Giuseppe Granieri riporta sopra la linea di galleggiamento una vecchia discussione sui blog italiani, quella sulla declinazione del loro impatto sul sistema informativo. Tralascio (assentendo) la discussione sulla massa critica che non c’è e sulla specificità nostrana di un certo intruppamento ideologico che appare francamente evidente. Mi domando invece – rispetto al discorso di Giuseppe – come sia possibile omogeneizzare strumenti sociali tanto differenti come i blog, Twitter o Friendfeed, dentro una unica traccia antropologica.

Se la tesi è che i cittadini siano “molli” (e non la blogosfera) allora le ragioni di questa mollezza vanno ricercate nei cittadini stessi più che negli strumenti di rete che utilizzano. Poco conta che i blog abbiano fallito nel loro tentativo di aggiungersi autorevolmente al panorama informativo (sempre che sia vero, io per esempio in discussioni del genere avrei molti distinguo da proporre) o che Friendfeed favorisca, evidentemente per una sua intrinseca debolezza tecnologica che però fatico a comprendere, il flame o il cazzeggio alla discussione meditata. E meno male che non si cita Twitter che (a differenza di quanto accade in USA) vive in Italia in questi mesi una grande centralità mediatica da affiancare ad una invece modestissima diiffusione numerica. Siamo sicuri che le avanguardie delle avanguardie prima o poi non siano quelli che si perdono per strada?

Se i cittadini sono “molli” (e certamente non per colpa degli strumenti di rete sociale che utilizzano) da un lato sembra lecito affermare che certi strumenti facilitano questi atteggiamenti più di altri. Il microblogging certamente, ampiamente basato sul rimbalzo di brevi contenuti piuttosto che sulla elaborazione di opinioni strutturate, ma anche Facebook stessa, luogo nel quale tutte le relazioni hanno, anche graficamente, uguale peso ed evidenza, hanno avuto un ruolo negli ultimi tempi nella polverizzazione delle discussioni. Le hanno rese spesso eteree ed impalpabili, scarsamente definite in termini di io dialogante (spesso e’ complicatissimo risalire a chi dica cosa), le hanno redirette con casuale schizofrenia spesso oltre i limiti della tracciabilità. Dentro questo paradosso dove quasi sembrerebbe che le piattaforme sociali utilizzate complichino lo scenario invece che facilitarlo, la domanda centrale sembra quella che si pone al riguardo Luca de Biase:

“Come progettare un sistema che incentivi nella direzione della costruttività delle conversazioni?”



E’ una domanda che contiene in se’ una illogica fiducia. Quella che lo strumento o la piattaforma, ci abilitino domani ad essere migliori di quello che siamo o che per lo meno siano in grado di svelare parti di noi di cui fatichiamo a riconoscere l’esistenza. Se in questo paese i cittadini sono più “molli” che altrove possiamo anche solo credere e sperare che ciò domani sarà scongiurato da una qualche forma di affrancamento tecnologico? Se oggi molti degli strumenti sociali di rete sono quello che sono, se ragioniamo in termini di nuovi cittadini in rete e di nuove masse pensanti rubate alle dinamiche comunicative imperanti, allora si dovrebbe avere il coraggio di dire che nel mare magnum 2.0 solo Facebook oggi in Italia ha le potenzialità per dare la stura ad una grande e nuova conversione laica. Ed e’ un vero peccato che nel mio personale funereo cartellino delle piattaforme idonee a renderci persone migliori, Facebook se ne stia così in fondo alla classifica.

24 commenti a “Molli come la blogosfera”

  1. g.g. dice:

    Come scrivevo di là, su Friendfeed, direi che il mio punto era meno metafisico e più focalizzato al “seguire l’attualità” :)

  2. massimo mantellini dice:

    @gg dici di la’ dove si cazzeggia? ;)

  3. Bloglavoro dice:

    discorso assolutamente condivisibile quello su Facebook. Aggiungerei, ma proprio solo a margine, il fatto che la quantità enorme di informazioni e opinioni prodotta dai blog ha l’effetto anestetico che ha qualsiasi overflow di informazioni. La ‘mollezza’ nostrana forse viene anche un po’ da qui. Se l’utente medio deve smazzarsi 4000 blog prima di trovare quelli che lo soddisfano realmente per qualità delle opinioni, finisce spesso in tre modi: se ne va dopo poco; si rivolge solo ai grandi e già ben conosciuti; si limitia a usare la rete per il cazzeggio tra una pratica e l’altra. Tutto imho chiaramente.

