Da queste parti ogni anno si corre una gara di ciclismo per amatori molto nota che prende il nome di Nove Colli. Nell’edizione del 2015 l’organizzazione informa che i partecipanti sono stati 8500 sui 13000 che si erano iscritti (quel giorno pioveva). Di questi 7672 sono felicemente arrivati al traguardo. Nella patria di Pantani (la cui memoria qualcuno ciclicamente cerca di risollevare ipotizzando strane macchinazioni attorno alla sua overdose) la Nove Colli è una specie di Parigi-Roubaix per amatori, senza pavé ma con molte salite, parecchi salumi e moltissime piadine (3740 secondo gli organzzatori). Vista da fuori sembra una cosa molto piacevole e probabilmente lo è.

Ora io non so molto di ciclismo (quello che leggo sui giornali) e non so molto di doping (quello che leggo sui giornali) ma so che un mio conoscente, un professionista stimato, non più giovanissimo ma un tipo sportivo, in forma e ben allenato, una persona colta certamente informata sui rischi legati a certe pratiche legate al miglioramente delle prestazioni sportive, qualche anno fa ha dovuto rinunciare alla sua Nove Colli perché era stato ricoverato in ospedale per un’embolia polmonare. Siccome l’intelligenza non sempre è equamente distribuita, qualcosa di simile gli è accaduto nei giorni precedenti la gara anche l’anno successivo. Il doping fra gli amatori è la più affascinante fra le stronzate possibili: si mette a rischio la propria vita per arrivare 700esimo alla Nove Colli e migliorare la propria prestazione dell’anno precedente. Lo si fa solo per quello: nessuna fanfara, nessuna intervista TV o celebrità momentanea che vada oltre il plauso fra i denti dei propri amici di bicicletta. E nonostante la gigantesca stupidità del tutto, la gente lo fa lo stesso. Se hai rischiato di morire l’anno precedente per vincere la tua Nove Colli interiore qualcosa, una specie di tarlo che io non saprei meglio descrivere, ti suggerirà di correre lo stesso rischio anche l’anno dopo.

Ho ripensato inevitabilmente a questo aneddoto quando ho letto sui giornali della scomparsa improvvisa di Chiara Pierobon, 22enne promessa del ciclismo italiano morta improvvisamente per “sospetta embolia polmonare” mentre si recava in Germania per alcune gare. Ed ovviamente – come tutti i giornali che ne hanno brevemente parlato – non ho alcun elemento per dire che la morte della giovane ciclista sia in qualche maniera legata al doping. Tuttavia conosco con discreta esattezza le molte ragioni possibili che causano a ciascuno di noi, giovani e vecchi, uomini e donne, una improvvisa embolia massiva e so con certezza che la grande maggioranza di quelle non potranno riguardare una giovane sportiva. E sapendo questo non posso non notare che il giornalismo italiano che spessissimo è basato su allusioni ed insinuazioni nel dare la notizia della morte della ragazza ha scelto una linearità britannica che davvero di solito non gli appartiene. È morta una ragazza, è una tragedia gigantesca. Ma fra l’insinuazione e la testa sotto la sabbia esiste uno spazio di approfondimento e messa in guardia che davvero in questa storia si è per ora scelto di non considerare. Ed è un peccato: si tratta di una di quelle rare occasioni in cui il giornalismo, di tanto in tanto, potrebbe continuare a servire a qualcosa.

5 commenti a “La Nove Colli interiore”

  1. andrea dice:

    Mantellini,

    lo devo proprio dire:
    * cinque minuti per leggere,
    * dieci di “approfondimento” (se si puo’ chiamare..) su internet/wikipedia,
    * trenta minuti di riflessione interiore
    * ed un minuto per questo commento di riconoscimento..

    questa volta e’ proprio un post educativo..

    ovviamente RIP a chi segue un suo sogno interiore e non si accorge di oltrepassare i limiti di noi umani..

  2. diamonds dice:

    I corridori giovani sono le vittime di un sistema dove le responsabilita` soggettive sarebbero a capo di certi vecchi volponi che spesso nella migliore delle ipotesi fanno finta di non vedere. Gli altri sanno che scherzano col fuoco e non mi commuovono quando ne pagano le conseguenze. Forse andrebbe stampata nei cartellini ed esposta nelle scuole la famosa frase, “Possiamo mettere in campo tutti gli strumenti di prevenzione, di informazione e di controllo, ma contro la stupidita’ recidiva siamo disarmati” del presidente della Federciclismo, Renato Di Rocco.

  3. Stefano dice:

    ‘il plauso fra i denti dei propri amici di bicicletta’.
    È esattamente questo il motivo del doping.

  4. rico dice:

    Ho avuto anch’io una tromboembolia, subito dopo l’ asportazione di un gesso alla gamba, nonostante abbia iniettato tutti i giorni per un mese l’eparina prescritta.
    Per fortuna, dopo due giorni di atroci sofferenze alla respirazione, il mio corpo ha sciolto il coagulo, se era per il pronto sofìccorso potevo anche crepare (non hanno collegato i fatti e mi hanno dato solo un antidolorifico, dopo quattro ore di attesa).
    Questo per dire che le cause sono molte, anche su soggetti sportivi e giovani, non necessariamente il doping.

  5. massimo mantellini dice:

    @rico la causa della tua embolia è la più frequente in assoluto e infatti proprio per quello nessun soggetto sportivo e giovane va a fare una gara doppo essersi tolto il gesso