Serve all’Italia un Ministro dell’Innovazione (o dell’Agenda Digitale)? Non lo so, davvero non so rispondere, direi di no ma magari mi sbaglio. Serve un sottosegretario all’Innovazione? Di nuovo, davvero, direi di no, ma anche qui forse mi sbaglio.

Ora che il governo ha spazzato il campo ai nostri dubbi e nell’attesa che Matteo Renzi si inventi qualche fuoco artificiale al riguardo, ci sono alcune cose semplici che forse si potrebbero dire al riguardo dell’annoso tema dei rapporti fra politica e innovazione in Italia.

Intanto una prima cosa: le caselle di rappresentanza non servono. Non serve un Ministro né un sottosegretario al digitale se la loro è una funzione simbolica o poco più (serve a dare un segnale dicono gli ottimisti). E aggiungo che, a queste condizioni, non serve nemmeno l’usuale task force di esperti digitali. Ministro, sottosegretario e consulenti vari sono un patrimonio mediatico di buona volontà e competenze che si esaurisce in fretta. Francesco Boccia resta. Un Ministro dell’Innovazione senza un governo che voglia innovare suggerisce una scappatoia estetica ad un problema che invece è gigantesco e del tutto sottovalutato. La sottovalutazione è il problema, non che ci sia un Ministro che ce la fa notare. Non si può buttare la croce dell’innovazione sulle spalle di qualcuno disinteressandosi di tutto il resto intorno. E questo per una semplice ragione che abbiamo già molte volte sperimentato: perché il resto intorno alla fine prevarrà.

L’esperienza del governo Letta al riguardo è stata istruttiva. Ad occuparsi dell’Agenda Digitale sono stati chiamati esperti e consulenti (quasi sempre scelti fra i migliori sulla piazza, persone capaci che hanno lavorato gratis); in testa ad uno di questi è stato calato il cappello di Mister Agenda Digitale (una definizione sfortunata che a me ha sempre ricordato Mister Muscolo). Tutto questo agitarsi, insieme ad un paio di conferenze stampa utili a Letta per pavoneggiarsi e ad un documento pieno di cose già a tutti perfettamente note sulla banda larga in Italia (però scritto in inglese), è stato gran parte del risultato digitale ottenuto. Il governo Monti in un periodo più lungo aveva prodotto qualcosa di simile con la sua idea della “cabina di regia” (un luogo curioso nel quale Ministri diversi bisticciavano privatamente fra loro su chi dovesse rendere l’Italia un paese moderno). In entrambi i casi il processo logico era il medesimo. Argomento oscuro, chiamiamo gli esperti ma poi, alla fine, decidiamo noi. Solo che l’argomento non era oscuro, erano Monti e Letta ad essere ideologicamente vecchi.

A riprova della grande inutilità della chiamata alle armi delle migliori menti digitali della nazione per ragioni estetiche va detto che il breve governo Letta si è distinto per un numero molto vistoso di provvedimenti contro il digitale (dalla webtax di Boccia al regolamento di Agcom sul copyright, al tiraemolla sui libri digitali). Il governo meno digitale degli ultimi anni è stato insomma quello che aveva arruolato il maggior numero di esperti digitali.

Ora Matteo Renzi è in un guaio se possibile anche più grosso. Ha scelto di non avere un Ministro né un sottosegretario all’Innovazione. Solo che Renzi non è Monti e non è Letta: non è, sempre digitalmente parlando, abbastanza vecchio. E l’idea che rimane sul tavolo ora, quella che il Premier chiami a sé le deleghe per il digitale, quasi a smentire l’enorme delusione che in molti sottolineano in queste ore, non sembra davvero una strada praticabile. Perché intestarsi mille battaglie, in politica come altrove, è come non intestarsene nessuna. Ed in ogni caso la selva oscura degli incolti digitali attorno al Premier resta la medesima dei governi precedenti. Costoro, prima o poi, saranno pronti a mordere i polpacci con le solite stupidaggini da repubblica digitale delle banane (cercatevi al riguardo una intervista piuttosto disastrosa del neo Ministro dell’Istruzione Giannini al Corriere della Sera sul tema complicato delle tecnologie a scuola).

E allora? Cosa si può fare? Secondo me ora, ormai, nulla. Del resto la traiettoria possibile era fin dall’inizio una sola e, in questo Paese ed in questo Parlamento, del tutto folle. L’unica possibilità era – guarda un po’ – cambiare verso. Fin dall’inizio. Fare un governo digitale nell’unica maniera possibile oggi: prendendo le persone migliori fra quelle che parlano il linguaggio dell’innovazione, che pure in Parlamento e nei pressi esistono, mettendole dentro le stanze dei bottoni con convinzione. Non i bottoni digitali, che per la gran parte nemmeno esistono, ma di quelli dei Ministeri chiave, all’Economia, allo Sviluppo, all’Istruzione, alla Cultura. Sarebbe stato questo un Cencelli impossibile, dove il bilancino avrebbe misurato l’attitudine dei membri del Governo ad essere protagonisti del cambiamento digitale e non la loro appartenza ideologica. Non sarebbe stato nemmeno troppo complicato, i nomi delle persone adatte sono pochi e ben conosciuti: chi si occupa di questi temi li conosce perfettamente. E li conosce del resto anche Matteo Renzi.