  4. Alberto dice:

    “traccia antropologica”? Che cosa significa?

  5. ArgiaSbolenfi dice:

    Sono l’unico che non ha proprio capito cosa diavolo si vuole dire con “molli”?

  6. Pier Luigi Tolardo dice:

    Non è perchè Facebook contribuisce a dare vita ad una grande manifestazione contro Berlusconi(su cui peseranno anche le reti organizzate di partiti come RC o IDV) diventa salvifico, è solo l’espressione italiana di fenomeni che in Spagna(con gli Sms) dopo l’attentato di Madrid o nelle Filippine sempre con gli Sms hanno avuto esiti ed impatti ben diversi ma forse perchè anche lì le situazioni era mature per altri percorsi.

  7. Massimo dice:

    condivido tutto. Aggiungerei che i blog stessi sono scaduti, vuoi per il fenomeno dei nanopublisher che pagano 3 euro a post ma sono più bravi a farsi trovare di chi magari ha qualcosa da dire, o almeno una opinione vera e sua, vuoi per un certo marchettificio dilagante anche nei blog veri e propri…

  8. livefast dice:

    potrei non aver capiuto nulla –come spesso mi capita– tanto del pezzo di mante quanto di quello di gg, ma.

    ma perché il cambiamento di cui il 2.0 dovrebbe farsi miccia deve essere per forza “macro”? chi l’ha detto che il mondo si cambia solo costituendosi in potenti ed autorevoli mezzi di pressione contro il potere ed i media costituiti?

    io non credo che gli italiani siano “molli”, credo che abbiano semplicemente priorità diverse rispetto agli americani o agli inglesi (perché è di quelli che parlate, no? non degli autorevoli blogger svedesi o tedeschi, giusto?). in italia, paese per antonomasia in cui la dimensione sociale prevede una scala di valori che pone di gran lunga più in alto la famiglia, la cerchia e il clan rispetto allo Stato, il 2.0 cambia le cose a partire dal basso invece che dall’alto.

    un cambiamento “micro” insomma, che ha a che fare con i rapporti tra un individuo e l’altro molto più che con quelli tra individuo (o clan) e Stato.

    non c’è nulla di male: la società sta cambiando ovunque secondo il proprio ordine naturale: first things first.

    io, visto che non costa niente, sarei ottimista sul proseguio.

  9. d o t - c o m a *:o) dice:

    Li chiamavano “social” media……

    Ma in effetti, il tutto succedeva su piattaforme private. E le conversazioni erano molto meno interessanti rispetto a qualche anno……

  10. Roberta Milano dice:

    lascio da parte il discorso ff (che peraltro mi interessa relativamente) e mi soffermo su blog (blogger) e “attualità” ma calato nel mio settore, il turismo. Nella lunga coda degli interessi tematici secondo me esiste una conversazione più “alta”, legata alla realtà e soprattutto capace di essere visibile anche fuori dalla ristretta cerchia di chi produce i contenuti (siano essi post o commenti). Certo occorre andare dove la gente è (vedi FB spesso snobbato) o dove la gente cerca (visibilità sui motori). Questa è la mia esperienza, non so quanto rappresentativa ma è reale.

  11. Rob dice:

    Sono d’accordo con Livefast, nel mettere in dubbio l’esigenza si raggiungere o superare un massa critica. Questo post, mentre scrivo, ha 10 commenti. Il che significa che legge il post, avrà anche voglia di leggere i commenti e commentare a sua volta. Dopo il 20esimo commento diventerà flame, la gente comincerà a scrivere insulti e boiate che non avranno nulla a che fare ne col post, ne coi commenti precendenti. L’obiettivo secondo me non è quello della massa critica dei lettori (che fa degenerare il blog), ma dei blogger. E la circolazione delle idee, cosa che non avviene con FB, visto che ognuno razzola nel suo pollaio

  12. hb dice:

    Anch’io fatico a seguire il discorso sviluppato da G.G. prima e su questo blog poi. Uno dei motivi può sicuramente risiedere in chi legge o ascolta, ma può anche essere che chi riflette scrivendo non ha le idee chiare a sua volta.

