Oltre a Stefano Quintarelli che ne parla da tempo, vedo, in questi giorni di grandi tensioni fra rete Internet, sistema politico e media, che si moltiplicano i sostenitori dell’anonimato protetto. Provo a spiegare in poche parole perchè l’anonimato protetto è un lusso che non dobbiamo permetterci.

Premessa.

Sono da sempre fra quanti sostengono l’identità fra responsabilità di rete e mondo reale. Vedo con piacere che ci siamo moltiplicati. E’ un buon segno. Andrebbe però anche detto che questo non è il momento migliore per affrontare simili eleganti argomenti. Non si consegna un uovo di Fabergè ad un energumeno con l’ascia in mano. In ogni caso, anche nella indelicatezza di questi tempi, confermo quanto dico da sempre: ciò che è un reato in viale baracca angolo piazza della repubblica lo deve essere anche sul server XYZ.it e viceversa. Nei limiti del possibile, però. I limiti del possibile sono uno dei temi di questo post.

Troppa trasparenza fa male.

I sostenitori di queste misure di autenticazione personale dell’accesso a Internet propongono che chiunque acceda alla rete sia univocamente identificabile. Sempre. Siamo di fronte alla usuale sindrome del primo della classe: arriviamo prima noi del resto del mondo e questo è già abbastanza inquietante. Ma lasciamo per un attimo nel loro brodo quanti sostengono che l’identificabilità sia un valore sempre e comunque. Non lo è, ma, per ora, pazientiamo. Il fatto è che, se ci pensiamo per un istante, nel mondo reale nessuno di noi è oggi sempre identificato. Se anche la non identificabilità assoluta fosse un disvalore occorre lo stesso registrare che le condizioni della vita reale e della rete sono molto simili. Mettiamo sui due piatti della bilancia le informazioni ricavabili dai log dei server internet e la quantità di tracce che i cittadini rilasciano normalmente camminando sulla terra e ci accorgeremo che, se esiste una asimmetria, questa non racconta un deficit informativo legato all’essere online. Semmai il contrario.

Quindi oggi, da questo punto di vista, non c’è un gran che da riequilibrare fra online ed offline. Anzi, paradossalmente, in un paese a bassa cultura informatica come il nostro, esiste uno sbilanciamento netto fra la identificabilità (per esempio dei reati) in rete rispetto al mondo reale. Con una ampia predominanza della prima.

Secondo argomento. Difficile da dire ma importante.

Negli ultimi dieci anni di teorico “selvaggio” anonimato in rete si sono sviluppate una serie di dinamiche importanti mediate dalla tecnologia. Dobbiamo domandarci se sarebbe accaduto lo stesso se ognuno di noi avesse avuto il suo bel numerino governativo stampato in fronte. Eppure oggi, per chi abbia voglia di osservarlo, il panorama in questo senso è piuttosto chiaro. Molti degli avanzamenti sociali legati allo sviluppo di Internet, sono state pratiche al margine della precedente legalità. La precedente legalità, tuttora in vigori nei tribunali del mondo emerso, era ed è legale. Ma lo era piu’ che altro prima. Quando milioni di utenti della rete condividono su Youtube (o altrove) spezzoni di trasmissioni televisive, fanno due cose assieme. Violano una norma precedente (ed infatti vengono in genere biasimati dai tribunali e in qualche modo limitati da Google) e scrivono una nuova prassi comunicativa che non può essere fermata. Nuova, una cosa che prima non c’era e che ci arricchisce. Oggi milioni di persone nel mondo seguono gli highlights trasmessi dalle TV dentro Youtube che è diventata la sintesi e l’archivio vivente del prodotto televisivo. Moltiplica fascino ed interesse di 10-secondi-ogni-tanto, arricchendo un ambiente in gran parte noiosissimo e lascia andare il resto. Provate a spiegare a vostra figlia 6enne cos’era lo Zecchino d’Oro 30 anni fa. Con Youtube ce la farete, diversamente no.

