Il fatto è che i pubblicitari non sanno nulla di me. Provano da anni a seguirmi in rete o al casello dell’autostrada, al bancomat o quando compro il vino online, ma di me continuano a non sapere un accidente. Usano tecnologie sofisticate, misteriose e un po’ angoscianti, comprano montagne di dati da spacciatori poco raccomandabili, li incrociano e li confrontano ma alla fine continuano a non sapere nulla di me. Si comportano con me da stupidi, forse perché sono stupidi.

Se non fossero stupidi avrebbero capito che a me la pubblicità piace, che sono curioso, che se l’invito è ben proposto ed elegante, ironico o strano, io sono disposto a seguirlo. E magari perché no a comprare il prodotto. Ciò non accade mai (praticamente mai) non perché io odi la pubblicità ma perché la pubblicitá sembra scritta da qualcuno che non mi conosce e non sa nulla di me. Qualcuno che dopo l’analisi di migliaia di dati che mi riguardano produce un oggetto medio che mi indispettisce. Un oggetto in molti casi respingente e molesto fino al sadismo, che urla e disturba e inquina il mondo.

La pubblicitá è un business talmente evoluto e che riguarda così tanti specialisti che una volta uscito dalla sua fase più artigianale ha finito per costruire attorno a sé il mito della propria complessità. Sono pieni di sigle ed acronimi i pubblicitari, snocciolano target, focus group e numeri con grande naturalezza. Seguono gli sguardi dei navigatori dentro le pagine web e gli sbadigli delle patate da divano di fronte alla TV. Hanno maghi e guru molto rispettati che tutti ascoltano in ipnotizzato silenzio: c’è una tale iperspecializzazione nell’ambiente che provare anche solo a ipotizzare – osservandolo da fuori – che tanta professionalità e ricerca producano alla fine un prodotto stupido sembra quasi un’affermazione da ignorante vero.

Il risultato che io ho di fronte agli occhi è invece quello di un prodotto stupido, massificato, pensato per altri stupidi. Nessuno è ovviamente interessato a dirlo troppo forte per il rischio concreto di essere poi in qualche misura iscritto al club. Invece oggi spesso la pubblicità è un prodotto violentemente imperfetto, che, molto prima di reclamizzare qualcosa, illustra con esattezza la stupidità del mondo.

Se la pubblicità non fosse stupida e non avesse sprecato così vistosamente tutti i numeretti che ha raccolto su di me negli ultimi decenni saprebbe che a me le pubblicità piacciono. Mi piacciono per esempio quelle sui giornali non italiani. Sono addirittura una delle ragioni che me li rendono interessanti. Per esempio io sono abbonato al New Yorker ed una delle cose che osservo per prima quando lo sfoglio, sono le pubblicità. Immagini e testi che molto spesso dicono moltissimo del luogo da cui provengono. Per esempio qualche settimana fa sul New Yorker c’erano 4 pagine di pubblicità di un chemioterapico di nuova generazione per certi tipi di tumore del polmone inoperabili. “Chiedi al tuo dottore di prescrivertelo” diceva la pubblicità: e insomma, raccontano più quelle pagine di un lungo racconto di Gay Talese. Ma non si tratta solo di bassa sociologia: le automobili in vendita sono differenti dall’altra parte del mondo, i frigoriferi sono giganteschi sul New Yorker, osservarli e fare confronti (e magari comprarli) è interessante.

Se la pubblicità che mi insegue ogni giorno non fosse stupida e non continuasse tranquillamente a non sapere nulla di me, saprebbe che a me, per esempio, quando apro il sito web del Guardian non piace troppo vedere i banner della Coop di Forlì o quelli dell’albergo che ho prenotato su booking la settimana scorsa. Che una simile scelta ottiene l’effetto opposto a quello prefissato: non mi invoglia ad acquistare un prodotto (tantomeno uno che ho appena acquistato, figuriamoci) ma si appunta al mio petto come un promemoria potentissimo: questa roba che stai apparecchiando per me è stupida e non funziona.

