Luca oggi ha pubblicato su Wittgenstein una cosa sua, privata e vecchia di dieci anni che mi piacerebbe leggeste.

Questo carcere ha le sue regole. Regola uno, le regole non si discutono. Non perché sia vietato, ma perché non c’è niente da discutere. Come l’esistenza di Dio, per capirsi. Immaginate di poter discutere una regola come “non si possono mostrare ai detenuti foto di assembramenti”? È saltata fuori una volta che avevo portato a mio padre delle foto di persone a lui care, scattate a un incontro pubblico sulla sua storia. E così via. Le regole prevedono che il detenuto possa ricevere quattro visite al mese, ciascuna di tre persone al massimo, tutti familiari, o persone di strettissima e certificata relazione, ciascuna visita della durata di un’ora. Le visite possono diventare sei, se il detenuto ha tenuto una buona condotta durante il mese, guadagnandosene due premiali. Per avere le visite premiali però bisogna fare domandina. Parla così, il carcere, dice “premiali”, e “familiari”, e dice “domandina”. Un misto continuo di burocratese da motorizzazione civile e linguaggio da asilo nido.


8 commenti a “L’occhio malinconico”

  1. Daniele Minotti dice:

    Sai, Massimo, le sbarre le frequento da vent’anni, fortunatamente – a volte con qualche questione ;-) – mi fanno pure uscire! Le frequento sempre meno, quando ci rientro stupisco… mi sento in evidente disagio, non capisco.
    Vecchio problema… Nessuno ha mai fatto nulla di concreto. Io, nel mio piccolissimo, ci ho scritto una tesi di laurea, quando gli altri sceglievano le materie principali. L’ho fatto in una materia *minore*. C’ho messo un anno girando per le biblioteche internazionali d’Italia e mi ha fruttato dieci punti ;-)
    Sai che Luca non lo condivido sempre, anzi… Ma sara’ perche’ ha la mia eta’, sara’ perche’ penso alla sua vita di figlio di detenuto, ci penso, si’… caxxo se ci penso…

  2. raxi dice:

    Regola numero 1 e 2: “non parlare mai del Fight Club”

  3. » Il carcere (e non per coerenza coi miei studi) » :.:.: (il blog di) Daniele Minotti dice:

    […] lingue. Fierissimo e contentissimo.Sociologia mista a criminologia.Da pensare quello che riporta Massimo di Luca Sofri, senza pregiudizi. Vale per tutti, […]

  4. Ernesto dice:

    Si ha ragione… vado al carcere spesso per lavoro, e non c’è nulla che odi più di quella parola, “domandina”, per parlare col medico esterno, con l’educatore, per comprare una medicina, e via dicendo.
    Uomini retrocessi a bambini.

  5. Daniele Minotti dice:

    Un po’ come a militare, peratro. Che stupidaggini…

  6. raxi dice:

    A me è capitato in ambito ecclesiastico
    l’uso di “soldini” con riferimento
    a cifre non propriamente da salvadanaio.

    D’altronde dal punto di vista della sociologia delle organizzazioni
    carcere e chiesa hanno diversi punti in comune
    (e pure l’uso del diminutivo regressivo a livello di linguaggio.)

  7. Lot dice:

    Di questi argomenti parla con competenza, umanità e grande costanza Riccardo Arena (www.radiocarcere.com).

  8. Daniele Minotti dice:

    @Lot
    Si’, vero. Ottima segnalazione.