Luca de Biase fa il punto sullo sviluppo della Apps editoriali per iPad (e prossimamente per altri tablet alternativi) e lo fa con grande lucidità e competenza.

I motivi per cui le apps a pagamento non vanno un granché bene sono diversi, ma si riassumono in una sintesi: le apps arrivano dopo il web e non ne cancellano la grandissima importanza culturale; possono creare una nuova fase dell’editoria digitale solo se offrono funzionalità molto innovative che però si aggiunge e non si oppone alla cultura del web; ma a questo pone un freno la politica commercialmente restrittiva della Apple, il limite agli investimenti in ricerca degli editori, la conseguente mancanza di libertà d’azione dei progettisti che talvolta dimostrano di dover fare troppo i conti con il compromesso. La ragione vuole la sua parte.



Aggiungo un paio di altre considerazioni complementari a quelle di Luca e leggermente deprimenti (sorry Luca).

Le App sono oggetti funzionali al controllo editoriale (oggetti chiusi esattamente come un giornale di carta) e come tali hanno incontrato da subito l’attenzione fideistica dell’industria. Del resto in molti abbiamo a suo tempo archiviato la famosa uscita di Chris Anderson sul numero di Wired che annunciava la morte del web non tanto come una dissertazione dotta e illuminata sul futuro in arrivo (anche se Anderson ora minimizza dicendo che avevano esagerato con i titoli) quanto come una via di mezzo fra un accorato invito (ai lettori) ed una indegna marchetta (agli editori) sugli splendidi orizzonti che attendevano entrambi.

Le App editoriali non sono la panacea alla crisi editoriale. Non erano necessari i numeri della scarsa attenzione che ricevono da parte dei lettori per capirlo. Sono per ora complementi utili a prodotti editoriali esistenti e ne rappresentano il futuro architetturale. A differenza di Luca dubito fortemente che possano in futuro essere interattive e interamente sostenute dalla pubblicità, perchè un oggetto simile, per di più aperto naturalmente verso le dinamiche sociali esiste già e si chiama web (quello che Anderson avrebbe volentieri seppellito). Rispetto al web le App aggiungono complessità progettuale e impegno editoriale che mi pare assai difficile giustificare a parità di contesto economico. Viceversa mi sembra che lo spazio per le applicazioni per ora sia esattamente quello oggi occupato dai giornali di carta e dai magazine, esattamente come i libri elettronici sono il succedaneo moderno del volume cartaceo che siamo soliti trascinarci dietro in viaggio.

In altre parole mi pare che l’unica evidente variazione già adesso percepibile sia quella legata al tipo di supporto. iPad oggi è una delle poche alternative serie che abbiamo per leggere lo stesso quotidiano di prima ma senza carta. Mi rendo conto che dopo un anno di continue dichiarazioni dopate sui tablet che avrebbero imposto la riscossa del business editoriale forse può sembrare un po’ poco. Ovviamente il passaggio al digitale trascina con sé altre mutazioni e nessuna di queste è troppo favorevole agli editori. I quali per un decennio hanno giustamente (dal loro punto di vista) percepito il web come una minaccia. Temevano per la svalutazione che un ambiente tanto collegato avrebbe imposto alla loro merce e non avevano tutti i torti. Ma non è che ci fossero grandi alternative. Come si è visto uccidere il web è piuttosto complicato e allora forse per ora ha un senso concentrarsi sul giardinetto recintato dei propri contenuti Premium. Un bel giardino e dei bei contenuti. Io sono disposto a pagarli.


update: Luca rilancia.

20 commenti a “Il futuro della App editoriali”

  1. Umberto dice:

    Condivido al 100%, quasi. Il quasi é legato ai contenuti Premium per i quali ti dichiari disposto a pagare. La mia opinione é che saranno da valutare con attenzione caso per caso. Per esempio non mi sembra che la stampa quotidiana in Italia possa vantare approfondimenti/inchieste che si possano definire Premium. Credo piuttosto sia destinata a morire nel momento in cui non riceverá piú contributi di Stato.

    Umberto

  2. Sir Robin dice:

    A pagare molto molto poco su un device agilissimo nei pagamenti e per contenuti veramente degni di considerazione? Concordo.