Io trovo incredibile che un simile tempesta di cervelli, dopo aver sondato la mia vita in grande profondità, produca risultati tanto miseri. Se la pubblicità non capisce che a me i video con l’audio acceso disturbano più di una coltellata significa che ha fallito. Avessi una azienda che vuole aumentare il fatturato non mi rivolgerei a gente del genere. Qualcuno in questo momento da qualche parte del mondo sta spiegando a qualcun altro che i video con l’audio acceso sui siti web funzionano, che fanno aumentare le vendite, che hanno un (aggiungi acronimo tecnico a caso) superiore del 32% al (aggiungi altro acronimo tecnico a caso). E nessuno da nessuna parte del mondo sta dicendo a questi tizi: guardate siete dei falliti, siete stupidi e superficiali e invece che vendere merendine ed automobili inquinate il mondo e basta.

Non sono così naive da pensare che la pubblicità debba acconsentire alle esigenze del pollo da spennare che sta scrivendo queste righe. Ma lo sono abbastanza per dire che se a questo punto questo è tutto quello che mi sapete proporre allora forse siete degli incapaci. O degli stupidi. O tutti e due.

34 commenti a “Stupida stupida pubblicità”

  1. Marco dice:

    Condivido ogni parola e penso cose analoghe, seppur non in modo così chiaro e preciso, da più di quindici anni.
    E quindi mi chiedo: ma forse in fondo in fondo i video con l’audio acceso o i banner degli alberghi che ho appena prenotato funzionano?

  2. paolo d.a. dice:

    Con molte eccezioni per me la pubblicità è violenta nelle sue finalità molto prima che nel suo manifestarsi scioccamente.
    Proposta in ogni anfratto o in piena luce, via videospot banner audiospot manifesti cartelloni board elettroniche o manufatti girevoli, costituisce nel suo insieme un bombardamento senza tregua di messaggi manipolatori.
    Gli stupidi non sono i pubblicitari, siamo noi che accettiamo e troviamo normale essere sottoposti ogni giorno più volte a comunicazioni che perimetrano la nostra identità.
    Che ci siano buone pubblicità non c’è dubbio, che questo possa assolvere un intero comparto dedito alla deformazione della percezione e del reale.. questo non creto.

  3. Gilberto dice:

    Si, credo che funzioni. Anch’io mi sono spesso domandato che senso abbia reclamizzare cose già acquistate. Una volta cercai per conoscenti attrezzature per portatori di handicap e per alcuni mesi mi sono ritrovato pubblicità di cose di cui per fortuna non avevo nessun bisogno.
    Però mi dico che se una macchina da soldi come Amazon fa la stessa cosa, ti riempie di richiami alle cose acquistate, vorrà dire che paga.
    Certo significa sfruttare la compulsività: ti piacciono gli orologi, le scarpe, le borse, prima o poi ti convincerò a comprarne di altre.
    Questo forse è un altro tema: oltre le pubblicità stupide e fastidiose io non sopporto quelle che sfruttano le nostre debolezze. Mi piacerebbe un articolo, sempre così ben fatto, che spiega come solleticare le negatività può far guadagnare imprenditori, dipendenti, il mercato, tutti quanti ecc. ma finisce col peggiorare il risultato netto della felicità nel mondo.

  4. vinz dice:

    Mante, non sono le pubblicità scandalosamente fatte male: sei tu scandalosamente difforme dal consumatore medio. Rallegrati di ciò, dai.

  5. Ezio dice:

    Scusa, tu sei (eventualmente) naif. Naive può, con rispetto, esserlo tua moglie (o tua zia)… ;-)

  6. Luca Poma dice:

    Pezzo straordinario: bella penna, e poi dice quello che tutti pensiamo. Bravo :)

  7. Luca Poma dice:

    PS: ho comprato ora su Amazon il tuo libro, seguiranno commenti dopo che l’avrò letto :)

  8. DG dice:

    La pubblicità su internet è nelle mani dei SEO. I SEO sono degli idioti che lavorano per idioti — perché le affermazioni dei SEO, messe in prospettiva, sono semplicemente ridicole: promettere il tuo prodotto (specialmente se è un prodotto comune) in prima pagina nelle ricerche di google è come promettere ad un ciccione cardiopatico con l’asma una medaglia olimpica nei 110 ad ostacoli.

