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Comprare un Chromebook in Italia è quasi impossibile. Non si trova nelle catene della grande distribuzione, è sconosciuto nei negozi di informatica: anche online, con la sola eccezione di Amazon è pressoché irrintracciabile. E anche su Amazon le opzioni di acquisto sono poche, dentro una scelta di device non recentissimi. Io un mesetto fa ho comprato questo.

Da un certo punto di vista è strano: i Chromebook sono ben fatti, sono leggeri, molto economici, fanno pochissime cose ma quasi tutte quelle più importanti. Altrove sono considerati i computer perfetti per il settore dell’educazione. In USA le vendite vanno molto bene. In Europa molto meno. In Italia per niente. Così mia figlia ora è l’unica adolescente o quasi che in questo Paese utilizza un Chromebook. E questo è un po’ un peccato.

Chromebook ovviamente non usa Windows e questo per me è stato un punto importante per deciderne l’acquisto. È velocissimo, leggero, ha un’ottima batteria e una tastiera decente. Assomiglia vagamente a un macbook ma costa un quarto. Certo non ha praticamente spazio disco e funziona, di fatto, solo quando è connesso a Internet. Tuttavia personalmente (e credo mia figlia la pensi come me) buona parte delle attività interessanti da fare oggi con un computer sono in rete. Senza connetterlo a Internet qualsiasi computer anche il più costoso, si trasforma in un oggetto novecentesco.

Ovviamente utilizzando il sistema operativo dei Chromebook ( in pratica una versione agli steroidi del browser Chrome) devi accettare di vendere l’anima a Google e questo è il principale prezzo da pagare. Un prezzo certamente rilevante che attirerà critiche sacrosante dai moltissimi che, per solidi principi, non usano mai il motore di ricerca di Mountain View, non usano Gmail, Hangout, Drive né nessun altro dei servizi che Google ha sfornato in questo decennio. Se siete fra questi metto le mani avanti e vi dico che avete ragione, non prima però di avervi ricordato che di fatto, se non siete dei pasdaran della privacy con TOR sguainato ad ogni piè sospinto, l’invasione di Google dentro le vostre vite di rete è già oggi una realtà, anche se al posto di ChromeOS utilizzate Windows, Linux o Mac.

In ogni caso se vai a scuola e ti serve un computer per studiare, per rimanere in contatto con gli amici, per navigare o scrivere una mail, un Chromebook da 11 che pesa un chilogrammo e costa 250 euro è – al netto di ogni ragionevole cospirazione – una soluzione secondo me intelligente. I tablet, che nelle loro versioni più economiche hanno costi paragonabili, sono molto meno adatti alla produzione di testi o alla composizione di ricerche; sono molto meno macchine da produzione di senso e molto di più apparecchi per la fruizione di contenuti. Sono più gadget da divano che non oggetti da scrivania.

Eppure da noi la retorica del tablet che, forte del suo grande successo di vendita, è buono per qualsiasi cosa è difficile da scalfire ed assomiglia molto a quella che abbiamo subito in passato (e subiamo tutt’ora) sulla telefonia mobile nei suoi rapporti con l’accesso a Internet. Nonostante gli enormi danni creati dal progetto ebook del Ministro Profumo di qualche anno fa, sembra che non ci sia modo di imparare dai nostri errori. È controcorrente e potrà non piacere ai commercianti di nuvole ma molto delle cose interessanti che i nostri figli possono fare con Internet necessitano ancora di una tastiera fisica e di una connessione a larga banda sufficientemente stabile.

Le ragioni per cui simili computer non siano quasi in vendita in Italia sono misteriose. Ancora più misterioso il fatto che in un periodo in cui chiunque da noi ciancia di educazione e scuola digitale non esista un solo progetto fra quelli a mia conoscenza che preveda sperimentazioni scolastiche con terminali simili, mentre abbondano le iniziative ammiccanti dei giganti dell’hardware e del software come HP, Microsoft, Apple e Samsung per consegnare i propri pacchetti pronto uso al ricco mercato della scuola pubblica.

