Qualche giorno fa, al bel convegno fiorentino organizzato da LSDi sul giornalismo digitale, mi sembra di aver detto che ai giornali on line non conviene essere travolti dall’ossessione del tempo reale. Dare per primi la notizia (spesso sul filo dei secondi) non mi pare che di per sé crei alcun valore, specie dalle parti dell’opinione che il lettore ha del giornale stesso. Per i lettori è invece più interessante essere confortati sul fatto che quello che leggono sul sito web editoriale non sia la rapida riproposizione di quanto in quell’istante è possibile trovare su Twitter ma il risultato di un processo di analisi e verifica anche se minima. Interrogarsi sulle ragioni economiche inesistenti di questa corsa ad essere i primi forse sarebbe un buon segno di aderenza alla realtà. Come scriveva qualche giorno fa Amy Sullivan su The Atlantic. “A chi interessa chi è arrivato prima?”. La risposta è a nessuno, tranne ai giornalisti stessi che spesso in questa sfida energetica accettano di assottigliare pericolosamente le proprie prerogative di autorevolezza.

(via gg su Twitter)

8 commenti a “Sono arrivato uno”

  1. Mat dice:

    Arrivare primi potrebbe contare molto se il tuo modello di business è avere tanti click per vendere banner e pubblicità.
    da quello che vedo io succede più o meno così:
    notizia “importante” diffusa su twitter —> corsa compulsiva a cercare un giornale online che dia qualche dettaglio in più —> primo giornale online che spara un titoletto in rosso tipo strillo —> premere F5 in continuazione aspettando un articoletto

    Specchietti e allodole fino a quando la notizia è ormai fredda e allora esce un articolo un minimo degno di questo nome.

    Tutto sta a capire cosa vogliono vendere i giornali online, se notizie verificate ai lettori o click ai pubblicitari.

  2. e. dice:

    “a real-time stream of poo is still poo”, come disse Ian Lurie

  3. Fiorella dice:

    e verifica, appunto. Che a causa dei tempi stretti si finisca con lo scrivere qualsiasi cosa, senza poi curarsi di smentire l’eventuale errore (capita) o panzana (idem, ed è molto peggio) diffusi, io non la mando giù. Non capisco in cos’altro consista l’autorevolezza di un giornalista, altrimenti.

  4. mORA dice:

    Mi pare se ne fosse già parlato molte volte, anche qui.

    In termini ontologici, e solo in quelli ahimé, la differenza tra blog amatoriale e giornale online c’è.

    In termini paratici sta a chi lavora al secondo farla.
    Ecco perché alla fine i primi hanno un credito che spessissimo non meritano (con lodevole sparutissime eccezioni), perché a volte risulta davvero difficile separare le opinioni dai fatti. Ne segue che alla fini si equivalgono e, parafrasando il Carosello dell’Olio Sasso degli anni ’70, “la stampa non c’è più”.

  5. andrea61 dice:

    La palla é completamete nelle mani di chi fa i quotidiani. Per quello che vedo nel web, mi sembra che ci sia una differenziazione forte tra i giornali nativi web e che cercano di fare un prodotto di qualità piú sul commento che sulle headlines, e i giornali tradizionali che invece mischiano la replica di alcuni articoli dell’edizione classica, con lanci di agenzia e una vagonata di gossip. Credo che molto dipenda dal contratto collettivo per cui un giornalista dipendente che scrive sul cartaceo non va on-line e pertanto l’edizione web é in mano a giovani copyrighter, mentre i giornali nativi web si avvalgono di veri giornalisti.

  6. DB dice:

    “A chi interessa chi è arrivato prima?”

    A quelli che confondono rapidità con autorevolezza. Non sono pochi.

  7. Fabrizio dice:

    Basta poi che il giornale che si prende il suo autorevole tempo di verifica, non venga poi additato e deriso da blog e web in genere, perchè “la notizia è arrivata prima dai social network” che da fonti ufficiali… e succede..

  8. Christian Giordano dice:

    La cosa più preoccupante è che ormai anche gli articoli “pensati” vengono costruiti con un mosaico di frasi rubate su Twitter.