  9. Andrea dice:

    Provo un fastidio analogo anch’io.
    Ho però come il sospetto che non sia per caso o stupidità che le pubblicità in genere si rivolgano – nel loro essere “semplici” al limite della stupidità – ad un (ampio) target rinunciando senza drammi a quella fetta di popolazione troppo smart per abboccare all’amo.
    Quella fetta (cui, strano caso, tutti tutti sentiamo di far parte) si autogode il privilegio di essere più sveglio, o “avanti”. E rinforzerà questa sensazione positiva andandosi a comprare qualcosa (magari un frigorifero grande).
    Io, almeno, faccio così.
    Sarebbe interessante sapere se per caso le pubblicità stupide (nei contenuti o nella loro forma) sono in qualche modo pagate anche da ditte che fanno prodotti “fighi” per noi gente “figa”.

  10. Paolo dice:

    .. e il solito tamarrissimo frigorifero americano.

    Tanto per essere diversamente conformisti.

  11. Paolo dice:

    manca solo il SUV ecologico… i saggi non parlano mai di soldi, solo i disoccupati, gli esodati o gli incapienti ormai tagliati fuori dal sistema sanitario e scolastico

  12. Paolo dice:

    un sito sulle macchine volanti e marchetta per la nota compagnia telefonica con quattro fotografie in croce staticissime e fuori dal tempo. Un pubblicitario con la camicia, un “evangelist” come dicono oggi i giovani cinquantenni

    In realtà le macchine volanti (che hai scopiazzato su internet, dal blog di un celebre vip televisivo del PD) riguardava un ampio ed estenuantissimo discorso, assolutamente OT e nato spontaneamente, su alcuni documentari degli anni 70-80, quando ancora lo spirito creativo sembrava avere la meglio su altri interessi commerciali. (Un OT che ha poi preso il volo verso il mondo filosofico, da incorniciare)

  13. Lillo dice:

    A Mantellì ma sei sei così convinto e ti credi tanto più intelligente al posto tuo fonderi un agenzia pubblicitaria, in mezzo a tanta incapacità e stupidità diventeresti miliardario, o no?
    Piantala con i bla bla bla e passa all’azione.

  14. Isa dice:

    @Ezio: al netto delle faccine, non è nemmeno così.
    Mantellini, maschio, può essere ingenuo in italiano oppure naïf alla francese (con la dieresi); mentre sua zia sarà ingenua ma ugualmente naïf, perché i prestiti non si declinano.
    Mante invece, purtroppo per lui, sceglie l’inglese naive/naïve, che è ugualmente identico per maschi e femmine–in quella lingua; ma non è un prestito dell’italiano. Un brutto pastrocchio in cui cascano tutti quelli che frequentano molto l’inglese ma troppo poco i prestiti stranieri all’italiano e le regole che li governano. (Hint: anche il latino è una lingua straniera, i suoi prestiti non si declinano, e dire “curricula” non fa sembrare intelligenti, fa sembrare provinciali.)

  15. massimo mantellini dice:

    @isa cioè cioè, spiegami meglio che non ho capito ;) , cosa c’è che non va in naive (che ho sciaguratamente usato milioni di volte)?

  16. Ezio dice:

    @Isa
    Grazie dello spiegone, ma la Treccani (al netto dei prestiti) mi conferma nella convinzione che la zia di Mantellini (alla francese) possa essere naive (con la dieresi).
    Poi non so se Mantellini sia dotato di zie.

    naïf ‹naìf› agg. e s. m. e f., fr. [lat. natīvus «nativo»] (pl. naïfs; f. naïve, pl. naïves; ma in ital. è per lo più usato come invar., e scritto spesso senza dieresi)

  17. Shylock dice:

    @Mante: ma come, sei tanto figo e smart e ti lasci destabilizzare dalla prima grammar Nazi che incontri?

