Contrappunti su Punto Informatico di domani.

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Molti anni fa, quando su Internet c’erano quattro gatti e il famoso cane della vignetta, qualcuno già si domandava quale fosse la giusta modalità di rapporto con l’uso della rete. Per evitare gli eccessi, le dipendenze e le sovraeccitazioni, ricordo che certi amici californiani ripetevano spesso che dopo un certo numero di ore passate su Internet la cosa migliore da fare era andarsene a zappare l’orto.

Da allora probabilmente le cose sono peggiorate, gli orti sono diventati più rari e la legge di Moore ha incrementato la nostra schizofrenia di utilizzatori compulsivi della rete, abituandoci a moltiplicare i processi aperti, sovrapporre attività e comportamenti online, fino al trionfo di quella attitudine recente che i neurofisiologi chiamano “multitasking”.

Come tutte le attività potenzialmente lesive della nostra integrità psichica, l’essere continuamente in rete ha generato negli anni preoccupazioni e lunghi articoli sui settimanali, ha dato la stura a nuovi improvvisati esperti, capaci di guarire le nostre ossessioni di uomini e donne sempre connessi, magari attraverso una chat di aiuto online (la terapia per l’alcoolista con un bicchierino di quello buono) ed ha soprattutto sancito un principio che nell’approccio degli umani alle nuove tecnologie si ripete con placida costanza: le nuove tecnologie di comunicazioni sono incondizionatamente formidabili ed insostituibili ma solo per quelli che decidono di utilizzarle con convinzione, mentre per i restanti 9/10 della popolazione sono il peggiore dei mali possibili.

La grande crescita delle piattaforme di lifestreaming ha, se possibile, peggiorato la situazione: oggi milioni di persone in tutto il mondo aggiungono alle ore sedute davanti ad un computer collegato a Internet, l’aggiornamento del proprio status online su piattaforme come Twitter o Facebook attraverso il telefonino; i nuovi sistemi operativi del cellulari consentono per la prima volta navigazioni agevoli sul web e buona parte delle attività di rete si sono ormai quasi interamente separate dalla nostra presenza in un luogo fisico adatto. Oggi, anche volendo dedicarsi all’uso della zappa, capita assai spesso che l’orto sia a molti chilometri da noi.

In tutto questo nuovo contesto la meditazione sui modi e sui tempi del nostro vivere in rete continuano ad essere largamente ignorati. Prevalgono gli estremi e con essi la nostra tendenza di utenti “pesanti” della rete di ignorare il problema fa il paio con la costante demonizzazione dell’essere sempre online da parte dei mezzi di comunicazione di massa. Anche se basterebbe forse una breve inchiesta giornalistica per dar conto del fatto che nemmeno fra i milioni di teledipendenti che abitano il pianeta la pratica salutare di alzarsi dal divano per dedicarsi alla cura dell’orto ha molti seguaci.

Ma rimanendo nella parte illuminata della luna è certamente vero che mai come oggi Internet ci obbliga a immaginare volontari allontanamenti da Internet stessa. Tempo da dedicare ad altre attività, passeggiate all’aria aperta, la lettura di un libro al parco, un giro in bici con i nostri figli.

Molti approfittano della pausa estiva per imporsi periodi di forzoso allontanamento dalla posta elettronica, dall’aggiornamento del blog , dalla aggiunta di improbabili amici su Facebook.
Gli amanti delle vacanze all’estero saranno paternamente dissuasi dal collegarsi dalle tariffe del traffico dati dei nostri operatori (per esempio la tariffa di riferimento di Tim per il traffico dati nella zona euro è 8,2 euro/MB e gli altri operatori non sono da meno), gli altri potranno semplicemente decidere di dimenticare a casa il notebook o ignorare gli internet point.

Probabilmente non basta. Forse non sarebbe male immaginare di dedicare una giornata alla settimana per tutto l’anno ad attività lontano dalla rete. Una sorta di cerimoniale della zappa da eseguire anche in assenza di orto.

Qualche anno fa tentai una cosa del genere. Durante un pranzo estivo io ed un caro amico, anche lui utente compulsivo della rete, decidemmo che almeno nelle ore serali saremmo stati lontani dal computer almeno fino alle 22, a tutelare almeno l’ora della cena, il ritrovo familiare, il dialogo coi figli sulle cose accadute nella giornata appena trascorsa. Le nostre mogli assentivano vigorosamente anche se con la faccia di chi non ci credeva nemmeno un po’. Avevano ovviamente ragione, la sacra disintossicazione durò pochi giorni per poi fallire miseramente. È tempo di riprovarci.

