Alla Blogfest alla fine ho seguito solo due dibattiti per intero. Quello “istituzionale” sul futuro della editoria elettronica nella giornata di ieri e quello di oggi organizzato da Mafe e Gallizio chiamato Writecamp. Messi assieme mi sono sembrati una perfetta fotografia dell’esistente. Ieri sul palco c’erano alcune persone che stimo molto da molto tempo come Gino Roncaglia, Alessandro Gilioli e Antonio Tombolini. Nonostante questo, per tutto il tempo, non mi è parso di aver respirato nemmeno un millimetrocubo di nuova visione. La nuova visione, si sa, spesso tende a nascondersi un po’ quando si deve fare i conti con le contingenze della ordinaria amministrazione. Così fra una Apple predatoria, una industria impaurita, una quota di mediatori non sfoltibile e altre serie questioni mi è parso che il destino della allegra brigata, tranne sorprese dell’ultima ora, sia già bello e che segnato. Per conto mio lo ha sintetizzato egregiamente qualche settimana fa il capo di Conde Nast UK quando serafico affermava che non prevedeva significative riduzioni di prezzo per la versione elettronica del proprio catalogo. E’ normale che sia così e vale anche per i libri, perchè in un regime di molti diritti acquisiti ed incomprimibili, lo shift al digitale non fa altro che aggiungere nuovi soggetti alla tavolata. Dalla disintermediazione di cui tutti ci si riempie la bocca da anni, alla ipermediazione insomma. La sorridente eutanasia inclusa nel pacchetto sembra sempre un problema che debba riguardare qualcun altro.

Al WriteCamp invece l’aria respirata era di tutt’altro genere. Nemmeno l’ombra di un ragioniere. In particolare Mafe e Gallizio hanno pubblicamente raccontato una loro idea di nuova editoria elettronica che personalmente già conoscevo (sono cari amici me l’hanno più volte pazientemente raccontata in privato) ma che purtroppo fatico assai a concepire. Si tratta di un pensiero affascinante, per me totalmente inintellegibile, sulla parola scritta non solo strappata dal libro, ma anche ripiegata e plasmata in funzione di device nuovi e impensati, proiettata sulle pareti di ipotetiche stanze d’albergo, riunita e collegata ad altre simili e differenti attraverso i fili invisibili della complicità elettronica fra autore e lettori, in un universo in cui tutto è diverso da come siamo abituati. La grande debolezza per conto mio di un progetto simile (al di là della mia senile incapacità di immaginare il nuovo) è che usa un paradigma (quello del lettore da 10 libri al mese) sul quale ovunque nel pianeta parrebbe improbabile riuscire a costruire un modello economico. Ma oltre agli afflati futuristi, al Writecamp è salita sul palco anche tutta una nuova onda, per me molto affascinante di pioneri di una nuova letteratura più convenzionale ma non meno immaginifica. Ragazzi che nella mia ignoranza ho sentito nominare per la prima volta, progetti, aperture ed entusiasmi. Il completamento perfetto della real politik del giorno precedente, il disinteresse per ogni forma di ragioneria, libera distribuzione, fondi per la stampa da parte di lettori entusiasti, progetti sostenuti ed anzi fatti volare in alto dalla passione e dal talento. Anche in questo esiste tutto un vissuto che la rete ha metabolizzato in questi anni arrivando però ad una conclusione non così entusiasmante. Fatta la tara delle ammirevoli e rare eccezione stiamo parlando di piccoli progetti sottratti ad ogni metrica economica dove il lavoro dell’autore è, nella migliore delle ipotesi, ripagato in stima e pubblici riconoscimenti o poco più. Ma al di là della reciproca soddisfazione di autore e lettore nulla di tutto questo assomiglia anche solo lontanamente al futuro della editoria, intesa come ambito economico numericamente ampio che sostituisca l’attuale.

Internet, come è accaduto ancora, è la pietra di volta, su questo sembrano tutti d’accordo. L’unica certezza è che il talento resta sottratto dalle speculazioni di scenario (oggi al Writecamp una ragazza ha letto un pezzo del mio concittadino Simone Rossi che mi è parso bellissimo). Per il resto fra Farhenheit 2011 e Writecamp la mia inutile impressione è che fra mille difficoltà si dovrà provare ad immaginare un qualche punto di incontro.

14 commenti a “L’innocenza del ragioniere no?”

  1. Mafe dice:

    Il punto d’incontro è chi, come molti di noi, più che libri ogni giorno legge frammenti e che per questi frammenti in modi molto diversi è o sarà disposto a pagare, se il pagamento viene vissuto come finanziamento di qualcosa di tutti e non un’estorsione di pochi a molti. Forse non succederà mai, ma possiamo non provarci?