  18. massimo mantellini dice:

    @Shylock mai pensato di essere figo e smart, e quanto a refusi ed errori di sintassi sono un discreto campione, quindi mi piace imparare

  19. strayDog dice:

    lavoro nell’IT dep di una company di mobile marketing, le posso dire che il business é effettivamente molto complesso, molto piú di quanto evidentemente lei si immagini, stando a questo suo “sfogo”, e la cosa non é limitata al mercato italiano, i banner che lei vede nelle pagine in cui naviga non sono gestiti (necessariamente) da agenzie italiane, ma da companies che operano su molti mercati, anche perché chi vende (come nel nostro caso) a livello globale non vuole né puó avere a che fare con un numero di affiliates e publishers che cresce con il numero di paesi in cui opera, se lei vede il banner della Coop di Forlí io vedo (in ufficio, dove non mi curo delle policies di tracciabilitá) quelli del negozio online da cui ho comprato tempo fa un raspberry, e li vedo da piú di un mese, se la cosa non le piace e vuole piú varietá basta che non stia loggato nei vari social e imposti la cancellazione dei cookies e piú strette regole di privacy, a casa non vedo mai lo stesso banner due volte.

    quanto alla effettivitá delle pubblicitá stesse le posso garantire che per come é strutturato il business funzionano eccome, perché tutto sommato la maggioranza degli utenti sono piuttosto stupidi e la “pesca a strascico” funziona, seppure stupisca anche me che nel settore ci lavoro (non la stupirebbe ad esempio il fatto che in PL e DE si vendono video porno a 5 euro al mese e se ne vendono un sacco? o che nei paesi arabi vanno ancora tantissimo i quiz via sms a pagamento? o ancora che in messico si vende gossip come fosse pane? e cosí via).

    noi lavoriamo in una cinquantina di paesi diversi, e per quanto possa essere daccordo con lei riguardo a chi si occupa di marketing il risultato é che facciamo un centinaio di milioni di euro di revenues all’anno, e questo vendendo roba che costa pochi spiccioli.

    la mia impressione (e non é la prima volta su questi temi legati al “digitale”) é che lei veda le cose senza andare oltre la finestra del suo browser, dietro ad essa, senza nemmeno provare a comprendere cosa c’e dietro, in termini di complessitá, tecnologia, business etc., che per uno come lei che dice di occuparsi esattamente di queste cose mi sembra piuttosto limitato

  20. massimo mantellini dice:

    @strayDog è curioso che il fatto che la pubblicità mi mostra adv non adatte a me diventi un problema mio (cancellare cookies ecc) invece che essere percepito come un fallimento tecnologico. Quanto al fatto che il mercato mobile sia pieno di squali che vendono VAS guadagnando spesso sulla ignoranza dei clienti (e su altre complicità note) è un tema che conosco e che biasimo da oltre un decennio. Ma per quelle aziende la parola “stupidi” non rende a sufficienza, sono molto peggio

  21. Pampurio dice:

    Concordo su tutto.
    Adoro la pubblicità e soffro a non averne (quasi) mai della ben fatta da gustare.
    Per quelle sul Web con l’audio alla traditora un solo avviso: inserzionisti, sperate che non veda di che prodotto si tratta …

  22. Shylock dice:

    @strayDog: in italiano si dice ‘efficacia’, non ‘effettivitá’, che vuol dire tutt’altro.
    E questo da gente che si bulla di fare ‘un centinaio di milioni di euro di revenues (perché ‘ricavi’ pareva brutto) all’anno’ con le parole.

  23. strayDog dice:

    mante, in sintesi: la prima sentenza (fino al “fallimento tecnologico”, che mi ha fatto veramente divertire) mi convince ancora di piú che non ha idea di quello che c’é dietro il monitor, almeno su questo tema, la posso capire, io lavoro da quasi tre anni come owner dello sviluppo e manutenzione di un middleware in una societá del settore e ancora per me il complesso del business, tutti gli attori e i servizi che vendono/scambiano/acquistano ha parecchi lati oscuri, ho lavorato una quindicina di anni nei sistemi bancari/assicurativi e le posso dire che sorprendentemente questo business é molto piú complesso; per quanto riguarda l’eticitá del business sia chiaro, non penso che siano delle charities, c’é un po’ di tutto: dagli antivirus ai giochi, gli sfondi, il porno, le app di incontri, le suonerie, gli sms con i quiz per vincere qualcosa, ogni paese/area geografica ha i suoi mercati, chissá, magari anche lei é passato per il mio sistema, certo, lo so, in questo mercato c’é qualcosa di “sgradevole”, e secondo me é il fatto che tutti questi “gatti e volpi” si aggirano intorno a questi poveri polli per spennargli 50 centesimi, un euro, cose cosí, che poi si spartiscono in dieci, questo dá piú fastidio.. da piú fastidio di chi si fotte quotidianamente il futuro della gente o di chi vende macchinoni con le centraline taroccate, e sono sicuro che stanno venendo in mente anche a lei altri esempi del genere, e niente, ho iniziato guardare le cose dal punto di vista dell’economia emotiva di matteo motterlini.