La scuola digitale che ci attende non potrà che essere una scuola laica, trasparente ai sistemi operativi, ma in ogni caso dovrà essere saldamente legata alla rete, facile e per tutti. A Google forse non sono dei geni, certamente sono invadenti, quasi monopolisti, godono di pessima stampa, pagano poche tasse e spesso le critiche che gli piombano in testa se le meritano tutte. Ma sono nati e cresciuti in rete ed hanno la visione della centralità di Internet che nessun altro ha. E questa visione è fondamentale per la crescita dei nostri figli. Poche cose, semplici, che funzionino bene, tutto il resto è on line. I Chromebook sono figli di questa filosofia: piattaforme ed oggetti che diano senso a Internet. Restiamo in trepidante attesa di qualcuno che sappia fare meglio.


21 commenti a “Chromebook, tablet e scuola digitale”

  1. Nicola (2) dice:

    Oltre al settore scolastico, secondo me l’adozione dei chromebook sarebbe utilissima presso quella fascia di utenti in età avanzata che dispongono di scarse o nulle competenze informatiche.

    A marzo scorso ho comprato un Chromebook dell’HP a mia madre, classe 1950, già utente (molto pasticciona) di Windows XP. Il passaggio da XP a Chrome OS è stato relativamente indolore e con il nuovo sistema operativo si sono risolti tutti quei drammi legati ad aggiornamenti (“Pronto, ciao, è uscito lo scudo giallo, cosa devo fare?”), sicurezza (“Pronto, ciao, è sparito Google, mi esce un sito porno”) e usabilità (“Pronto, ciao, come faccio a ..”).

    Il discorso “chromebook inutile se non connesso” non ha molto senso perché può essere esteso a qualsiasi macchina, tablet e smart per primi. Anche il confronto con i tablet è abbastanza inutile: si tratta di device che coprono esigenze differenti (mia madre per es. si era trovata malissimo con un Nexus 7 già soltanto per l’assenza della tastiera e il display troppo piccolo).

  2. massimo mantellini dice:

    @Nicola molto d’accordo

  3. Nicola (2) dice:

    Dimenticavo. Chromebook comprato in Francia. (14”, Celeron 1,4 GHz, 16GB di HD, 4GB di RAM). Pagato 312 Euro più spese di spedizione, più gli adesivi per modificare la tastiera francese.

    In Francia comunque vanno molto più che da noi (non che sia difficile visto che da noi sono pressoché introvabili).

  4. Luca Massaro dice:

    Concordo pienamente, anche in virtù delle criticità esposte nel “darsi” anima e core a Google. Tra poco, se arriverà sul mercato italiano, un’alternativa potrebbe essere questa.

    Tuttavia, anch’io sono favorevolissimo al Chromebook così com’è concepito.

    E, con un po’ d’impegno, si può anche riuscire a comprarlo (con tastiera qwerty e non azerty – sticazzo di francesi).

    Il mistero sul perché Google non voglia commercializzarli sul mercato italiano però resta. E, secondo me, è un mistero da risolvere. Forse tu ci puoi riuscire (sguinzagliando i fidi segugi di PuntoInformatico).

    Lo scorso agosto, ho scritto al supporto Google e mi hanno risposto così:

    «mi dispiace ma purtroppo nemmeno noi abbiamo questo tipo di informazione

    ancora i Chromebook non sono previsti sul mercato italiano mi dispiace ma purtroppo nemmeno noi abbiamo questo tipo di informazione».

  5. Roberto dice:

    Qualche mese fa ho fatto un acquisto abbastanza simile:un Asus transformer usato per meno di 250 euro, metti e togli la tastiera (tra l’altro con layout italiano con tanto di accenti eccetera) e passi in un attimo dal tablet al netboork {i pollici sono dieci). Pesicchia un po’ di più (un chilo e tre) ma è una versione un poco datata (due anni e siamo nell’archeo=tecnologia) e si può avere di meglio. Ma anche qui: quanti ne vedete in giro? La ragione fondamentale secondo me è quella accennata da Mante… Siamo più “ben visti” come fruitori di contenuti che come produttori di senso. E questo vale anche, e forse soprattutto, per i giovani (ovvero gli studenti)…

  6. luciano tolomei dice:

    Applausi a scena aperta.
    Io li ho messi addirittura in ufficio. Usavamo già google for Work, tutto il lavoro è nel cloud (da basecamp in giù).
    I costi per l’IT sono crollati e gli utenti sono contenti.
    Anche i fissi cominciano ad essere interessanti. Andate a vedere LG chromebase per esempio

  7. jan dice:

    Io ho seguito il percorso: sito chromebook > contatto dell’assistente area manager Google Cromebook for Education > contatto dell’area manager > contatto con il rivenditore italiano (Noovle); tutto piuttosto sollecito e lineare. Ora sto valutando il preventivo.