Altro esempio. La condivisione sui circuiti di filesharing ha decuplicato le nostre capacità di raggiungere contenuti che sono per noi interessanti. Qualcuno ha detto – credo con ragione- che molto spesso i condivisori sono gli amanuensi dell’epoca moderna. Tutto questo ha creato sfaceli nei vecchi modelli distributivi? Un po’ sì ed un po’ no ma non c’era comunque alternativa. Nella precedente legalità tutto ciò è sanzionato dai tribunali? Probabilmente sì, ma quando le prassi interessano milioni di persone sono le leggi (ed i modelli economici) che devono cambiare, non viceversa. E questo è quello che succederà.

Non e’ cosi’ strano supporre che l’anonimato in accesso alla rete, per quanto esile e spesso misconosciuto, e’ stato in questo decennio uno dei motori dell’innovazione. Ha mantenuto intatto quel diaframma piu’ che altro psicologico che separa le vecchie norme dai nuovi comportamenti. E’ impopolare dirlo forse ma la qualità delle nostre vite è migliorata anche grazie a questa piccola distonia.

Quanti oggi teorizzano la necessità dell’anonimato protetto scambiano con colpevole leggerezza una serie di tranquillità che sono funzionali a certi contesti (per esempio il commercio elettronico dove ovviamente l’emersione dell’identità è indispensabile) e che piacciono molto ai magistrati (è un po’ come con le intercettazioni telefoniche, la fine di mille personali seccature da poliziotti) con gli interessi diffusi di tutti i cittadini. Che sono cosa molto differente dalle aspettative di normalizzazione delle opinioni del Ministro Maroni. Cose pesanti, che attengono alla libera espressione del pensiero, alla tutela delle minoranze e di un numero molto ampio di altri argomenti sensibili. Anche alla necessaria educazione, di cui tutti abbiamo bisogno, al contraddittorio e all’accettazione del diverso. Gli allegri autodidatti dell’anonimato protetto sono, nella migliore delle ipotesi, simpatici mattacchioni che amano giocare coi loro legnetti. E lo fanno per giunta in una stanza piccola, piena di aspiranti incendiari. Basta dare una occhiata a cosa è stata Internet fino ad oggi e a cosa potrebbe diventare domani, per suggerirgli – col cuore in mano – di smetterla.

26 commenti a “Anonimato protetto? No grazie”

  1. Carlo dice:

    un articolo -direi- perfetto! certe cose bisogna dirle, e ci vuole chi le dica, appropriatamente come fai tu: grazie!

  2. Stefano Quintarelli dice:

    forse bisogna mettersi d’accordo sulle parole, prima.
    cosa intendi tu per “anonimato protetto” ?
    ciao, s.

  3. massimo mantellini dice:

    Stefano lo so bene che la tua idea e’ piu’ complessa, ma la versione proposta nel pezzo linkato e’ quello di farsi banalmente identificare dell’ISP.

  4. Stefano Quintarelli dice:

    ah, ok.
    si, il rischio e’ la banalizzazione, come si sente dire spesso in giro da chi non conosce bene gli argomenti!.
    basta pensare alla sentenza della cassazione…
    ci sono persone che dicono “anonimato protetto” e pensano “abolizione dell’anonimato” (che poi c’e’ gia’…)

  5. alice dice:

    “Nella precedente legalità tutto ciò è sanzionato dai tribunali? Probabilmente sì, ma quando le prassi interessano milioni di persone sono le leggi (ed i modelli economici) che devono cambiare, non viceversa. E questo è quello che succederà.”

    non è affatto detto che succeda, invece. prendi la marjuana: dagli anni ’30 si demonizza la sostanza per controllare minoranze prima etniche, poi culturali. gli argomenti con cui lo si fa fanno presa sulle masse, perché sono convincenti. fai una ricerca nei post passati, proprio qui, per renderti conto di quanto. come convincente è la retorica della proprietà intellettuale, della pedopornografia, o dell’hate speech.

