L’idea del Ministro Franceschini di creare una Biblioteca dell’Inedito dove “raccogliere e conservare per sempre romanzi e racconti italiani mai pubblicati” non è una completa stupidaggine come sembrerebbe di primo acchito. Resta un’uscita inopportuna, certo, complicata dal ruolo pubblico del politico che la pronuncia, dalla situazione disastrosa della conservazione della cultura in Italia, dal fatto che l’autore sia incidentalmente anche uno scrittore, dalla constatazione che l’abbia annunciata, in maniera molto chiara e senza sbavature, senza che nessuno ne sapesse nulla.

Insomma la frase racconta prima di tutto Franceschini e certi sui limiti ben noti, ma se per un attimo isoliamo il concetto, dimentichiamo l’autore del tweet e cerchiamo di analizzarla con calma l’idea non è totalmente assurda.

-È una idea digitale. Le biblioteche immateriali consentono lussi che un tempo non erano nemmeno immaginabili. La biblioteca del Congresso in USA ha iniziato qualche anno fa ad archiviare tutti i messaggi di Twitter, Internet Archive tiene traccia di milioni di pagine web scomparse, iniziative amatoriali come il progetto Gutenberg digitalizzano libri di pubblico dominio mettendorli a disposizione di tutti su Internet.

-È un’idea ragionevole. Nell’epoca dell’abbondanza i meccanismi di emersione del valore sono mutati profondamente. L’editoria ha sempre funzionato come inevitabile doppio filtro preventivo (culturale e economico, ultimamente quasi solo il secondo): l’archivio a nostra disposizione (fra testi sotto licenza e pubblico dominio) è poi da sempre una frazione dei contenuti precedentemente autorizzati e messi in circolazione. Oggi un ipotetico archivio che coincida con l’esistente diventa invece possibile ma richiederà meccanismi di emersione del valore del tutto nuovi ed applicati ex post. Ovviamente in tutto questo romanzi e racconti saranno solo una minima parte del tutto.

-È una idea non nuova. Molti in questi giorni hanno citato l’Archivio dei Diari (che però è un’altra cosa) o un vecchio post di Andrew Sullivan, quasi fossimo alla ricerca di una progenitura; tuttavia il punto fondamentale resta quello dell’allargamento fisico che l’ambiente digitale consente all’archiviazione dei nostri documenti. Vale per gli spazi digitali personali (quante foto nostre abbiamo oggi rispetto ai nostri genitori?) così come quelli pubblici.

Il tweet di Franceschini ha scatenato reazioni molto forti perché nel Ministro moltissimi di noi riconoscono una certa scapigliatura, la tendenza ad un eloquio continuo e casuale, l’amore per un protagonismo romantico che non tiene conto delle contingenze e che ignora le cautele del ruolo istituzionale. Uscite estemporanee e superficiali che in un periodo di crisi sono piuttosto difficili da sopportare.

Ma la netto di tutto questo sempre di più la memoria del nostro tempo sarà direttamente digitale e sempre meno sarà ancorata al filtro della mediazione editoriale. Prima registreremo le parole di tutti e poi sceglieremo quali valorizzare. Dubito però che il Ministro si riferisse a questo.

8 commenti a “Franceschini e la memoria digitale”

  1. Franco Abitante dice:

    In verità il Ministro, giustamente, pensava a una vasta collezione di manoscritti

  2. Paolo d.a. dice:

    Condivido molto il tuo pensiero, ma sono vagamente turbato da quel “inedito”. Che non mi sembra possa riferirsi all’universo mondo ma a ciò che edito non è. Temo che Franco abbia ragione. Ma magari si apre un dibattito utile.

  3. Alberto Pettarin dice:

    Dubito anch’io.

    E, prima di mettere in piedi un progetto del genere sul “non filtrato”, mi piacerebbe che ci fosse un progetto di deposito legale digitale FUNZIONANTE, obbligatorio per le opere pubblicate dagli editori professionali (e.g., qualsiasi cosa dotata di ISBN e che nasce da file digitale).

    L’ottimo sarebbe che tali opere depositate fossero poi consultabili gratuitamente dal cittadino nelle biblioteche pubbliche, eventualmente anche con modalita’ di prestito digitale, come gia’ avviene in vari altri paesi europei. Ma qua gia’ vedo gli editori strapparsi i capelli per le mancate vendite (anche se in astratto si potrebbe pensare “insieme” uno schema di compensazione per gli editori, in base ai prestiti effettivi).

    PS: “Ma la netto di tutto questo sempre di più…” => “Ma, al netto di tutto questo, sempre di più…”

  4. Emanuele dice:

    Francamentre preferirei che prima di spendere un solo centesimo per la memoria digitale del mai pubblicato si spendesse quello che serve per la conservazione materiale e digitale del pubblicato. Le condizioni in cui versano le biblioteche nazionali italiane, perlomeno Roma e Firenze, Napoli non so, sono indegne e inconfrontabili con le equivalenti francesi e inglesi.

  5. diamonds dice:

    è il tipo che se gli dicono di allestire l’arca ci porta solo l’uomo-puma e il serpente piumato

    https://www.youtube.com/watch?v=6QCO8AF2pwo

  6. malb dice:

    L'”uscite estemporanea e superficiale” sembra essere la politica del ministro più che un caso da prendere a sé.
    D’altra parte un governo che si rifiuta di avere una politica industriale propria, potrebbe avere una politica dei beni culturali?

  7. Giulio Mozzi dice:

    Alberto Pettarin dice:

    … in astratto si potrebbe pensare “insieme” uno schema di compensazione per gli editori, in base ai prestiti effettivi.

    Una direttiva Ue del 1992 prevede la corresponsione di diritti d’autore per i prestiti bibliotecari. L’Italia recepì la direttiva nel 1996, ma – poiché la direttiva permetteva di stabilire eccezioni – stabilì che tutte le biblioteche pubbliche (cioè la stragrande maggioranza delle biblioteche) facevano eccezione. Nel 2003 l’Ue decise che così non si poteva fare. Nel 2004 aprì un procedimento d’infrazione contro l’Italia e altri paesi che avevano fatto scelte simili. In Italia si fece la campagna Non pago di leggere.

    Non so a che punto stia la cosa oggi. Il Centro per il libro (che è un organismo della Presidenza del Consiglio dei ministri, se non sbaglio) è finanziato credo esclusivamente con i soldi provenienti dalle biblioteche, ma al momento non mi è chiaro il funzionamento del tutto. (Immagino che gli editori, per pudore, abbiano deciso di usare quei soldi per finanziare il Centro).

    Se qualcuno ci sa aggiornare, grazie.

  8. .mau. dice:

    A me una bibliotecaria aveva detto che i prestiti MLOL hanno un certo costo per la biblioteca, anche se non so a chi vanno quei soldi