    Fatta questa premessa, mi trovo d’accordo con Mantellini, che sfiora il problema quando dice che “le ragioni di questa mollezza vanno ricercate nei cittadini stessi più che negli strumenti di rete che utilizzano.” tentando al contempo di assolvere i blog quando dice che gli vengono in mente molti distinguo su quelli che autorevolmente completano il panorama informativo (ammesso sempre che ho compreso fino in fondo).

    Per quanto mi riguarda credo che, ognuno crei la propria rete su misura, utilizzando gli strumenti che più predilige. La rete (fatta di persone) e gli strumenti (fatta di tecnologie che ne governano le interazioni) incidono pesantemente sulla qualità di sintesi che un blog al termine di tutti gli scambi ed approfondimenti, dovrebbe fornire su un dato argomento.

    Sono sicuramente stato confuso e fumoso, ma penso, che la declinazione nostrana del modo di fare opinione sia il riflesso più che il risultato, del modo facilone e superficiale con cui approcciamo le discussioni anche in altri contesti. Uno parla cento seguono acriticamente. O al massimo schierandosi per fazioni che entrambe credono di possedere la verità senza esercitare minimamente il dubbio.

  13. Rob dice:

    Comunque quando esco con gli amici io ci provo a dire: sapete, ci sarebbe FriendFeed che è carino, è come Facebook, tranne le stronzate. Ma loro mi rispondono che è per le stronzate, che stanno su facebook.

  14. Roby2412 dice:

    Vorrei evidenziare un altro aspetto.

    Io penso che i blog, non abbiano grande impatto sul sistema informativo/culturale del nostro paese anche perché soffrono del “male” della cultura italiana: non riuscire a coniugare divulgazione/informazione per il grande pubblico con qualità; la maggior parte degli “intellettuali” sembrano parlare quasi esclusivamente tra loro ed inoltre lo fanno “in codice”, rimangono cioè chiusi in un ristetto circolo assieme ai loro simili.

    Faccio un rapido esempio (non me ne voglia il tenutario, assolutamente nulla contro di lui), ma immaginate l’internauta italiano medio che inizia a leggere questo post e dopo poche righe trova:
    “… come sia possibile omogeneizzare strumenti sociali tanto differenti come i blog, Twitter o Friendfeed, dentro una unica traccia antropologica”.
    Secondo voi cosa fa? Non so se sbaglio, ma penso che manco finisce di leggere il post, chiude la pagina e magari va a cazzeggiare su facebook.

    Non credo che al buon Mantellini manchino gli strumenti per esprimere lo stesso concetto in termini più accessibili e non m’interessa sapere perché abbia scritto in quella maniera, solo penso che questo modo di fare incoraggi il cazzeggio su internet.

    Il bello è che, dall’altro lato della medaglia, in Italia abbiamo un buon esempio di come si possano proporre al grande pubblico temi non semplici riuscendo comunque a riscuotere un buon seguito, mi riferisco a Piero Angela.

  15. hb dice:

    Il mio modesto punto di vista…

  16. hb dice:

    http://www.hyperbros.com/home/internet/522-cittadini-o-blogosfera-molle-riflessioni-a-cavallo-tra-granieri-e-mantellini

  17. /V dice:

    Mi pare di intravedere la solita idiosincrasia (giacchè si parla forbito qui) tra il voler avvicinare il mezzo agli utenti o il voler avvicinare gli utenti al mezzo.

    É ovviamente molto sovente nel campo dell’informatica o dei social media, dove vige diffusa la convinzione che serva una sorta di “patentino” per usare il mezzo informatico.

    La discussione di solito procede cosí:

    – “[friendfeed/linux/twitter/salcazzonet/la politica] ha una scarsa se non nulla penetrazione tra l’utenza generale. Rammarico/dolore/domande/dubbi.”

    – “Evidentemente serve un approccio piú semplice e immediato perché la gente apprezzi lo strumento. Vedi ad esempio [facebook/ubuntu/la lega/qualunque implementazione populista e di successo]”

    – “Ah no ma mica si puó semplificare troppo! quello strumento poi diventa populista/incompleto/troppo semplice!”

