Fra le ipotesi immaginate da Tremonti per fare cassa ci sarebbe stata quella di ripensare il regalo delle frequenze per offrirle in licenza alle compagnie telefoniche, seguendo finalmente l’esempio di quanto accade un po’ in tutta Europa.

Nel silenzio di Paolo Romani, nel frattempo diventato Ministro dello Sviluppo Economico, Tremonti sarebbe intenzionato ad utilizzare tali fondi per tappare almeno alcune delle tante falle nella chiglia di un paese che affonda. Da un lato è impossibile dargli torto, dall’altro non c’è miglior rappresentazione di questa continua affannosa emergenza per raccontare un paese che, per lo meno in ambito di sviluppo tecnologico, ha ogni giorno sempre minori prospettive di fronte a sé.

4 commenti a “Anteprima Punto Informatico”

  1. biccio dice:

    Il paradosso poi è che l’eventuale investimento di tali denari sull’ammodernamento del paese si potrebbe tradurre in un indiretto aiuto ai ministri senza quattrini, posto che anch’essi si mettano nella condizione di ragionare a lungo termine (e scuola/università ne sono l’esempio più eclatante).

  2. pietro dice:

    In effetti il fatto che mentre in Germania UK Francia e USA chi aveva un canale televisivo si è tenuto il canale che aveva mentre in Italia le frequenze ( per esempio ) occupate da Mediaset gli abbiano permesso di moltiplicare a costo zero i canali da utilizzare per la TV a pagamento ha comportato che finora lo stato Italiano ha incassato ZERO euro, mentre per esempio in Germania il totale incassato dalle aste delle frequenze rese disponibile è stato oltre i 20 miliardi di euro.
    Volendo fare un conto veloce 20 miliardi potevano essere 500 euro di tasse in meno per ogni famiglia italiana, ma evidentemente la riduzione delle imposte non è nel programma di questo governo….

  3. Bic Indolor dice:

    @pietro

    500 euro di tasse in meno… ma credi davvero che se lo stato avesse a disposizione più soldi farebbe pagare meno tasse o produrrebbe maggiori/migliori servizi pubblici?

    MAH!

  4. InnovAzione « Il Giornalaio dice:

    […] […]