  24. strayDog dice:

    shylock, sono all’estero da una decina di anni, un po’ di italiano lo comincio a sbagliare e diverse parole, come ricavi, mi vengono in inglese prima che in italiano.
    btw i ricavi non sono miei, ma di una societá quotata, io ci lavoro e ho il mio stipendio, la cifra era per dare una idea del rapporto tra ricavi, appunto, e valore della singola unitá di prodotto, che dovrebbe dare una indicazione dei volumi generati da una societá del settore con un centinaio di dipendenti

  25. Shylock dice:

    @strayDog: non conoscevo il dettaglio geografico, in questo caso mi scuso.

  26. vinz dice:

    @strayDog non hai ancora capito quello che sta dicendo Mante; nn è un problema etico o di fastidio: Mante afferma che con tutta la mole di dati che avete su di lui potreste confezionare pubblicità più efficaci, visto che quelle attuali ottegono l’effetto contrario.
    Sta dicendo, in poche parole, che almeno nel suo caso (e nel mio), siete degli incapaci nel vendergli i prodotti. E visti gli investimenti e le risorse umane iperqualificate coinvolte, questo è sorprendente.

  27. strayDog dice:

    vinz, ho capito benissimo e ribadisco che non ha idea di come funzioni questo business, e direi neanche lei, ma se pesa che siamo degli incapaci e senza sapenre nulla crede di poter fare meglio, beh si faccia avanti con qualche idea, é un mercato molto concorrenziale ma magari lo rivoluziona, o perlomeno comincia ad informarsi su cosa c’é dietro e capisce come stanno le cose.

    quanto all’etica e al fastidio, mi riferivo alla frase relativa agli stupidi, l’ignoranza dei clienti e le complicitá, ci lavoro e ho capito perfettamente a cosa si riferisce, posso essere daccordo sul fatto che ci siano molte aree grigie e situazioni al limite del legale, volevo solo far notare che stesse situazioni (grigie e al limite del legale) ci sono in ambiti molto piú seri, banche, ad esempio.

    non mi sembra questo il posto per entrare nei dettagli del business del marketing online, che non basterebbero dei giorni per spiegarlo decentemente, mi limito a riportare alcuni dati che forse aiutano chi vuole a capirne alcuni aspetti:
    per ogni banner i dati interessanti sono le views (quante volte il banner viene mostrato), i leads (quanti clickano sul banner) e le optin (quanti di quelli che hanno clickato sul banner hanno effettivamente acquistato il prodotto pubblicizzato dal banner).

    tra le views e i leads in media ci sono circa due ordini di grandezza, a piú o meno é lo stesso tra leads e optin.
    ieri, ad esempio, noi abbiamo registrato 14503 optin, 926665 leads e 1990522 views.

    ora, lei pensa che la decina di aziende che a a vario titolo sono coinvolte nella campagna, lavorando su questi numeri si preoccupino del fatto che mantellini non contribuisce con un lead collegato ad una view? glielo dico io: no. giusto? sbagliato? commercialmente inefficente? puó darsi, ma il business é fatto cosí ed é nato, cresciuto e diventato maturo seguendo questo schema da molti anni, come le ho detto se lei ha idee migliori si faccia avanti

  28. Shylock dice:

    @strayDog: se ho capito bene, il vostro business model è quello della pesca a strascico (raschio il fondo del mare e tiro su tutto, e pazienza se la maggior parte è pesce che commercialmente non mi serve, lo butterò via dopo), con la variante della dinamite (i pop-up e i filmati con l’autoplay e il volume a palla).
    Se ve lo lasciano fare, buon per voi: la colpa è delle sedicenti autorità che non vi tagliano le unghie e dei consumatori che non sono abbastanza organizzati e assertivi per farsi sentire (in realtà una minoranza: gli altri si sono semplicemente adattati al fastidio con la scusa del ‘tanto è tutto gratis’).

