Le difficoltà economiche de Il Manifesto, esattamente come accaduto per Liberazione o per Il Foglio scatenano automatismi difensivi comprensibili. Così anche la categoria giornalistica, istituzionalmente deputata a raccontare gli sprechi pubblici, i vizi delle caste, gli ignobili vitalizi dei parlamentari, le esorbitanti guarentigie dei boiardi di Stato, viene colpita da improvvisa amnesia quando si tratta di raccontare gli sprechi di casa propria.

Nessuno o quasi sui giornali scrive che non è giusto che un quotidiano si regga pressoché interamente con il finanziamento pubblico. Che non è giusto che il pubblico dei suoi tantissimi non lettori paghi interamente gli stipendi dei giornalisti e dei poligrafici e che questo accada ininterrottamente ormai da decenni. Eppure è una ovvietà e lo è non da ieri. Altra ovvietà: i giorni scorsi la direttrice de Il Manifesto ha ripetuto la solita frase che si dice sempre in questi casi: “stanno uccidendo il pluralismo”. È una sciocchezza: se riusciamo ad astrarci un istante dal singolo caso in questione, l’informazione italiana non è mai stato tanto pluralista quanto lo è oggi. Per un singolo giornale di carta che non trova lettori (perché i poteri forti lo stritolano, perché la TV mangia tutta la pubblicità, perché Berlusconi non c’è più ecc.) ci sono dieci giornali di bit che raggiungono ogni giorno dieci o cento volte i lettori de Il Manifesto. Dieci o cento volte, numeri reali. Accanto a Il Manifesto troviamo i politici amici, per esempio il parlamentare Giulietti che nei giorni scorsi si è fieramente schierato dalla parte del quotidiano. Per esempio Vincenzo Vita la cui difesa del Manifesto dalle pagine de Il Manifesto attribuisce il taglio ai finanziamenti pubblici all’editoria ad una crudele volontà punitiva del governo di centro-destra:

“La crisi del Manifesto è l’epifania del disastro italiano dei media. La dichiarazione di liquidazione coatta amministrativa è un avvertimento generale. Un paese a baricentro televisivo rischia di vedersi privare del fondamento della democrazia: la libertà di espressione, che intanto ha senso in quanto permette alle voci meno tutelate dal mercato di esistere. La crisi di oggi ha origine antiche: lo squilibrio del settore e l’invadenza commerciale del modello mediatico prevalente. E recenti: i tagli del centrodestra al fondo editoria, ridotto dalla manovra di agosto a 53 milioni di euro, un decimo rispetto a pochi anni fa. Tagli lineari, avvenuti in corso d’anno finanziario, mettendo in crisi bilanci già scritti e previsioni acquisite, affidamenti bancari prima incerti e ora preclusi. Si era sperato che un emendamento presentato da tanti parlamentari al decreto milleproroghe trovasse aperture, ma non è stato così”.


Lo scatenamento della coppia Giulietti-Vita ha del resto qualcosa di curioso: si tratta dei medesimi due parlamentari che un decennio fa incasinarono orribilmente la Internet italiana con una pessima legge che intendeva estendere anche al web i finanziamenti pubblici ai giornali “meritevoli”. A margine credo non sfugga a nessuno che una informazione abbondantemente finanziata dal sistema politico è per forza di cose una informazione altrettanto strettamente controllata da quello stesso potere. Il pluralismo, esattamente come avviene per le spartizioni nella TV pubblica, risiede esclusivamente nella possibilità che ogni frangia politica abbia il proprio piccolo megafono pagato dai cittadini.

Può essere che l’informazione in rete crei nuovi problemi al giornalismo e quindi di conseguenza a noi tutti: se ne discute da anni ed è un rischio concreto, ma è un tema economico generale che non ha nulla a che vedere con la mancata rianimazione manu Monti di gloriosi vecchi giornali morti. Quando la stampa difende i propri privilegi contro ogni logica rende probabilmente un cattivo servizio ai suoi lettori. Lo stesso fa la politica dei soliti noti: agitano la parola pluralismo e la parola democrazia con la medesima frequenza e leggerezza con cui Wile E. Coyote precipita dalla rupe giù nel canyon. E come Wile E. Coyote, mostrano una certa vetusta testardaggine, non c’è verso di farli smettere.