  2. Fabrizio dice:

    Poche righe non bastano, ma ciò che ferma tutto credo sia indubbiamente una condizione già esistente unità all’avidità. C’è una industria strutturata che è costituita di alberi abbattuti, carta e sua lavorazione, rotative e macchinari da milioni, stampanti, comitati editoriali, distributori da 50% per cento del prezzo di copertina. Tale organizzazione che concede poco spazio anche ai piccoli editori non potrà essere che una resistenza alle novità. Per avviare una nuova struttura che prevede tutta una serie di tagli (addirittura eliminazione) dei costi intermedi ritengo che si debba partire da capo (il problema sono i diritti del “pre-esistenste”). Un e-book al costo finale di tre euro? 1,5 euro all’autore e 1,5 all’editore? Fattibile? Troppo poco? Forse ma non credo si possa salire oltre i 5 euro a libro. Perché da lettore l’idea di acquistare sei libri al costo di uno di carta con 20 euro mi affascina, 4 potrebbe anche andare, ma due mi sembrano pochini. Sono troppi a sensazione 10 euro per un libro digitale. Chi fa prezzi più bassi? Nessuno. Un Dan Brown su amazon va a 11 dollari, con cui magari la casa editrice ammortizza anche le copie che vanno al macero. Poi c’è la questione della credibilità (gli sfigati dei blog e quelli degli ebook). Se ci fosse garanzia di qualità percepita (ancora troppo bassa) qualcosa si potrebbe fare, ma ci vorrebbe comunque tempo per acquistare margini di credibilità e molto denaro per farsi conoscere e diffondere i dispositivi di lettura i quali poi subiscono la concorrenza di tutto ciò che è informatica e digitale (ipad, netbook, notebook, smartphone). Dai 200 euro a salire.
    C’è un elefante nella stanza e credo che sia impossibile non vederlo. E’ entrato da piccolo ed è cresciuto all’interno.

  3. Fabrizio dice:

    Un’ultima cosa, poi smetto ed evito lo spam, un libro cartaceo di 485 pagine (non ricordo il tipo di carta, ma era una qualità media) costa di produzione 3,75 euro a copia (2000 copie previste – copertina morbida, se si aumenta il numero di copie forse c’è ancora un lieve margine) e il prezzo di copertina si aggira intorno ai 14- 15 euro. Uno digitale? Facciamo i nostri conti.

  4. piovedisabato dice:

    485pagine a quasi 4 euro per rivenderlo a 14-15 euro il guadagno non è poi così alto, soprattutto su un volume vendite di 2000 copie.

  5. .mau. dice:

    (1) ma esistono lettori da dieci libri al mese? Io sono riuscito a farlo negli ultimi anni del liceo, ma perché non avevo molto da fare (e comunque non avrei avuto i soldi per comprare i libri, sfruttavo le biblioteche). Adesso viaggerò sui cinque libri al mese.

    (2) Ovviamente non è il costo della carta quello che conta nel prezzo dei libri. Il punto è: è vero che si salta il trasporto e il magazzino, ma non si evitano tutti gli intermediari, a meno di parcellizzare il mercato con Mondadori, Rizzoli, GEMS, Laterza ecc. che fanno ognuno il loro negozietto. Quindi ci saranno sempre almeno tre attori; autore, editore, negoziante.

  6. P.G. dice:

    Gli ebook, come gli mp3, finiranno per costare poco meno della versione su supporto fisico. Diciamo che costeranno come il libro, detratto il costo del supporto e qualche piccolo costo tipo stoccaggio, trasporto.
    E’ impensabile, almeno per novità e bestseller e longseller, che si arrivi a ebook a prezzi inferiori ai 5 euro.
    Questa è la realtà, perchè ci sono troppi attori in gioco e troppi margini di guadagno a cui non si vuole e soprattutto non si può(visto che la coperta dell’editoria è molto stretta)rinunciare.
    Quanti ai lettori da 10 libri al mese…in Italia solo il 5-6% della popolazione legge almeno 10 libri all’anno. Altro che 10 al mese. Puntando sui grandi lettori, in ogni caso, nessuna libreria è mai sopravvissuta. Bisogna puntare sui lettori occasionali e cercare di fidelizzare quelli: quelli che tornano in libreria giusto per Natale e per un paio di regali l’anno.