  3. Alessandro gilioli dice:

    Imho, finora si è visto pochissimo in termini di contenuti editoriali sull’iPad. Perché gli editori sono stati (finora) schizofrenici: da un lato l’entusiasmo pubblico per le possibilità, dall’altro il terrore privato di investire subito tanti soldi per una fetta di mercato ancora di nicchia. Quindi PDF per tutti, che non costano niente, e per il resto piedi di piombo. Assunzioni di professionisti dei contenuti aggiuntivi, manco per le palle, ad esempio. Forse era inevitabile che fosse così, dopo le botte che ci siamo presi nel 2000-2001, e dato che i tablet sono arrivati in un momento di crisi violenta dell’editoria. Ma insomma, mi pare che sia così, e credo che sia questo il principale motivo per cui le app dei giornali non hanno avuto quel successo deflagrante che alcuni prevedevano.
    Insomma ripassare fra un po’, chissà che non ci troviate pronti. Io fortemente lo spero, perché adesso mica lo siamo, no no.

  4. Giulio Blasi dice:

    Sono d’accordo con Mantellini. Aggiungerei una chiosa. Apple che ha inaugurato il grande mercato delle app è anche (per via della guerra contro Adobe Flash) uno dei supporter più forti di HTML5 (l’altro supporter, neanche tanto deboluccio, essendo Google un cui uomo coordina il gruppo di lavoro sulla raccomandazione al W3C). Bene: niente meglio di HTML5 per portare la logica e la GUI delle app nel web standard.

    La “chiusura” delle app è in termini di marketing ottenibile anche sul web standard. Facebook (dal punto di vista di Tim Berners Lee) è un ambiente web con le medesime problematiche di chiusura e non-standardizzazione delle app. Insomma: l’ambiente web è ancora sufficientemente potente da inglobare “dialetticamente” il dibattito chiuso/aperto di questi ultimi mesi.

    Tutto quanto stiamo discutendo ad esempio sulle “estensioni” o sui “potenziamenti” (multimediali, sociali e quant’altro) degli e-book può serenamente confluire in un ambiente web sviluppato con le tecnologie standard del W3C. Vedi browser web di Amazon e Google. E anche su MLOL cominceremo a leggere gli epub direttamente in browser (con app HTML5 + Javascript) superando la logica dell’ereader esterno… anche dentro i device dedicati per la lettura di e-book (se dotati di un browser decente e di connettività aperta).

  5. Luca De Biase dice:

    Sono molto d’accordo con Giulio Blasi e ovviamente condivido l’esperienza di Alessandro Gilioli. Le considerazioni deprimenti di Massimo non sono deprimenti: sono la descrizione di quello che è successo finora. Ma andrà davvero sempre avanti così? Mi stavo mettendo a scrivere un altro post per domani, ma ho anticipato: http://blog.debiase.com/2011/01/bis-sulle-apps-grazie-a-massim.html

  6. Guido Arata dice:

    Ciao Massimo,

    Al momento le App editoriali non sono soddisfacenti, per questo non decollano. Ci sono le mere riproduzioni digitali di cio che è cartaceo (ed ovviamente non funzionano), e da qualche tempo ci sono esperimenti, che per un motivo o per l’altro non soddisfano. Ma questo non vuol dire che non arriverà il prodotto giusto, il format giusto. Per come la vedo io i tablet aprono davvero ad una nuova era dell’editoria, a patto che questa si ri-inventi, sfruttando appieno le capacità del device, e le possibilità offerte dal Web. Project di Virgin ha sfruttato bene le prime, mentre poco di nuovo ha proposto circa le seconde. Ma non significa che non possa esistere il prodotto che riesce a mixarle. E gli scenari lì sono davvero molto ampii.

    G.

  7. Luca Evangelisti dice:

    Nello scorso novembre, un entusiasta delle Apps mi ripeté a pappagallo anche lui – con una sicurezza nella voce che un po’ mi spaventò – che “il Web è morto! Il futuro è delle applicazioni via HTTP!”.
    L’affermazione mi sembrò allora eccessiva, e vedo che dopo neanche un paio di mesi comincia a ridimensionarsi. Condivido ciò che ha scritto Giulio Blasi riguardo l’HTML5 e credo che questo standard possa portare nel Web quegli aspetti innovativi e di interattività che si pensavano prerogativa delle sole Apps. Staremo a vedere.

  8. Paolo Priolo dice:

    Pienamente d’accordo con Mantellini. Teniamo conto, tra l’altro, che la maggioranza degli user in target apps passa la maggior parte del tempo davanti al pc, e quindi legge su pc magazine e quotidiani, non su iPad (per di più a pagamento).

    Lo scarso successo delle apps editoriali non è solo o tanto legato alla bassa qualità delle testate PDF like, alle soluzioni copia & incolla, alla mancanza di prodotti davvero innovativi, realmente distintivi rispetto alla carta e al web. La causa principale del “fallimento” delle apps editoriali sta tutta nelle aspettative: sproporzionate, iperboliche, gonfiate.