31 commenti a “400 allegri giornali morti”

  1. 400 allegri giornali morti – manteblog | Diarioelettorale Weblog dice:

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  2. Cristoforo Morandini dice:

    Non capita spesso di leggere la scomoda verità…

  3. Trentasei dice:

    Concordo in pieno. Il pluralismo può e deve essere mantenuto on line, con strutture meno costose. Spiace pero per quella fetta di persone che ancora non ha/non utilizza internet e che quindi interpreta la morte del giornale su carta una morte senza vie d’uscita, come Giulietti-Vita, probabilmente.

  4. Cienfuegos dice:

    Chapeau, Mante. Detto da uno che fa di tutto per salvare il manifesto (tipo comperarlo in questi giorni come non facevo da un ventennio), semplicemente perfetto. Anche se alla stampa, sotto gli strilli su democrazia e pluralismo, va concesso l’istinto di conservazione. Ancora giù il cappello

  5. mario dice:

    Le verità sono sempre scomode e proprio per questo vanno dette. Quindi bravo e piena adesione. Ci sono parole-totem dietro alle quali si inscenano rituali e si snocciolano corollari fuori tempo. Come pluralismo, libertà d’espressione, diritti della democrazia, etc., peccato che sotto il tappeto ci si affretta a nascondere i soldi pubblici che vengono assegnati solo a chi un posto a tavola ce l’hà già (e non fa posto ad altri), la sempre più scadente preparazione e professionalità dei giornalisti, etc.
    I giornalisti sono la categoria più conservatrice e mentalmente meno aperta al cambiamento. Da un giornalista che non si adegua.

  6. vb (Vittorio Bertola) dice:

    Per non dire che, a forza di agitare più o meno tutto (purché facente parte del vecchio sistema) come vitale per il pluralismo e la democrazia, si finisce per far passare il messaggio che niente è vitale per il pluralismo e la democrazia.

  7. Mammifero Bipede dice:

    Democrazia l’è morta, ragazzi, fateci pace.
    I partiti sono ormai solo strutture parassitarie incistate all’interno di un sistema in cui chi ha valanghe di soldi decide cosa dobbiamo sapere e cosa dobbiamo pensare (attraverso la televisione, i giornali, la pubblicità), ed i politici di professione solo pupazzi che prestano la propria faccia a mascherare questa triste verità.

  8. Cafonauta dice:

    E vogliamo ricordare che quei dementi del manifesto sono gli unici che cancellavano
    gli articoli dal sito dopo tot tempo rendendo impossibile linkarli?

    Ecco ora fanno la fine dei dinosauri

  9. Democrazia l’è morta | Mammifero Bipede dice:

    […] commento su mantellini.it) Share this:TwitterFacebookLike this:LikeBe the first to like this post. This entry was posted in […]

  10. gregor dice:

    I finanziamenti pubblici hanno ritardato l’inevitabile morte dei giornali, in una metafora, i quotidiani eran o in coma irreversibile tenuti in vita dalle “macchine” statali.
    Ora forse è tardi per fare qualcosa, ed è tutta colpa della casta dei giornalisti.
    Come negli USA, i quotidiani hanno una sola chance. Fondersi tra loro o essere acquistati da pesci più grandi.

