Il caso Chirico-Morosini è un caso italiano di cui si discute molto in questi giorni. Qui lo spiegone del Post per farvi un’idea. Tutti pensano si tratti di una faccenda meramente politica (ovviamente è anche quello) quando invece i suoi aspetti più significativi riguardano il giornalismo e anche un po’ l’inevitabile folklore italiano.

Ecco l’incipit dell’articolo:


Roma. “Dottoressa, mi scusi, il dottor Morosini l’ha vista passare nel corridoio e vorrebbe salutarla”. Ah, il dottor Morosini, che piacere. Roma, piazza dell’Indipendenza, sede del Consiglio superiore della magistratura. La cronista si dirige verso l’uscita, il portone di Palazzo dei marescialli è già alle sue spalle quando un giovane assistente la invita a raggiungere Piergiorgio Morosini, consigliere del Csm in quota Magistratura democratica. Morosini è uomo affabile e garbato, da gip a Palermo ha rinviato a giudizio gli imputati nel processo sulla presunta trattativa stato-mafia. “Buongiorno, dottore”, la cronista si accomoda sul divanetto del suo ufficio.



Il folklore ce lo togliamo dai piedi subito: immagino che nessun giudice del CSM arderebbe dalla voglia di salutare una giovane giornalista italiana se questa non fosse una signora ben nota nei salotti romani per essere la fidanzata di Chicco Testa (in odore – speriamo di no – di diventare Ministro) nonché autrice del libro dal titolo panegirico “Siamo tutte puttane“.

La faccenda giornalistica invece è assai più complicata. Non mi interessa troppo nessuna delle due questioni di cui si è discusso nei giorni scorsi vale a dire il titolo truffaldino dell’articolo (una frase contro Renzi attribuita a Morosini che poi nell’articolo non c’è) e nemmeno il fatto che l’intervista fosse o non fosse esplicita e le parole (che il magistrato ha smentito) correttamente riportate. Il giornalismo italiano è pieno di titoli con falsi virgolettati per uccellare i gonzi e di chiacchierate off the records poi finite sui giornali in formati allusivi così da farle assomigliare ad interviste vere e proprie. È cattivo giornalismo, lo conosciamo, purtroppo non riguarda solo Il Foglio.

No, il punto rilevante è secondo me la biografia della Chirico. Che nel 2012 (alla bella età di 26 anni) ha pubblicato il libro “Condannati preventivi” con prefazione di Vittorio Feltri e che soprattutto è da poche settimane presidentessa della neonata Associazione “Fino a prova contraria” (qui una intervista alla presidentessa sul magazine ciellino Tempi) il cui scopo è quello di dare all’Italia “una giustizia giusta”.

Cerco di rimanere a debita distanza da tutte le ironie che sarebbero possibili in un caso del genere (per esempio da quella che riguarda i livelli occupazionali medi dei giovani giornalisti) per dire che Il Foglio, nella lunga (e verbosissima) inchiesta sulla magistratura che ha affidato alla Chirico, nelle polemiche di ieri e nemmeno nella replica del suo direttore ha ritenuto di informare i suoi lettori dell’evidente conflitto di interesse fra il cronista ed i temi che tratta.

Il giornalismo italiano è fatto così: una trama sotterranea di connivenze, amicizie, gelosie e contrapposizioni che hanno come unica pretesa non quella di informare i lettori ma quella di influenzare il contesto politico (va detto che spessisimo gli riesce) e che a causa della loro modesta moralità di fondo si cerca di celare il più possibile. Quelli che ingenuamente pensano che un cronista sia un cronista si contano ormai sulle dita di una mano. Gli altri semplicemente i giornali hanno smesso di leggerli.

3 commenti a “Quando un cronista era un cronista”

  1. Federico dice:

    Però non penso si possa parlare di conflitto di interessi. Il giornalista, come tutti, ha sue idee (ed anche “chiodi fissi”) ma se è onesto intellettualmente farà per bene il suo lavoro. Nel caso in esame, poi, mi pare stiano attaccando la persona più per i suoi rapporti con Chicco Testa che per quello che ha riportato nell’articolo.

  2. Daniele Minotti dice:

    A me sembra che stiamo distogliendo o sguardo dalla cosa importante, cioe’ dalle parole di Morosini.
    *Bisogna fermare Renzi* non l’avra’ detto, ma il resto – se confermato (e mi sembra che lui non abbia smentito, preferendo sottolineare l’informalita’ del colloquio – e’ realmente grave.
    Poi, ovviamente, si preferisce fare il mazzo ad una pm per degli apprezzamenti su Gabriel Garko.

  3. Claud Bohm dice:

    Allora Gian Antonio Stella non può più scrivere di immigrazione, razzismo e corruzione sul Corriere della Sera perché ha scritto dei libri su questi argomenti?