  6. lorenzoc dice:

    Io sul pezzo linkato mi astengo dal commentare nel merito per questioni di “pre-giudizio”

    Perchè se nelle prime righe leggo “interessi politici e interessi commerciali” da chi è stato il primo promotore della nuova legge sul telemarketing rischio di essere inutilmente cattivo. :-)

  7. alessandro Gennari dice:

    in rete c’è meno anonimato di quanto si pensi -e in questo sono d’accordo con quintarelli (“abolizione dell’anonimato” che poi c’è già..) . Dire il contrario è una mistificazione: da parte delle forze dell’ordine e da parte di chi scrive di internet; lo sanno bene gli addetti ai lavori. Per risultare anonimi sul web bisogna essere assai preparati. Forse solo chi vuole esserlo per scopi particolari ci riesce in qualche modo… direi che non dobbiamo aver in alcun modo paura di normare in senso stretto la rete- il web non è qualcosa che va oltre la vita quotidiana. Il web è paragonabile a una società in rapida espansione: in start-up si lavora destrutturati, fuori dagli schemi e dalle regole. Dopodiché il lavoro si normalizza, l’azienda si struttura in funzioni e la complessità viene risolta in processi chiari che aiutano il quotidiano e i nuovi assunti. La rete ha vissuto il suo lungo periodo di start-up e adesso si trova a far i conti con la realtà (diritto d’autore, anonimato, diffamazione etc…) Sarà inevitalmente strutturata anche grazie a leggi e a provvedimenti ad hoc. Questo le farà bene e farà bene a tutti coloro che ne faranno sempre più uso. Buona rete a tutti

  8. Dario Denni dice:

    Mantellini ha un culo pazzesco. Arriva alle conclusioni giuste passando dalla strada sbagliata. E’ giusto. L’anonimato protetto non serve piu’. Sarebbe stato utile fino a 6 anni fa quando nessuno ne parlava e per noi era impossibile pensare che Il Corriere si degnasse di dedicargli un articoletto.

    http://www.dariodenni.it/index.php/2009/12/28/mediablog-e-lanonimato-protetto/

  9. roberto dadda dice:

    Sono confuso, chi mai è anonimo in rete oggi, almeno in italia?
    La risposta che mi viene da dare è “nessuno”.
    Dove sbaglio?

    bob

  10. Stefano Quintarelli dice:

    bob, il 95%++ degli accessi non sono anonimi. ci sono alcune situazioni che tuttavia vanno chiarite, lato “protezione”. ad esempio, l’autenticazione indiretta accettata dal mininterni non è riconosciuta da altre autorita’ dello stato. ci sono alcuni che non hanno obbligo alcuno di identificazione (in ambito assai ristretto). non e’ univocamente chiara l’esenzione di responsabilita’ per chi identifica l’autore di una comunicazione, e altri dettagli del genere.

  11. Carlo dice:

    mi fa ridere alessandro Gennari che parla di Internet come di un’azienda: ma è davvero solo questa la “logica” dentro cui muoversi? non esistono realtà diverse da quelle aziendali?

    e poi insisto: immaginate uno Stato in cui uscendo di casa sia obbligatorio portare bene in vista un cartellino di identificazione (o un tatuaggio ben visibile) — a me sembrerebbe uno Stato privo di qualsiasi libertà di azione, uno stato di polizia! altro che Grande Fratello (quello di Orwell)!

  12. L1 dice:

    mi accodo alla domanda di roberto dadda: firmandomi con il mio pseudonimo non mi sogno nemmeno un attimo di essere (davvero) anonimo. nemmeno mi sbatto con anonimizzatori e proxy, per dire, perche’ non mi interessa essere (davvero) anonimo.

  13. vb (Vittorio Bertola) dice:

    Mi fa piacere scoprire che anche tu oggi parli di questo tema, e tutto sommato sono d’accordo con te. Quello della responsabilità personale degli utenti della rete è un problema serissimo, e la leggerezza con cui molti libertari dicono “ah ma non ci deve essere” mi lascia sempre basito.

