Proviamo a guardarla da tutto un altro punto di vista. Molte delle contestazioni che autori, editori, giornalisti, amanti dell’oblio, fiscalisti di Stato, commercianti, lobbisti, linotipisti, paracadutisti e ufologi fanno a Google hanno buone ragioni – più o meno solide ma sempre buone ragioni – per essere discusse. Fanno parte del vasto pacchetto di temi legati al mondo cambiato da Internet che ci porteremo dietro anche nei prossimi anni. Temi leciti ed interessanti sui quali le posizioni della conservazione spesso non sono meno importanti di quella dei rivoluzionari digitali.

La faccenda Google News non rientra tra queste: non fa parte della contrapposizione sulla gestione dei diritti come in Google Books, non attiene alle falle della normativa fiscale europea che consente ad Adsense indecenti triangolazioni per eludere il fisco, non riguarda i temi antitrust legati alla prevalenza assoluta del ranking del motore di Mountain View, così come la quota ormai bulgara di raccolta pubblicitaria sul web; non c’entra, infine, con i temi di gestione della riservatezza così sciaguratamente affrontati dalla Corte Europea nel recente pronunciamento sul diritto all’oblio.

Niente di tutto questo: la faccenda Google News è una semplice pericolosa porcheria senza scusanti.

Quando Google aprì il proprio aggregatore nel 2002 fece una cosa intelligente. Non ci mise la pubblicità e da allora non c’è mai stata. Google News è un servizio gratuito, così che nessun editore dovrebbe poter dire che i propri contenuti siano utilizzati da Google per rubare soldi alle imprese editoriali. Eppure questo è stato affermato spesso. Google News è solo una lunga una lista di link con mezza riga di spiegazione.

A Google News è inoltre possibile sfuggire molto semplicemente. Si può chiedere a Google di non indicizzare i propri articoli (che, va ricordato, sono contenuti liberamente disponibili in rete), oppure si può, ancora più radicalmente, evitare che i propri articoli siano indicizzati dal motore aggiungendo una riga di codice alle proprie pagine. Tutto molto semplice e alla portata di tutti.
Google News, come è evidente, è un semplice canale di accesso ai contenuti editoriali che gli editori mettono in rete nella speranza che qualcuno li legga, quindi fare causa a Google News – sport molto praticato in Europa in questi ultimi anni – è un po’ come spegnere il server del proprio giornale per un paio di ore al giorno quando si esce a fare la spesa.

Nonostante questo la battaglia su Google News è viva e vegeta, contro ogni intelligenza, per due ragioni molto evidenti. La prima è che come nelle guerre mondiali nessuno alla fine sembra essere innocente. Gli editori attaccano Google News per attaccare Google: sparano alla bandiera, in un misto di invidia, inadeguatezza, irritazione, impotenza, depressione che in buona parte attengono alla crisi del business editoriale e alla ricerca di un colpevole più che ai temi in discussione.

La seconda ragione, quella fondamentale, quella per la quale l’attacco a Google News è una porcheria ributtante è che attaccare gli estratti, le citazioni, i link, trovando magari un giudice stupido che ti dà ragione come è accaduto in Spagna, è un attacco frontale non solo a Google ma anche all’architettura di rete e ai diritti dei cittadini. È un attacco proditorio e insensato modello bambino-acqua sporca, perché tutte le normative sul diritto d’autore proteggono il diritto di chiunque di estrarre un titolo o due righe da un testo per citarle ad altri, sia che questi siano liberamente disponibili sia che siano protetti da un paywall ad accesso milionario. E questo, per fortuna, da prima di Internet. Ed è un attacco al cuore stesso della rete perché coinvolge il diritto di collegare i propri scritti ed i propri pensieri in rete a quelli di qualcun altro senza dover chiedere permesso.

Da quando esiste Internet ogni tanto qualcuno prova a rendersi ridicolo invocando il proprio diritto a non essere linkato senza preventiva autorizzazione o, come nella variante iberica del delirio editoriale, previo pagamento di una somma per la citazione di due righe del prezioso testo: se rimaniamo dentro il microcosmo del contenzioso editoriale la faccenda la si potrebbe ricondurre al comparto psichiatrico delle liti temerarie. Ma così non è: la difesa strenua e a prescindere dei diritti editoriali nel caso di Google News mette in pericolo – seppur in maniera caricaturale – l’essenza stessa della libera espressione dei pensiero e la logica stessa della condivisione delle informazioni in rete. Per questa semplice ragione l’attacco a Google news è una porcheria senza scusanti.

p.s. e la richiesta di queste ore dell’Associazione degli editori spagnoli di impedire la chusura di Google News dopo che gli stessi hanno ispirato la legge che obbliga Google a pagare per i link, chiarisce meglio di qualsiasi ragionamento l’impazzimento dietro a simili scelte.