  29. strayDog dice:

    @shylock: lo ho detto chiaramente nel primo post, usando esattamente il termine pesca a strascico, e non é il “nostro” modello, é quello del marketing online, il nostro é un caso particolare che é quello legato al mobile.
    visto che é interessato e cortese cerco di darle qualche hint sinteticamente, se vuole approfondire trova un sacco di cose in rete al riguardo.

    il mobile marketing é un settore decisamente cheap, in generale si vendono cose con un valore limitato, nell’ordine di uno/due euro, la ragione é in parte storica, il charge viene fatto sulla sim e quindi si suppone che i customers non abbiano grande disponibilitá, cercare di addebitare cifre superiori molto spesso fallisce per mancanza di credito, e in parte dovuta alla tipologia degli utenti, ad esempio gli antivirus, che richiedono una sottoscrizione semestrale/annuale vengono venduti con pagamento con carta di credito, e il conversion rate (click -> optin) é bassissimo perché l’utente medio non vuole aspettare/clickare troppe volte, per cui la gran parte quando si trova sul sito del payment provider e scopre che deve tirare fuori la carta di credito, inserire i dati, confermare o loggarsi su paypal e fare qualcosa di simile, semplicemente abbandona, le dico solo che anche per le vendite con addebito sulla sim viene fatto un lavoro enorme di ottimizzazione sui tempi di risposta perché l’utente medio non é disposto ad aspettare piú di qualche secondo per finalizzare la transazione e quindi abbandona, oltre al grosso lavoro da parte dell’area BD per trovare i gateway con i flussi migliori (i gateway sono le societá che fanno da tramite con gli operatori telefonici, i flussi sono le modalitá di interazione per finalizzare la vendita, i tipi di flussi dipendono da paese e operatore, con un sacco di varianti, per capirsi un flusso semplice é quello in cui l’utente inserisce il numero in una pagina, viene rediretto su un’altra pagina in cui deve inserire un pin che nel frattempo viene inviato via sms al numero inserito prima, e tanto per farle capire é un flusso che non ha una conversione molto alta, non ha idea di cosa gli utenti riescono a inserire invece del pin che hanno ricevuto).

    quindi, noi vendiamo qualcosa, ad esempio degli sfondi per whatsapp, a un euro, di questo euro una quota va all’operatore, una quota va al gateway, una quota va al content provider, che é quello che materialmente detiene il prodotto, una quota rimane al publisher (noi, in questo caso) e in piú deve anche essere remunerato chi si occupa di inserire i nostri banner nelle pagine web, gli affilates, si rende conto che i margini sono ridottissimi, non stiamo pescando balene, ma acciughe

    tenga anche presente che ci sono costi e perdite, costi ad esempio per “invogliare” gli affiliates a promuovere i nostri banner invece di quelli della concorrenza sui loro circuiti (una delle misure del business per noi é quanto spendiamo al mese su questo fronte, e curiosamente piú spendiamo meglio é) e le perdite, dai gateway che non danno il ritorno atteso alle campagne semplicemente sbagliate, ai prodotti che sembravano promettenti ma che nei fatti non vendono, fino agli utenti che sottoscrivono un abbonamento ma dopo il billing iniziale non fanno piú ricariche della sim e quindi non si riesce piú ad addebitare la quota, ma nonostante questo non vengono cancellati.

    quello che abbiamo in comune con il marketing online in generale sono gli affiliates, ovvero quelli che veicolano i banner nelle pagine web. come credo avrá cominciato a farsi una idea data la frammentarietá dei ruoli dei vari attori, di solito chi disegna il banner e fa le scelte creative della campagna non ha praticamente controllo diretto su come e dove verrá promossa la campagna, questo controllo é in mano agli affiliates, che hanno obbiettivi di business diversi e un tipo di remunerazione che viene contrattata, possono essere remunerati in base alle views prodotte, o in base ai click o le optin, se prende come esempio il pagamento per view capisce che l’unico interesse dell’affiliate é di sparare il banner su piú pagine possibili, dato che questo tipo di remunerazione é ovviamente molto bassa (si tratta di centesimi o frazioni per view), se viene pagato per optin invece cercherá di promuovere una campagna che ritiene promettente e cercherá di indirizzarla al meglio (ma sará piú caro per noi); in tutto questo ovviamente queste societá si avvalgono in vari modi dei famosi dati personali di cui possono entrare in possesso, ma tenga presente che queste informazione sono molto meno intelligenti di quanto si immagini e sono sostanzialmente basate sul tracking delle abitudini dell’utente, e qui entrano in gioco altri attori, perché questa informazioni si pagano, l’unica vera business intelligence che si applica é quella sui dati di massa che vengono dalle varie campagne, ovvero i conversion rates per tipologia di prodotto, country, tipo di campagna e flusso.