    Se hai un quarto d’ora, leggiti il racconto kafkiano di come funziona veramente Wikipedia, una piattaforma dove l’irresponsabilità personale è elevata a sistema, tutte le decisioni sono arbitrarie e quando sono insensate nessuno ne risponde mai, oltretutto dando così ottime armi ai Maroni di turno per sostenere che bisogna intervenire dall’esterno perché la rete non è capace di autoregolarsi. La mia esperienza è stata agghiacciante:

    http://bertola.eu/nearatree/?p=1687

  14. Stefano Quintarelli dice:

    @Carlo, infatti non è cosi’. quello è ‘non-anonimato’, non ‘anonimato protetto’

  15. Stefano Canepa dice:

    Secondo il mio modesto parere l’autenticazione di chiunque acceda a Internet da un PC è semplicemente impossibile. Mi sono posto il problema qualche anno fa per la mia tesi, pensiamolo in questi termini: chi mi assicura che una volta inserite le credenziali di Tizio, Caio obblighi Tizio ad allontanarsi da PC e quindi scriva qualcosa a nome di Tizio? Qualunque sia il sistema di gestione delle credenziali è soggetto a questo problema: smartcard, sistemi biometrici, cifrature varie. In fondo questo commento sembra scritto da Stefano Canepa ma non potrebbe essere un’altra persona che usa le mie credenziali dal mio PC?

  16. Stefano Quintarelli dice:

    un magistrato lo puo’ accertare…

  17. Anonymous dice:

    We shall prevail.
    We are Anonymous.

  18. Mamma Imperfetta dice:

    Ciao Massimo.
    Ti leggo spesso in silenzio.
    Ho letto Repubblica e volevo farti i complimenti! ;-)
    Silvia

  19. Carlo dice:

    in ogni caso, ne vedremo delle belle… o delle “brutte”, secondo i punti di vista! a chiacchiere il clima si sta già scaldando

  20. mfp dice:

    Stefano, anche tu come Vincenzo V. in una precedente discussione, riponi troppa fiducia nelle possibilita’ e le opportunita’ dei c.d. Magistrati (come, tra l’altro, se le perizie le facessero loro; i miei colleghi abilitati alle perizie riportano che in linea di massima il loro lavoro consiste nel dimostrare le tesi di PM e avvocati… e data la vastita’ del cyberspazio… questo e’ quasi sempre possibile; indipendentemente da come siano effettivamente andate le cose). Comprare, tra gli annunci, una sim intestata ad un cinese, ed usarla per comunicare in modo cifrato con nodi di rete extragiurisdizionali, su cui sono presenti un set di tecnologie assortite di offuscamento… rende talmente tanto complessa e costosa una qualunque indagine, da impossibilitare il magistrato a procedere. Che in quelle tecnologie ci sia la certezza matematica dell’anonimato, o no. Te lo dico e per speculazioni teoriche, e per esperienza… empirica. Una decina d’anni fa ho letteralmente perseguitato (mandavo raccomandata per avviare procedimenti autonomi del garante privacy, e l’azienda cambiava sede, allora prendevo macchinina e cambiavo citta’ per portare la raccomandata a mano, ma tempo di arrivare in altra citta’ l’azienda cambiava ancora una volta sede, etc) una serie di individui che spacciavano i dialers… il risultato e’ stato che nel giro di 2-3 mesi di inseguimenti… si sono trasferiti in UK e Romania. Allorche’ il commissario di polizia che mi consigliava durante le mie indagini private mi ha detto (discorso romanzato ma il succo e’ questo): “lascia perdere, giochi finiti; io ti posso anche aiutare interpellando l’interpol… ma queste cazzatine sono a bassa priorita’… se ti dice bene, se le forze dell’ordine dell’altro paese rispondono, ci metto 6 mesi a darti risposte… e magari ti dicono solo che (anche li’) l’azienda e’ intestata ad un muratore locale 89enne che probabilmente non ha mai nemmeno sentito parlare di un computer, sempre che non e’ ricoverato in qualche ospedale per dementi”. E stavo facendo da me perche’ lui, magistrati e avvocati si erano gia’ espressi in questo senso… scettici… e a ragion veduta.