Non c’era altra strada. Non è stata percorsa, era complicato, forse impossibile, lo capisco. Ora però sarebbe bello che almeno nelle prossime settimane ci venisse risparmiata la retorica comitatologica sui grandi progetti del Governo per l’Innovazione e la sceneggiata degli esperti digitali chiamati a salvare un Paese che, del resto, a scanso di equivoci, non vuole essere salvato.

10 commenti a “Matteo Renzi ed i salvati”

  1. Agenda digitale: una poltrona vuota ed il futuro che resta lontano – Avvocato del Diavolo - Blog - L’Espresso dice:

    […] ha ragione Massimo Mantellini quando scrive che fatto il Governo, ormai, il dado è tratto ed è difficile sperare in una rivoluzione digitale […]

  2. frank dice:

    ‘Contro il digitale’ non è una prova di inutilità, ma un atto volontario, pianificato e imposto per legge. Non è la stessa cosa, è un abuso di posizione dominante dato dal controllo del medium televisivo da parte di una forma partito onnipotente e incostituzionale. Quindi non sono ‘ideologicamente vecchi’ ma ideologicamente diversi, e questo dovrebbe scandalizzare profondamente chi scendeva in piazza contro i metodi del governo Berlusconi. Grillo non è quindi la causa ma la cartina di tornasole: ha costretto le parole a venire ai fatti e ad uscire allo scoperto: la propaganda procede militarizzata da una parte e l’azione di governo procede militarizzata dall’altra parte. Una chiarezza non per gentile concessione, ma per costrizione.

    Quel che conta è soprattutto il risultato, ma anche il metodo (la loggia massonica P2 sta per Propaganda 2), quindi continuo a non capire: io voto un partito che credo alternativo ma che per anni fa esattamente il contrario, quindi lo critico, quindi lo rivoto (?), e poi spero in Dio (?) e poi critico in attesa di rivotarlo… Fino a quando il governo non ha più nemmeno bisogno del mio voto e della democrazia: Monti (“impopolarità” come metodo), poi Letta, esiste indipendentemente dalle ideologie e dalle ‘primarie’, si autoproclama e autolegittima, continua a controllare il media di massa e l’interpretazione dell’informazione. Il potere per il potere. Questo totalitarismo era stato già preannunciato da diversi intellettuali tra cui Orwell, Pasolini, pensatori ideologicamente diversi.

    Abbiamo visto come hanno amministrato Telecom: abbiamo ancora dei dubbi sul digitale? Era un asset strategico, un’eccellenza e una perfetta internazionalizzazione: come distruggere la meritocrazia.

  3. diamonds dice:

    si esci dall’equivoco Beppe. Questo paese non vuole essere salvato

    http://www.youtube.com/watch?v=knFO1_OSl3g

  4. Pier Luigi Tolardo dice:

    Il Ministero per l’Innovazione fu un’invenzione di Silvio Berlusconi che vi chiamò l’ex Ad di Ibm Europa Stanca, Berlusconi come genio del marketing non ha eguali, poi gli altri non hanno voluto essere meno e invece Renzi ha fatto bene a farne a meno…D’altra parte le competenze reali per il digitale sono sparse principalmente nello Sviluppo Economico e nelle Comunicazioni che dipende sempre dallo sviluppo Economico, non si vede perchè avrebbe dovuto esserci un altro ministero, oltretutto dopo la creazione di un’Agenzia ad hoc per il digitale. In più ci sono le Regioni tutte competenti e tutte impegnate a farsi una propria rete(e forse è una fortuna) senza però coordinarsi troppo(e questo è un problema..)….Le persone che ha messo nei dicasteri chiave: tipo la Guidi allo Sviluppo Economico, Franceschini alla Cultura, Giannini all’Istruzione mi piacciono poco però non posso dire che non siano persone competenti, anche esperte, con un curriculum degno, il problema come sempre sarà di volontà politica e di risorse, di volontà a trovarle ovviamente…

  5. Bruno Anastasi dice:

    editoriale magnifico, anche se molto deprimente, e comunque condivido tutto … grazie anche per le parole dedicate nei giorni scorsi a Giancarlo Livraghi e Aaron Swartz … se mi posso permettere, anche se non c’entra nulla (a parte il fatto che si tratta di una perdita grave e prematura), vorrei indirizzare un saluto di addio e un segno di riconoscenza all’immenso Francesco Di Giacomo … grande cupezza …

  6. Ma allora come fanno in Danimarca? | Daniele Tatti dice:

    […] all’agenda digitale che emerge tra gli altri dai puntuali e appassionati post di Massimo Mantellini, Alfonso Fuggetta e Guido Scorza. Voglio precisare che osservo ciò che si fa e ciò che non si […]

  7. Matteo Renzi ed i salvati | Toni Mola dice:

    […] See on http://www.mantellini.it […]

  8. Alla scoperta della filosofia | Massimo Troisi | Renzi e l'innovazione | Giochi d'infanzia e lavoro futuro | Perché gli idioti sono più ricchi | Come lavorare a Google | I Signori delle Mosche dice:

    […] Matteo Renzi ed i salvati […]

  9. la situazione di internet in italia | Simone Weil dice:

    […] situazione di internet, della rete, dell’innovazione in Italia? E’ tutta riassunta in questo post e in questo di Massimo Mantellini. E non è […]

  10. Da dove si comincia? | Multifinder dice:

    […] articolo recente di Massimo Mantellini mi ha fatto riflettere di nuovo sul tema della tecnologia, e, più in […]