    Con l’associazione genitori sto progettando un’aula informatica per la nostra scuola (primaria), i Chromebook hanno un sistema di gestione centrale basato su Google Apps for Education che li rende assai intressanti visto che ci occuperemo anche della gestione e manutenzione.

    A parità di budget la soluzione Windows + Active Directory ha un costo di gestione per noi non sostenibile, l’unica reale alternativa sarebbero dei portatili ricondizionati donati da aziende, con Linux e puppet.

    I problemi di privacy sono reali e vanno considerati accuratamente in relazione all’uso dei pc (aula informatica vs. pc individuale), noi partiremo con un corso di Scratch che prevede comunque la creazione di account sul server del MIT, coinvolgiamo genitori avvocati su questo.

  8. Userunfriendly dice:

    Non avere windows è una qualità.
    Mentre vendere anima corpo e dati a Google è ‘solo’ un prezzo da pagare.

    La trovo una visione infelicemente distorta della realtà.
    Che nel 2014 si parli ancora di windows come del cattivo inutile e lento, sopratutto da persone che reputo intelligenti, mi fa cadere le braccia.
    Sopratutto se lo dicono camminando felici verso i walled gardens di Apple o di Google.

    Quando ti sei voluto togliere windows di torno hai potuto.
    Quando vorrai toglierti da Google non potrai.
    L’idea del chromebook in se è chiaramente geniale, vincolarsi ad un’azienda no, vivere in uno stato dove la copertura internet spesso è un’utopia ne limita per ora il potenziale.

  9. fabioP101 dice:

    Sono in sintonia con userunfriendly.
    Non sono disponibile a cedere i miei dati per un sistema operativo gratuito. Per questo c’è Linux.
    E voglio spendere qualche € in più per un vero computer.
    C’è bisogno di gente meno legata agli interessi e più rivolta al benessere sociale.

  10. Francesca dice:

    L’ho condiviso su facebook:
    https://www.facebook.com/groups/insegnantiduepuntozero/627495430711852

  11. Bruno Anastasi dice:

    da profano totale condivido comunque l’intervento di FabioP101, ma approfitto alla chetichella di questo post sul filo di lana (decisamente preferibile a quello su Gasparri) per fare tanti auguri di buon anno nuovo a Massimo Mantellini e a tutti i partecipanti a questo inestimabile spazio di informazione su temi sempre importantissimi … la passata stagione ci consegna qualche dato incoraggiante e alcune questioni irrisolte: un esempio per tutti, la nociva (per le nostre tasche) permanenza in rete di Unità, Padania ed Europa stempera un pochino l’incontenibile gioia per l’interruzione delle rispettive tirature cartacee … tre redazioni dismesse su decine di altre che ancora si abbuffano alle nostre spalle sono poca cosa, e tuttavia la tendenza lascia ben sperare anche per Repubblica, Corriere, Stampa, Giornale etc. … insomma, sognare non è proibito … davvero, buon 2015 a tutti

  12. nicola dice:

    Che il CB venga usato da utenti poco inclini alla tecnologia, passi.

    Ma che sia usato a scuola dove invece la tecnologia dovrebbe essere parte del bagaglio culturale da acquisire non me lo spiego.

    Oggi, sapere installare un sistema operativo, configurarlo ed avere i rudimenti di programmazione è il minimo indispensabile per non essere dei trogloditi del futuro, qualsiasi sia il percorso formativo, umanistico, scientifico, professionale. In età scolastica questi rudimenti vengono assorbiti senza molta difficoltà. Linux, con tutti i suoi pregi e i suoi difetti, è una palestra straordinaria per i ragazzi. Una palestra a costo zero che richiede risorse hw minime. Non usarla è solo follia.