    E i dubbi continuano. Inutile dire che analizzare/biasimare l’UTENZA per il successo o meno di uno strumento é un approccio chje alla lunga non porta a niente, e difatti mentre qui si discetta a paroloni lá fuori facebook continua a prendere utenti, la lega ha sempre l’8% in parlamento e nessuno si fila friendfeed.

    Se é vero che le rivoluzioni partono dal basso, secondo me é importante ripensare le strategie e i mezzi per riavvicinarsi a questo basso. Anche se a volte puó puzzare…

    (scusate per aver sbrodolato un po’in tutti i campi, ma é davvero una dinamica che vedo dovunque)

  18. dr34m dice:

    Invece di chiedersi, dovi si va e come si va, secondo me è importa assolutamente vedere dove eravamo. Pensate a quando i blog non esistevano. Pensate a quando twitter FF ed altri non esistevano. Davvero mi volete far credere che non ci sia stata un “evoluzione? un “andare avanti” rispetto ai normali mezzi di comunicazione? In sostanza concordo con livefast. Lasciate che ogni contesto mass-mediatico si sviluppi da se. Siamo noi che sviluppiamo il sistema giorno dopo giorno, ergo siamo noi che dobbiamo partendo dal basso educare la massa, che parte da mio cugino ed arriva a tuo padre.

  19. links for 2009-11-23 dice:

    […] Molli come la blogosfera – manteblog […]

  20. Mammifero Bipede dice:

    Secondo me il problema non sta nella funzionalità o meno degli strumenti, ma nella capacità del sistema nazione di annullarne ogni possibile potenzialità di trasformazione sociale. La gente si rifugia nel cazzeggio indipendentemente dalle potenzialità del social network che utilizza quando si rende conto di non riuscire a costruire nulla. In questo paese la distruzione delle coscienze è una scienza esatta, al pari del mantenimento dello status quo, e poco possono fare le buone intenzioni e gli sforzi di un pugno di bloggers/cittadini/intellettuali.

  21. Sascha dice:

    Visto che la divinità non può avere colpe allora è colpa della scarsa fede degli uomini…
    Internet doveva fare cose meravigliose e le fa pure, ma non quelle previste, quindi, visto che non può essere colpa del mezzo dev’essere colpa di chi non lo sa utilizzare.
    Colpa degli italiani, dell’establishment, della casta, dell’arretratezza culturale – come se all’estero invece funzionasse proprio secondo le antiche promesse…
    Secondo me dovreste fare una passeggiata nella blogosfera americane, fuori dai due o tre siti ‘buoni’ e vedere cosa c’è: per esempio un’occhiata ai siti e blog dei ‘birther’, quelli secondo cui Obama non può essere Presidente perchè non è nato negli Usa – e non sono pochi ne’ poco influenti. Del resto la blogosfera che si è attribuita il merito di averlo letto s’è squagliata al sole di fronte alla fatica di governare…
    Insomma, ragazzi, Internet favorisce un certo tipo di interazione in quella sfera che a voi interessa, quella politica, che non è quello che vorreste e questo vale per tutti i paesi, non solo l’Italia…

  22. Una analisi correttamente dura della blogosfera molle dice:

    […] molti ci avessimo girato intorno, Giuseppe Granieri ha coniato il termine “blogosfera molle”, e altri hanno detto la loro, più o meno condividendo. Forse la sintesi più facile è quella per cui la […]

  23. Salvatore D'Agostino dice:

    Mantellini,
    c’è un errore di fondo in questi ragionamenti, dai/te un potere ‘ideologico’ agli ‘strumenti Web’.
    Gli attrezzi Web, senza dubbio, cambiano il nostro costume ma non sempre la nostra ‘cultura’.
    Il cellulare ha cambiato il paesaggio fisico e psichico della gente ma non ha influito nella politica (cultura) del nostro paese.
    Buon tutto,
    Salvatore D’Agostino

  24. dotcoma » Blog Archive » Li chiamavano “social” media… dice:

    […] in effetti, il tutto succedeva su piattaforme private . E le conversazioni erano molto meno interessanti rispetto a qualche anno prima. Forse va almeno apparentemente meglio per le aziende, quelle che […]