  11. diamonds dice:

    “fondersi tra loro”.Ecco una soluzione interessante.Del resto alle joint venture ci sono arrivate persino le banche che si sarebbero tenute volentieri la propria autonomia(forse per poter meglio stordirci).Per esempio vedrei volentieri un quotidiano double face(davanti l’unità dietro la padania.Oppure liberazione e borsa &finanza.La discussione e le ore)

    http://www.youtube.com/watch?v=csBjdP8spXs

  12. Gian Carlo dice:

    Spero che questa crisi servirà almeno a generare una piccola rivoluzione in tanti settori aggrappati a privilegi che non possiamo più permetterci. In questo caso forse finalmente si capirà che dobbiamo per forza di cose entrare nell’era digitale. Ci saranno vittime come in tutte le rivoluzioni ma spero ci permetterà di sopravvivere più forti. Il discorso è lo stesso che si fa in questi giorni sui diritti d’autore e sulla proprietà intellettuale. E’ il progresso baby e non possiamo farci niente. Se non provare a gestirlo anzichè combatterlo.

  13. Michele dice:

    Wile Coyote, non Willy.

  14. Alex dice:

    E` uno dei compiti della democrazia “utopistica” assicurarsi che nessuna particolare lobby raggiunga posizioni privilegiate mediante leggi ad-hoc. Nel caso della stampa sembra palese che non ci si sia riusciti. Allargando un po’ il discorso in due punti, nel primo potremmo includere il fatto che questo “protezionismo del raccomandato” ex-lege rende abbastanza inutile la modifica dell’art. 18 (quanti scansafatiche sono davvero protetti solo da quello? o anche modulato quello, rimarranno comunque assunti perche` parenti/cugini di qualche pezzo grosso?). Bisognerebbe riformare la possibilita` di mantenere inutili raccomandati. Da un altro lato questa storia e` un’ennesima dimostrazione di quanto appunto sia utopistica la speranza che i cittadini possano davvero sempre assumersi la piena responsabilita` e competenza su tutto il meccanismo dello stato, fenomeno detto “democrazia”.

  15. zerobyte dice:

    @Michele : Wile E. Coyote ( per la precisazione ) :)

    Comunque concordo 100% con il Mante :)

  16. massimo mantellini dice:

    Ostia, correggo ;)

  17. Aldo dice:

    post in larga parte condivisibile specie nel punto in cui si fa notare che grazie a internet la pluralità dell’informazione è garantita in maniera totale e basterebbe sapersi adeguare ai tempi.

  18. Stefano dice:

    “A margine credo non sfugga a nessuno che una informazione abbondantemente finanziata dal sistema politico è per forza di cose una informazione altrettanto strettamente controllata da quello stesso potere.”

    Controllata in che senso? Non mi pare che il manifesto (o buona parte degli altri giornali molto dipendenti dal finanziamento pubblico) sia mai stato meno critico nei confronti di singoli partiti o governi o del sistema politico in generale rispetto a testate finanziate esclusivamente da privati.

  19. sartana dice:

    “…non condivido le tue opinioni e difenderò sempre il tuo diritto di esprimerle, ma da nessuna parte nelle opere di Voltaire sta scritto che tu abbia il diritto di mangiare grazie alle tue opinioni e che a riempirti il piatto debba essere il contribuente. Se non riesci a fare delle tue opinioni un lavoro che ti dia da vivere, coltivalo come hobby e cambia mestiere”. citazione da Malvino

  20. Mariantonietta dice:

    Certo, il controllo dei partiti sui giornali non è spesso evidente. Ci si aspetta che un giornale controllato esprima chiaramente una sorta di approvazione tout court di certe opinioni e che contesti altre con lo stesso vigore.

    C’è però un gioco più sottile: quello delle notizie che si decide di dare o non dare, delle controparti o meno da ascoltare, dell’approfondimento di un possibile reportage e così via…

    Che si tratti o meno del Manifesto, i meccanismi di controllo dell’informazione sono quasi invisibili.