  13. luciano tolomei dice:

    @nicola non condivido per niente il tuo post. È uno strumento di lavoro e basta; google for edu è un opportunità per le nostre povere scuole senza budget.
    Puoi navigare su qualsiasi sito o usare office 365 se vuoi, non te lo impedisce nessuno.
    I chromebook sono velocissimi per l’hardware che hanno, allo stesso prezzo non ci sono paragoni. Il sistema operativo gira su kernel linux, sul mio passo da chromeos a Ubuntu senza problemi e senza riavviare la macchina, cerca “crouton” per maggiori informazioni.
    Anche senza installare un linux intero hanno di default la shell e puoi aprire connessioni SSH.
    Ci puoi fare tutto quello che si può fare con html5+JavaScript. Tutto il resto conterà sempre meno nel prossimo futuro.

  14. giulio dice:

    Dall’ iPad Air al Chromebook. Promozione commerciale?
    Il chromebook non è nemmeno pensato ‘for edu’, guys .. in questo ambito c’è molta ‘edu fai da te’ ma le distribuzioni EDU sono altre, da Edubuntu a Fedora a Suse, basate su linux ed anni esperienze ed esperienze scolastiche
    e poi un sassolino nella scarpa me lo vorrei togliere: ‘l’etica del web’, la politica
    il monopolista webcentrico Google e i bambini .. l’Ipad del Premier e la schiavitù dei lavoratori cinesi.

  15. Atos dice:

    Un anno e mezzo fa ero ad una riunione commerciale Acer Italy e tra i pochi prodotti presentati (i produttori di pc sono alla canna del gas e confusi su cosa fare in futuro) c’era anche il CBook.
    Trovandolo interessante e sapendo dei buoni risultati di vendita in USA, ho chiesto ai resp comm di avere proposte per delle promo da fare in volantino (lavoro per la GDO) . Mai ricevute.
    Tra i pochi device presentati erano più orientati a piazzare gli smartphone (già vecchi prima di uscire).
    Non so perché ma confermo che non lo “spingono” come meriterebbe.

  16. Emanuele dice:

    Ma sua figlia lo sa che ha venduto l’anima a google?

  17. massimo mantellini dice:

    @Emanuele mia figlia è minorenne, ancora per un po’ decido io ;)

  18. Perché scegliere un Chromebook | Il blog di Antonio Spoto dice:

    […] Chromebook, tablet e scuola digitale […]

  19. Pedro dice:

    @mante secondo me stai invecchiando di brutto :) http://blog.pedrera.it/2015/01/non-ce-confronto.html

  20. Alessio dice:

    Nella mia scuola quest’anno abbiamo attivato il servizio Google for EDU e con l’aiuto di privati ci siamo dotati di 20 Chromebook per la didattica. Da settembre le comunicazioni interne passano solo via email e vengono “firmate” dai docenti attraverso un modulo online. Abbiamo formato il personale con risorse interne e con l’aiuto (a costo zero per la scuola) di partners privati. Abbiamo venduto l’anima a Google? Nei decenni passati ci siamo mai preoccupati se stessimo vendendo l’anima a Microsoft? I software proprietari hanno girato nei pc di tutte le scuole d’Italia. L’opensource e i sistemi linux non hanno mai sfondato, i servizi Google sono gratis e “light”.

  21. fabioP101 dice:

    Concedere i ns. dati senza nessuna responsabilità da parte di chi se li ritrova gratuitamente e può usufruirne, si spera solo in modo aggregato, è quanto definisce Alessio come “vendere l’anima al diavolo”.
    Non che Microsoft sia migliore sotto questo aspetto ma negli anni passati la questione non era ancora effettiva quanto oggi pertanto il confronto è impossibile.
    Peraltro il software di qualità costa ore di analisi e sviluppo e anche qui il confronto con l’open source non è possibile.
    Va bene non avere risorse ma avendo contezza che i ns. dati non sono più nostri e con un Chromebook possiamo usarli nei modi previsti oggi e domani chissà.
    PS quale è il tornaconto per i partners privati che Alessio cita quando parla di formazione?
    PPS in particolare a livello scolastico ed educativo ma in generale esorto tutti a non confondere un computer con un terminale quale è in definitiva un Chromebook.