14 commenti a “Le porcherie contro Google News”

  1. Massimo dice:

    Dopo che vedranno dimezzato il numero di utenti sui loro sito, cosa faranno? Perché non chiuderli del tutto?

  2. Luca Massaro dice:

    Hai arciragione.
    Il nefasto potere giuridico anti-google (meglio: anti-internet) trova le sue ragioni e le sue opportunità in codici (civili) nati ben prima di Google (e forse di internet); perciò sarebbe opportuno – a livello europeo – un radicale intervento legislativo sulla materia. Ma quanto interesse hanno i legislatori attuali affinché ci sia una nuova disciplina al riguardo? E soprattutto: avranno essi una alfabetizzazione minima per comprendere quel che internet è o dovrebbe essere? Nel caso, tu e Guido Scorza potreste dar loro dei corsi.

  3. .mau. dice:

    «“Of course they are free to close their business, but one thing is the closure of Google News and quite another the positioning in the general index.”» Non ho ben capito rispetto a cosa Google abbasserebbe i risultati della ricerca, se chiude Google News.

  4. Massimo dice:

    @mau: E’ che gli editori pensano di poter far chiudere Google News ma di poter continuare a comparire nei risultati del motore di ricerca come e quanto prima. Cosa che magari succederà, e magari invece no. Non hanno “diritto” a uscire nella ricerca organica quanto escono adesso…

  5. links 13/12/2014 | Simone Weil dice:

    […] L’attacco senza ragione a Google News (via Manteblog) […]

  6. Paolo d.a. dice:

    Se Google minacciasse di chiudere del tutto le proprie attività spagnole non oso pensare quanta parte del PIL sarebbe a rischio. Forse dovrebbero minacciare di farlo, chissà che la musica non cambi e il governo non corra ai ripari.

  7. .mau. dice:

    @Massimo: il punto è che anche se i giornali non comparissero più nei risultati dei motori di ricerca (o ci finissero in basso), se Google lo fa per tutti i siti spagnoli allo stesso modo il risultato *relativo* non cambia. Certo, i siti di news ispanofoni ma non ispanici sarebbero favoriti, ma non so quanti spagnoli siano interessati alle notizie viste da Colombia, Argentina o Messico.
    Da questo punto di vista, il giro tedesco con AxlSpringer che aveva deciso unilateralmente di non apparire era molto più pernicioso.

  8. nicola dice:

    Io sono fiducioso. Appena vedranno il portafoglio vuoto ci ripenseranno. Come in Germania. Altrimenti vuol dire che quei giornali non erano un gran che. Perdita minima, culturalmente parlando.

    Ne nasceranno altri più lungimiranti…

  9. Bruno Anastasi dice:

    buongiorno, entro nella discussione dall’ingresso laterale, con un interrogativo da poveruomo della strada, che pongo a me stesso ogni volta che leggo dello strapotere di Google (o di FaceBook): come mai ancora non si vede neanche all’orizzonte un antagonista credibile di Google, inteso soprattutto come motore di ricerca? cioè, mi pareva che la regola di Internet fosse il continuo, regolare, periodico avvicendarsi di nuove presenze dominanti nei vari settori (browser, download, social, motori etc.), con un nuovo protagonista più simpatico ed efficiente che soppiantava quello vecchio quando questi fosse divenuto ingombrante o, semplicemente, sgradito alla maggioranza degli utenti (a tutto vantaggio di costoro); da qualche anno, al contrario, pare che Google e FaceBook siano sempre più insostituibili; chiedo lumi a esperti e conoscitori della Rete: sono fatti troppo bene o prima poi (magari entro due o tre anni) comunque qualcuno li scalzerà?

  10. Visto nel Web – 161 | Ok, panico dice:

    […] Google news chiude per divieto di link: la Spagna rinuncia al web e alla libertà di espressione ::: Wired ::: Twitter ::: web news ::: la Stampa ::: Luca De Biase ::: Ars Technica ::: Twitter ::: techdirt ::: manteblog […]

  11. Te la do io l’informazione | webeconoscenza dice:

    […] mio ragionamento non tende a dar ragione al legislatore spagnolo. Su questo argomento la penso come Mante: ‘Da quando esiste Internet ogni tanto qualcuno prova a rendersi ridicolo invocando il […]

  12. Gianluigi dice:

    Visto il comunicato della AEDE possiamo tranquillamente affermare: alla AEDE sono tutti scemi. Scusate la brutta parola ma non trovo nulla di meglio.

  13. Te la do io l'informazione: perche' Google News non ci serve ‹ Pionero dice:

    […] ragionamento non tende a dar ragione al legislatore spagnolo. Su questo argomento la penso come Mante: “Da quando esiste Internet ogni tanto qualcuno prova a rendersi ridicolo invocando il […]

  14. Le porcherie contro Google News | Bicycle Mind dice:

    […] Le porcherie contro Google News […]