  21. pierluigi tolardo dice:

    Il Manifesto non e’ legato a partiti,e’ un editore puro,una cooperativa dove nessuno guadagna piu’ di 1300 euro,non regala copie o abbonamenti in giro,certo il finanziamento pubblico se lo merita molto piu’ di tanti altri di proprieta’ di imprenditori della sanita’ o legati ad un solo parlamentare con stipendi d’oro.quello che mi dispiace e’ che oggi hanno piu’ spazio nell’opposizione quotidiani come il Fatto molto meno attenti ai problemi sindacali e del lavoro del manifesto e che contutti i soldi che il sindacato ha avutonon ha maimesso su un vero quotidiano.

  22. Giacomo Brunori dice:

    Parole sante!

  23. StampacadabraWeek / Italia – 1 « Stampacadabra dice:

    […] sostenere la stampa (di partito e non)? La Rete pullula di prese di posizione, da Luca Conti e Massimo Mantellini notoriamente critici, a Pierluca Santoro, che spezza una lancia a favore del quotidiano. Al cui […]

  24. andrea61 dice:

    Post ineccepibile.
    Nella discussione sulla difesa dei giornali emerge un tratto caratteristico della nostra mentalità che é secondo me una delle cause della nostra arretratezza. Noi utiliziamo le nostre risorse e il nostro impegno per difendere il passato piuttosto che progettare e costruire il futuro….. e restiamo fermi.

  25. luciano pignataro dice:

    Lavoro in un giornale e per anni abbiamo dovuto subire la concorrenza di quotidiani finanziati dai soldi pubblici. Che poi sono gli stessi che, quando abbiamo fatto sciopero per il contratto, erano regolarmente in edicola.
    A me fa specie che la sinistra, a cui appartengo, stia ancora a discutere della dicotomia tra carta e tv quando tutto è stato superato da internet e che non si attrezzi per usare questo nuovo strumento.

  26. Fate la carità - Complottoemezzo dice:

    […] il commento di Mantellini: “Nessuno o quasi sui giornali scrive che non è giusto che un quotidiano si regga pressoché […]

  27. Mi piace. Punto. | Il blog di Mao dice:

    […] Dare una connotazione sociologica a qualsiasi successo del momento, è una tentazione  inevitabile per gli scrivani di mezzo mondo. Vacanze di Natale flop al botteghino? Un altro segno chiaro della fine del berlusconismo. Lady Gaga prima in classifica? La voglia di leggerezza di cui abbiamo bisogno in un periodo di crisi. The Artist piace a tutti, ed a sinistra più che mai? Normale, per come rappresenta un personaggio che rifiuta il mondo che avanza costruendo delle barricate alla modernità e rifugiandosi in ciò che lo aveva reso felice. Per come rappresenta tutti noi, esseri che vivono con difficoltà un mondo che va troppo veloce rispetto alle proprie gambe. Come la Camusso con l’articolo 18 e i giornalisti del Manifesto con le difficoltà nel far fronte alla crisi dell’editoria. […]

  28. Fed’s Bolsoblog : Leonardo: Manifesto del conservatore di sinistra dice:

    […] di trasferirsi sul web come inevitabile evoluzione darwiniana dei giornali, tesi sostenuta anche da Mantellini: […] i giorni scorsi la direttrice de Il Manifesto ha ripetuto la solita frase che si dice sempre […]

  29. Arianna Software dice:

    “E’ la stampa, bellezza; è la stampa! E tu non puoi farci nulla…”

  30. stefano dice:

    purtroppo la verità

  31. Oliver dice:

    scusate, ma il pluralismo su internet non costa? Da alcuni commenti traspare quasi la convinzione che fare giornalismo su internet costi come un caffè.
    Invece costa. Il finanziamento pubblico all’editoria minoritaria (non a quella di partito, quella se la finanziassero i partiti, invece di portare i soldi in Tanzania) è cosa buona e giusta, per me. Ma a diritto corrisponde dovere. Prendi soldi pubblici? Devi impegnarti a creare un archivio online pubblico e gratuito, e fatto bene. Il Mercato non può essere l’unico regolatore in settori cruciali come la sanità pubblica, il trasporto pubblico, la tutela ambientale. E anche l’editoria, che è circolazione di idee e cibo per il pensiero.