    per quanto riguarda “tutti i dati che hanno su di me”, quei dati non sono in genere collezionati dagli affiliates, ma vengono dei tracker e dai siti che fanno di questa raccolta parte del loro business, i piú grossi fb e google, quello che succede per capirsi é che se faccio una ricerca su google di un albergo in una certa zona questa informazione viene associata alle navigazioni che faccio tramite un tracker, che non contiene l’informazione stessa (i.e. il nome dell’hotel che sono andato a vedere e se lo ho prenotato o meno) ma é un puntatore alla informazione fornita da google all’affiliate, che molto probabilmente non contiene il fatto che ho guardato quell’hotel, o perlomeno il fatto che abbia prenotato in quell’hotel (qui sto uscendo un po’ dal mio campo, ma sono ragionevolmente sicuro di quello che dico), e ha un certo tempo di vita, per cui mi ritroveró il banner di quell’hotel per diverso tempo a infestare le pagine che visualizzo.

    ora, parlando di privacy e avendo chiaro come questi dati che rendiamo disponibili siano ancora piuttosto grossolani, e non intelligenti come si suppone, mi permetto di fare un paio di considerazioni:
    * meno male che i dati che volenti o nolenti lasciamo in giro sono cosí grossolani, onestamente se riuscissero giá a profilare con estrema precisione la cosa sarebbe, come dire, scaring
    * da ancora prima di lavorare in questo settore ho sempre avuto l’abitudine di impostare il browser in modo da lasciare meno traccie possibili, a maggior ragione lo faccio ora che ho maggiore insight, oltre a evitare quando navigo di essere loggato su gmail o su altri social, che é la prima ragione del vedere sempre gli stessi banner per giorni interi, e qui vorrei dire al nostro ospite che configurare il proprio browser e fare il logout o usare la navigazione anonima non é un problema, se parcheggio la macchina in una cittá che non conosco non é un problema avere l’accortezza di chiuderla e portarsi via le chiavi, e magari avere comprato un antifurto insieme alla macchina, é solo un minimo di accortezza. provi a vedere la cosa in questo modo: lei lascerebbe la sua casella di posta (fisica) aperta, mettendoci dentro anche gli scontrini della spesa, ricevute, biglietti del treno, e quantaltro sperando che i ragazzi che distribuiscono i volantini guardino cosa c’e nella cassetta per decidere quali sono i volantini piú indicati?

  30. Maqroll dice:

    Chapeau. Hai scritto un monologo da recitare a teatro. Una cosa, più di un testo dunque, una cosa paragonabile al monologo di la 25ma ora.

  31. Marco dice:

    Ma usare Adblock Plus no, eh?

  32. nicola dice:

    Così, senza sapere nulla: se le società che confezionano e vendono queste pubblicità che ti (ci) stanno sulle scatole stanno in piedi, vuol dire che funzionano, altrimenti fallirebbero. Sì, Mantellini, è un problema nostro (mio e tuo di sicuro) perché noi siamo fuori norma e siamo una minoranza. (“Fuori norma” non vuol dire necessariamente più astuti o intelligenti. Vuol dire che abbiamo esigenze diverse.)

  33. Pampurio dice:

    @strayDog
    Grazie, molto interessante!
    (non è ironico)

  34. strayDog dice:

    @pampurio
    prego, mi fa piacere che lo abbia trovato interessante e mi scuso per il ritardo nella risposta.
    ho solo sentito il bisogno di fare un po’ di chiarezza, visto che secondo me questo post non ne faceva alcuna, perché il post non diceva nulla di utile e perché nel dirlo é stato dato (commenti compresi) dell’incapace e dello stupido a chi lavora nel settore, quindi anche a me.