Questa rappresentazione grafica del volume d’affari (dati USA della RIAA) legato ai supporti musicali pubblicata su Business Insider, identifica almeno un elemento che non possiamo trascurare oltre al drammatico calo della industria musicale. L’insensato successo economico mondiale nato alla fine degli anni 90 di quella cosa orribile e fredda chiamata CD-audio.

16 commenti a “Mi favorisca un disco compatto”

  1. Daniele Minotti dice:

    8-Tracks, suppongo *Stereo 8*. Che ricordi…

  2. ArgiaSbolenfi dice:

    Quella cosa orribile e fredda che – mettendo da parte le superseghe mentali degli audiofili – ha permesso finalmente di ascoltare benissimo la musica? Allora riscaldiamoci davanti a un download digitale, sia pure lossless..
    Pur con tutto l’amore che ho per il vinile, che continuo pure a comprare assieme ai CD, mi pare che l’hai veramente sparata grossa.
    Sono comunque dati interessanti per qualsiasi considerazione sul futuro dell’industria musicale.

  3. tfrab dice:

    quoto ArgiaSbolenfi, il CD ha il suo perché

  4. leo dice:

    Davvero incredibile. Considerando tutte le alternative disponibili poi…

  5. rogerdodger dice:

    notate che questo grafico va fino al 2009.

    Questa primavera si dice che le vendite digitali supereranno quelle “fisiche”.

  6. Alberto dice:

    Mi pare che sul libro di Luca Castelli “La musica liberata” (libro molto interessante) segnalato qui qualche mese fa, venissero già pronosticati questi dati.

  7. Mat dice:

    Avevo due dubbi ma seguendo il link ho avuto le risposte:
    “All discussion herein is for US recorded music as covered by the RIAA. The above chart is adjusted for inflation & population”

    Ora però vorrei tanto che qual uno mi quantificasse la musica non US recorded :-)

  8. Marco dice:

    Ma chi compra musica digitale quando ci sono servizi come Grooveshark?

  9. Net Flier dice:

    certi commenti sanno solo di nostalgia per quando si era ventenni..

  10. pietro dice:

    @ argia
    In realtà quelle degli “audiofili” non sono superseghe mentali.
    Semplicemente ascoltare decentemente un cd audio costa meno che farlo con un disco in vinile, ciò non toglie che, per esperienza personale anche il più sprovveduto degli ascoltatori se messo nella possibilità di confrontare su un impianto Hi Fi decente lo stesso brano musicale da CD e da Vinile si rende sempre conto che il secondo ha un suono più ricco di sfumature e più caldo.
    Ovviamente una cosa migliore qualitativamente ma che nel 99% dei casi ha un rapporto costi/benefici sfavorevole è destinata a sparire, o a diventare un mercato di nicchia estremamente redditizio, come è adesso quello del vinile, ma posso assicurare che la differenza tra CD e Vinile su un buon impianto la sente anche chi ha le orecchie foderate di mortadella con i pistacchi.

  11. ArgiaSbolenfi dice:

    Ho un ottimo impianto e migliaia tra lp e cd, alcuni in entrambe le versioni. Io tutte queste differenze non le ho mai sentite, se ci sono credo si tratti spesso di autosuggestione oppure si stanno confrontando cose diverse (cd prodotti male contro lp prodotti bene). E in ogni caso queste pratiche di confronto tecnico mi intristiscono, a me interessa la musica, anche se mi piace ascoltarla nelle migliori condizioni. La cosa più ridicola di tutta la faccenda audiofila, comunque, è che riguarda generalmente persone di una certa età soggette ad un fisiologico calo delle capacità uditive…

  12. akiro dice:

    il calo c’è sicuramente stato ma credo che l’industria musicale riesca a racimolare qualche soldo in più con altri prodotti

  13. savohead dice:

    finché parliamo di cifre, posso anche comprendere la sorpresa per l’ampio successo (il picco massimo della spesa) del CD a fine anni 90, ma penso che si debba anche osservare nell’ottica della fruizione della musica. Le vendite non le fanno i musicofili, purtroppo, le vendite si basano sulla massa. Quindi, chiedersi come mai un prodotto che si considera mediocre abbia maggiore successo tra i mediocri, è un po’ un esser il miglior cieco.
    Dall’altra parte, anch’io sono uno di quelli che non ha mai trovato così nettamente superiori i vinili ai CD, ma più che altro, penso di non fare troppo testo, non avendo usufruito del supporto analogico in dose apprezzabile. Il “calore” del vinile, penso sia in larga parte dato dalla “pasta” del suono che viene riprodotto, ovvero l’amalgama tra rapporto suono/rumore del supporto stesso e il tipo di registrazione dal quale proviene (nastro magnetico e via dicendo), unita alla suggestione che riscalda gli animi di chi li apprezza. Un fan è sempre un fan, mica puoi contestarlo.

  14. tornonellombra dice:

    ed ecco cosa scrive oggi John Gruber a proposito di quel grafico:

    I linked to this chart on music industry sales last week, and a bunch of DF readers emailed to point out that because the revenue numbers weren’t inflation-adjusted, the chart was pretty much worthless as a historical overview of the industry. There were other problems with that chart, too — e.g. the data was U.S.-only, not worldwide.

    Michael DeGusta did the work of generating an inflation-adjusted chart of music sales worldwide. And it does look like the industry is shrinking. Why? Because album sales are plummeting, and single sales — though rising — aren’t enough to compensate for the drop in album sales.

    http://daringfireball.net/linked/2011/02/22/real-death-of-music-industry

  15. Larry dice:

    Speravo di non dover più leggere nel ventunesimo secolo inoltrato la solita storia del “suono caldo” dei vinili e dei “freddi” CD, ma vedo che purtroppo certe superstizioni sono dure a morire anche presso persone con una certa preparazione tecnologica. Dire che il vinile è preferibile perché “ha un suono più caldo” è un po’ come comprare un quadro e apportarvi delle modifiche perché “così è più bello”. La preferenza che qualcuno può avere per il suono distorto da vinili o valvole non ha niente a che fare con la fedeltà della fonte originale e quindi con l’integrità dell’opera.

  16. ArgiaSbolenfi dice:

    Larry dice il giusto, aggiungerei che nel campo della musica pop rock prodotta in studio non esiste un concetto di “fonte originale” se non, forse, nella mente del produttore al momento della registrazione. Per cui qualsiasi valutazione di quello che viene dopo è puramente soggettiva.