17 commenti a “Anteprima Punto Informatico”

  1. mfp dice:

    Parla per te; io a parte questi due anni spesi a studiare le scimmiette del 2.0 per sopperire ad alcune mie mancanze umanistiche, ho sempre alternato in modo rigoroso videogiochi e fica. L’information overload e’ cosa di mezzo secolo fa…

  2. Pampurio dice:

    Bof, bevo vino ai pasti, ma non m’ubriaco.
    Guardo delle c…..e in tv, ma poche e proprio se son stufo e non c’è altro.
    Gioco in borsa, ma solo gli extra, se guadagno bene, se non, lo stesso.
    Sto on line quando mi va, se troppo me ne accorgo (mal di schiena per la sedia, noia noia noia , per il resto).
    Alla base di tutti gli equilibri, non ci sono limiti autoimposti, deleteri + del problema, ma solo senso della misura e una almeno mediocre intelligenza.

  3. Daniele Minotti dice:

    – Internet + Cabernet

  4. .mau. dice:

    io ho sempre fatto i miei periodi di disintossicazione (quest’anno una sola settimana perché le ferie sono state spezzate) senza problemi.
    Tanto tra qualche mese avrò impedimenti esterni :-)

  5. Piero dice:

    Non capisco perchè ci si debba disintossicare da Iinternet. Credo sia meglio disintossicarsi dai giochi d’azzardo e di scommesse tipo superenalotto e simili molto pubblicizzati allegramente sui TG nazionali, giochi d’ azzardo che ritengo molto diseducativi. Meglio andare a zappare che andare a giocare in tabaccheria.

  6. enzo di frenna dice:

    Sono passati quasi 10 anni da quando ti occupasti del mio libro Netdipendenza, con un pizzico di ironia ricordo. Beh, ora forse è chiaro – forse in tempi diversi – che l’eccesso di tecnologia può ammalare anima e corpo, distogliendoci dalle relazioni umane e dal contatto con la natura.
    La Giornata nazionale a schermi spenti esiste già e l’ho presentata per la prima volta a marzo scorso.
    Attualmente, invece, è in corso la 2° edizione di No Tecnostress Days, per staccare la spina almeno durantre le vacanze estive (finisce a settembre).

    Ti invierò un pò di info :-)
    Ma leggile dopo una bella passeggiata :-D

    Enzo

  7. Daniele Minotti dice:

    @Enzo
    Guarda, oggi stavo pensando una cosa.
    Mi sembra che – non da parte tua, almeno per quello che leggo – ‘ste cose del *molliamoci con Internet* escano quasi regolarmente con l’avvento dell’estate. E c’e’ un banalissimo perche’, secondo me.
    Al datore di lavoro puoi opporre l’ultimo diktat del Garante (magari interpretandolo ad arte) nonche’ la piu’ pretestuosa giurisprudenza giuslavorista e continui a cazzeggiare con Internet anche durante l’orario di lavoro. Quando torni a casa, puoi sempre dire *ho lavorato tutto il giorno, lasciami un po’ in pace*.
    Vai, invece, a dire alla moglie, quando sei in vacanza, che devi scaricare soltanto la posta. Non c’e’ giudice del lavoro che tenga…

    P.S.: Cio’ detto, non so se sarei d’accordo con le tue iniziative.

  8. Dario B. dice:

    L’avvento delle tariffe flat nelle offerte di connettività ha dato il suo contributo al processo di progressiva intossicazione. Se le telco un giorno dovessero accorgersi di non riuscire più a “starci dentro” (cosa che prima o poi si verificherà), questi utenti potrebbero essere indotti ad una disintossicazione forzata. Qualcuno resisterà e sopravviverà, altri non ce la faranno con le proprie forze.
    Chi punta sul business delle comunità per il recupero degli Internet-dipendenti?

  9. Nicole Kelly dice:

    se le telco non ci staranno più con i conti, verranno nazionalizzate, perchè la rete è indispensabile, così come è indispensabile essere sempre connessi, non tanto e non solo come singoli, ma sopratutto da azienda ad azienda e da sistema a sistema.

  10. » Che pena questi ragazzini che passano tutto il loro tempo su Internet… Peccato che una ricerca Nielsen dimostri che non è vero (e altri miti smitizzati) dice:

    […] cio’ ci dimostra inequivocabilmente una cosa: Massimo non e’ un […]

  11. » Che pena questi ragazzini che passano tutto il loro tempo su Internet… Peccato che una ricerca Nielsen dimostri che non è vero (e altri miti smitizzati) dice:

    […] cio’ ci dimostra inequivocabilmente una cosa: Massimo non e’ un […]

  12. Giò dice:

    @Daniele

    a proposito del cazzaggio aziendale…. è proprio vero….