    Bastava solo un po’ più di prudenza per prevedere che quasi tutti i potenziali utilizzatori di apps editoriali a pagamento non avrebbero sganciato un soldo per vedere sul proprio iPad un’applicazione che, nel migliore dei casi, offre gli stessi contenuti, le stesse features e le stesse funzionalità del prodotto web (+ cartaceo).

    Qualche mese fa puntavamo tutto sulle apps a pagamento, criticando chi si limitava a fare copia & incolla dei PDF, ma neanche tanto. Si diceva, la differenza tra una app di qualità e un PDF duplicato si nota, ma la potenza dell’application store Apple è tale da distribuire valore (economico, estetico, di esperienza) a tutte le apps, anche a quelle meno attrezzate.

    Oggi diciamo: è tutta colpa delle apps di scarsa qualità, il problema è tutto lì: se tutti proponessero delle applicazioni rivoluzionarie, innovative, il mercato decollerebbe.

    Forse il punto è un altro: la qualità dei contenuti free sul web cresce di giorno in giorno, la quantità tende all’infinito, la gente è stimolata e coccolata da questa marea informativa e forse non ha dei veri motivi per pagare delle apps pur innovative da godersi sul proprio iPad.

    E soprattutto, non ha tempo aggiuntivo a quello che già spende sul web per informarsi.

    Conclusione: il futuro prossimo delle apps è totally free.

    Ciao

  9. Una tenzone « GOOTENBERG dice:

    […] Massimo Mantellini risponde a Luca De Biase sul tema delle app e sul loro peso sul mercato editoriale. Il primo è disilluso, il secondo più entusiasta. Da seguire. brevi app, de biase, editoria, iPad, mantellini, mercato editoriale ← The global network LikeBe the first to like this post. […]

  10. links for 2011-01-03 dice:

    […] Il futuro della App editoriali – manteblog […]

  11. Dell’iPad & Dintorni « Il Giornalaio dice:

    […] […]

  12. Il futuro delle App editoriali esiste ed è il futuro dell’editoria | DelfinsBlog (Guido Arata) dice:

    […] questi giorni si sta parlando del futuro delle Apps editoriali. E c’è chi sostiene che il futuro dell’editoria resta […]

  13. Elvetico dice:

    Sorrido perché in questa discussione ritrovo l’identico tormentone delle discussioni sulla pirateria digitale. Cioè, i tentativi di far pagare i contenuti digitali falliscono perché l’industria (editoriale, discografica) proporrebbe soluzioni fallimentari invece che soluzioni realmente innovative e attraenti. E mai nessuno che abbia un’idea su cosa potrebbe essere una soluzione innovativa per cui sarebbe disposto a pagare. Scusate, ma mi sembra un po’ il piove governo ladro applicato a Internet.

  14. Massimo Moruzzi dice:

    Scusa Massimo, ma per cosa saresti disposto a pagare?

  15. Guido Arata dice:

    Perfettamente d’accordo con Elvetico

    G.

  16. Autoricambi Multimarche dice:

    Concordo con Sir Robin. Sono molto ben accette queste novità, ma le preferisco per i giornali, i libri mi piacciono ancora in forma cartacea.

  17. Massimo Moruzzi dice:

    nice spam, man!

  18. Alex dice:

    Le app a pagamento non decollano per il semplice motivo che per il momento non offrono niente di più dei siti accessibili gratuitamente.

  19. Giuseppe dice:

    Premesso che il problema vada scomposto in due piani logici distinti: il primo è di tipo puramente oggettuale e comporta una modalità diversa di distribuzione di contenuti (non ha senso valutare se migliore o peggiore), l’altro, di impatto maggiormente sociologico, è legato alle innumerevoli possibilità di “gestione” che i contenuti digitali hanno rispetto ai loro corrispettivi cartacei. Il web è solo l’esempio di un fenomeno che può dispiegarsi in modi e comportamenti diversi (il quotidiano può essere letto su dispositivi diversi con la stessa struttura grafica): perciò dire che l’editoria digitale non abbia futuro equivale a negare ipso facto l’insieme complessivo delle capacità che la rete mondiale oggi offre.

  20. Giada dice:

    Le app a pagamento non decollano anche perché i prodotti editoriali, parlo di romanzi, sull’App Store, si dividono in quelle “inutili” (gli ebook mascherati da app), quelle “animate” (belle ma per bambini e costosissime da produrre).
    Ultimamente però ho scaricato una app che mi ha convinto, intanto perché è di un romanzo pubblicato in contemporanea libreria/App Store e poi per il format utilizzato, il design e la grafica. Sicuramente la migliore app del settore pubblicata: si chiama SXHO, è per iPhone e iPad:

    http://itunes.apple.com/it/app/sxho/id448982062

    Chi la conosce ?