    Arrivati a questo punto… dopo cioe’ circa 50 anni (cfr. De Finetti, ’64 mi pare; al momento vado di corsa ma se sei curioso cerco la scannerizzazione di quel libro… dovrei ancora averla su un qualche dvd di backup…) che i nostri giuristi – tra gli altri – si fanno ricche pippe invece di lavorare… l’unica cosa sensata per chiunque non abbia avuto modo di riflettere sulle questioni di identita’, e’ chiedere a chi invece lo ha fatto, lo ha fatto conoscendo BENE i limiti di queste macchine, e senza avere fini diversi dalla semplice curiosita’ personale. In questo senso in Italia vedo una fonte autorevole sola… si chiama PWS… e uno studioso legacy, autorevole, solo, si chiama Rodota’. Basta imprare da loro – come sembrerebbe aver fatto Mantellini – per potersi concedere il lusso di ignorare chiunque altro ne parli. Right to speak anonymously… dice la Costituzione del paese occidentale in cui la democrazia e’ formalmente tra le piu’ longeve, stabili e moderne. Non te lo dimenticare proprio ora che gli USA sono passati di moda. Perche’ francamente appare freudiano.

  21. Coriolano dice:

    No grazie a cosa? No grazie a che? Sinceramente non ho compreso cosa vorrebbe proporre lei sig Mantellini, anzi cosa proponete voi moltiplicati. Nome e cognome ben visibile per tutti gli utenti della rete? Facile rintracciabilità/tracciabilità per tutti? Cosa volete? A dire il vero il fatto che vi stiate moltiplicando è già un segno negativo: quando arriva la massa con le sue buone leggi le sue brave “etiche” usanze e i propi Dei a cui prostrarsi e le sue bibbie per i nativi del posto… c’è sempre da preoccuparsi. Sinceramente lo ripeto, non ho capito, cosa volete, cosa volete imporre a tutti? Volete sapere cosa fà il sig Mario Rossi nella rete? Siete giudici? Forse siete il comitato delle buone maniere dei buoni comportamenti oppure… siete la nuova lega della temperanza? No davvero, se lei o qualcuno di voi favorevole, di voi che siete tanti, troppi qui davanti, mi sà spiegare cosa vorreste -imporre a tutti- in nome del Buono del Bello e del Giusto… Mattacchioni? E voi volete giocare ai piccoli censori iraniani o ai censori cinesi? A quale gioco volete giocare, voi?

  22. massimo mantellini dice:

    @coriolano, forse e’ meglio se rileggi il pezzo

  23. Coriolano dice:

    Letto e riletto, forse l’argomento è troppo ostico per me, allora gentilissimo Mantellini, in poche parole, anche pochissime e anche pensando a noi non cvltvralmente alti.
    Cosa vorrebbe? Cosa propone?
    Non sono qui per trollare, se lo crede cancelli i post e finiamola lì, ma vorrei solo capire cosa sarebbe questo -no grazie-, vorrei davvero capirlo visto che nella rete ci sono anch’io, quindi mi scusi se me la prendo, ma vorrei davvero capire a cosa dovrei rinunciare, e in nome di chi.

  24. massimo mantellini dice:

    @Coriolano, era solo che a me sembrava che il mio punto di vista al riguardo (non c’e’ bisogno di nuove norme di autenticazione) fosse abbastanza chiaro. In altre parole: No grazie, l’anonimato protetto non mi piace. Piu’ chiaro cosi’?

  25. Mauro dice:

    massimo mantellini a Coriolano:
    “In altre parole: No grazie, l’anonimato protetto non mi piace. Piu’ chiaro cosi’?”

    no, non è chiaro.
    Premesso che da sempre su internet nessuno di noi è anonimo per le forze dell’ordine dotate di mandato, ritengo che io su internet abbia il diritto di essere anonimo nei confronti del mio vicino di casa, del collega, della ex ecc. ecc. che vuole ficcanasare nella mia privacy.

    Questo anonimato, l’anonimato nei confronti di chi conosce al paesello, va protetto SI o NO ?

    grazie per l’eventuale risposta e Buon Anno

  26. massimo mantellini dice:

    @Mauro, va protetto, SI, buon anno