  13. Fabrizio dice:

    Mi pare che ebrei e cristiani facessero qualcosa di simile da tempo…
    si chiama: santificare le feste.
    Per chi è ateo o laico o quello che volete si dice: passare una giornata
    con la famiglia all’aria aperta.
    Ciao, buone vacanze a tutti

  14. Net Flier dice:

    sicuramente le relazioni personali si sono perse..vedo molti amici della mia ragazza dirsi “ti ho scritto su facebook, non hai visto?” e lei con tutta onestà “no, ho il telefono per le questioni urgenti..se hai scritto li, allora poteva tranquillamente aspettare”

    non si può di certo pensare che “una mail possa essere fonte d’urgenza totale”..hai bisogno? chiamami

    ovvio che oggi si preferisca una mail: moltissime persone hanno perso la capacità di confronto face-to-face e si nascondono dietro improbabili etichette “area manager style” e dettano legge..finché sei tu ed il computer a dettarla

  15. Sascha dice:

    Certo che finchè il ‘popolo del web’ continuerà ad autogiustificarsi paragonandosi virtuosamente ai teledipendenti non farà molta strada – sempre stare davanti a uno schermo è (e la Rete parla di quel che vede in tivù, no?)
    Se è vero che, tutto sommato, la internetdipendenza è ancora minoritaria ma in crescita (soprattutto in ‘auspicata’ crescita), sommata alla dipendenza da tivù e telefonini lo spettacolo è poco rassicurante.
    E poco attraente: quando si paragonano gli avatar e nick online – strafighi, intelligentissimi, coltissimi, che ne beccano alla grande – con i tristi e pallidi e opachi corrispettivi corporei che, ahime’, capita di incontrare viene da dare ragione al filosofo inglese Roger Scruton: tempo fa, quando Elton John propose di chiudere Internet per qualche anno per far recuperare l’abitudine al contatto umano, Scruton rispose che la Rete era utilissima a tenere a bada milioni di sfigati che così la smettevano di infastidire la gente con una vita e un minimo di stile…
    A proposito di maleducazione: perchè è considerato maleducato mettersi a leggere quando l’interlocutore interrompe continuamente la conversazione per parlare via uno strumento elettronico? E’ un aspetto della contrapposizione carta-digitale?

  16. Ivo Quartiroli dice:

    Scrivi: “la meditazione sui modi e sui tempi del nostro vivere in rete continuano ad essere largamente ignorati. “.
    Sì vengono ignorati. Quando mi occupavi di cosa si può fare con la tecnologia, come editore di Apogeo, tutti mi aprivano le porte. Ora che rifletto su ciò che la tecnologia fa su di noi ben pochi entrano nel dibattito, i famosi giornalisti-blogger non rispondono alle email, mi annunciano interviste e poi si tirano indietro ecc. Non è un problema per me che campo di altro, ma è interessante vedere come la critica della tecnologia assume connotati di eresia. “Technopoly”, come l’ha definita Neil Postman, si è sostituita a molti aspetti della realtà e la corsa verso la digitalizzazione della realtà (lavoro, economia, rapporti sociali, seduzione, ecc… ecc…) ingloba quasi ogni aspetto umano.

    La nostra identità con la tecnologia e il nostro attaccamento ad essa, combinate con una serie di interessi commerciali, pubblciitari e industriali enormi, non consentono critiche. O, meglio, è possibile cirticare la tecnologia solo da un punto di vista puramente tecnologico, in attesa di una futura versione “migliore”.

    Ma non verranno ascoltate le riflessioni sul senso profondo della tecnologia né sui nostri bisogni interiori che vengono apparentemente soddisfatti da Internet né sull’impatto mostruoso a livello ambientale della produzione di gadget. Né sul cado delle capacità di pensiero profondo, di silenzio interiore (da cui nasce la vera creatività), di narrativa e di storia, privilegiando solo l’ultima notizia, l’ultimo gadget, fino all’ultimo neurone che vuole essere compulsivamente attivato per stupirsi ancora una volta.

    Per quantoo riguarda gli orti, sarà l’oggetto del mio prossimo workshop.

  17. La giusta cura « Dario Bonacina dice:

    […] a simili livelli di emergenza, considerando il semplice concetto di disintossicazione, come ha osservato qualche giorno fa Massimo […]