  7. Fabrizio dice:

    @piovedisabato
    infatti di scrittura non si vive nemmeno nella sua versione originale. Meglio! Ci vivono in pochi autori quelli che superano la soglia delle 30.000 copie vendute all’anno (sopra questa cifra in Italia è considerato un best seller) e devono scrivere un libro all’anno se è la loro unica fonte di reddito. L’autore prende circa l’ 8% del prezzo di copertina (un esordiente forse anche meno). Arrotondiamo a un euro a copia. 30.000 copie 30.000 euro. 100.000 copie 100.000 euro. Dan Brown con 60 milioni di copie del Codice da Vinci è miliardario, ma è un miraggio per pochi. Nessuno poi dice quanto vende a parte i Wu Ming.
    “Q” il best seller dei Wu Ming raggiunge le “122.638 copie delle varie edizioni Einaudi vendute in 81 mesi di presenza in libreria.”

    http://www.wumingfoundation.com/italiano/glasnost2006.htm

    Mi sembra chiaro (parlo dell’Italia) che con cifre così siamo alla canna del gas. Fiorisce l’editoria a pagamento perché i piccoli non vogliono rischiare e i grandi probabilmente vedono l’ebook come un mezzo a bassissimo costo per ammortizzare la loro struttura mastodontica cresciuta negli anni.

  8. Effe dice:

    Ma il lettore, cara Mafe, è GIA’ disposto a pagare. Paga con tempo, attenzione e disponibilità alla lettura.
    Con l’attenzione del lettore non si campa?
    La disponibilità alla lettura non si mangia?
    Meglio, avremo scrittori un po’ ascetici e sofferti (Baricco è sovrappeso, per esempio).
    Chi l’ha detto che Se non ha mercato/allora è peccato?
    L’hai detto tu, Mante?
    (non so, qualcuno l’avrà pur detto, magari con altre parole)
    Chi l’ha detto che Senza denaro/il successo è raro?
    (idem)
    Io non lo credo, e se non avessi proprio ora un calo di zuccheri ve lo dimostrerei optime.
    Buon pro.
    F

  9. Wu Ming 1 dice:

    Giusto per la completezza del quadro: se interessa la nostra “Operazione Glasnost”, qui ci sono i dati più aggiornati:
    http://www.wumingfoundation.com/giap/?p=15

  10. P.G. dice:

    Ecco, ce ne vorrebbero tante di “operazioni glasnost” come quelle di Wu Ming. Giusto per rendersi conto di cosa sia il mercato dei libri in Italia attualmente(un libro che fattura vendite per 2-300.000 euro in un anno è già un bestseller). Perchè se ne parla tanto, e tutti credono che ci sia da guadagnarci chissà cosa. Con gli ebook, ancora più di prima, probabilmente ci guadagneranno solo i grossi gruppi e i grossi distributori, che si trasformeranno progressivamente in venditori al dettaglio eliminando il passaggio successivo(cioè le librerie).
    Perciò secondo me si aprono grandi scenari: per il volontariato e per chi lo fa per passione personale. Per il copyleft, per il gratis, per chi non punta al lucro, almeno.

  11. mafe dice:

    Effe, piacere di ritrovarLa. Nessuno dice che se non ha mercato è peccato, ma non diciamo neanche il contrario, per favore.

  12. Andamento delle Principali Imprese dei Media « Il Giornalaio dice:

    […] […]

  13. Fabrizio dice:

    @ p.g.
    Guardi, con tutto il rispetto, di volontari di no profit che tengono in piedi (indirettamente di riflesso) anche coloro che fanno profit ce ne sono anche troppi in questo paese. Non ne servono altri. Servono invece strutture che sappiano mantenersi senza ricorrere ai contributi statali (tasse) di coloro che magari nel tempo libero si dedicano al no profit. Per favore finiamola qui! Di carrozzoni ce ne sono già troppi, senza aggiungerne altri. Togliamo gli incentivi per la carta, togliamo gli incentivi per le copie stampante, forse vendute, togliamo i finanziamenti per le cause perse. Diamone invece agli editori che puntano sul digitale, alle novità, che riducono i costi, le spese superflue, il lavoro sulla cellulosa. E’ sufficiente una legge che stabilisca delle percentuali. Anche le piramidi sono state costruite con il no profit.

  14. Il blog del Mestiere di Scrivere dice:

    Il giardino dei blog…

    Lo sapevo già, e negli ultimi due anni l'esplosione dei social media me lo ha solo confermato: non sono per niente un animale sociale, nonostante negli ultimi dodici anni abbia pubblicato e condiviso in rete migliaia di pagine.Sto bene a cas…