In Italia, paese a basso tasso telematico e alto tasso di trombonismo pubblico, è come se esistessero due Internet differenti. Quella normale, patrimonio di una tutto sommato ristretta fascia di utenti che hanno imparato a conoscerla utilizzandola e che ne comprendono limiti e potenzialità, e quella percepita, che gruppi sempre più ampi di cittadini immaginano e ci spiegano dopo averla osservata nel corso di un passaggio più che superficiale.

L’ internet percepita e dei pregiudizi è figlia di molte madri differenti che potremmo elencare a lungo. Ma più che indagare queste per la milionesima volta forse è utile provare a spiegare perché la Internet percepita descritta in questi giorni da scranni più o meno alti della piramide gerarchica del Paese, è una Internet di comodo, una allucinazione della superficialità.

Prendiamo Twitter, l’ultima moda delle celebrità nazionali. Da settimane è un profluvio di giudizi e prese di posizione sulla sua capacità di trasformarsi in veicolo di minacce, offese, attacchi personali, spesso intentati vigliaccamente da profili anonimi (ah l’anonimato e i suoi gravi rischi, un altro dei luoghi comuni usuali della Internet percepita). Il caso di Enrico Mentana che minaccia di abbandonare Twitter stufo degli attacchi da parte di anonimi codardi e che scatena mille commenti sui giornali ne è un ottimo esempio.

Ora io non pretendo che Mentana o PG Battista (che ne ha scritto sul Corriere) capiscano ma la Internet normale (non quella percepita) si basa su due principi fondamentali: tolleranza e filtro. Internet educa chi la frequenta a tollerare gli imbecilli e ci fornisce gli strumenti per filtrare i contenuti che ci interessano (compresi gli imbecilli). Nella Internet percepita di Mentana e Battista Twitter è un’autostrada a 4 corsie nella quale, per la miseria, qualcuno improvvisamente si accorge che attraversare la carreggiata a piedi conducendo la carrozzina con due gemelli è una scelta sconsigliabile. Possiamo considerare tutto questo un vile attacco alla libertà dell’individuo o anche un insulto alla democrazia, perpetrato da migliaia di automobilisti anonimi? Possiamo dedurne che gli automobilisti potrebbero rallentare e fermarsi per farci attraversare l’autostrada? Nell’eldorado della Internet percepita forse sì, su qualsiasi altra autostrada normale no. Detto in altre parole: esistono dei codici, occorre adottarli.

In particolare i social network, che sono pezzi di Internet molto evoluta e che hanno imparato molto dalle dinamiche di rete sociale negli ultimi 15 anni, prevedono, anzi sono costruiti, pensando a questa idea di rete tollerante e filtrabile. Su Facebook Enrico Mentana può accettare solo i propri intimi amici, su Twitter può lucchettare il profilo o usare le liste e leggere solo le persone che gli piacciano o anche, sembra incredibile, bloccare gli imbecilli. Esiste perfino un tasto apposito. Gli interessa tutto questo? Ha tempo da dedicare a tutto questo? Non so, non mi pare. Nella sua testa è probabile che Internet dovrebbe adattarsi a lui, comprenderne ruolo ed intelligenza, sensibilità e diritti. Il serpentone autostradale, figura stupida per definizione, dovrebbe civilmente fermarsi per permettergli di attraversare la strada.

Dire che tutto questo semplicemente non esiste è una tautologia, quello che possiamo spiegare è che nella Internet reale esistono caselli di entrata all’autostrada, mezzi che possono accedere e altri no, limiti di velocità, sanzioni, codici di comportamento. I codici di comportamento, specialmente sono importanti.

Le barriere di ingresso sono comunque modestissime e questo è un bene, per via di quell’idea di intrinseca tolleranza che sostanzia il network e che lo ha reso grande e diversissimo da tutto il resto intorno. Chi non ne percepisce il valore può anche criticarlo aspramente (negli anni si è creata una sorta di professione al riguardo) o sbattere la porta ed andarsene come accade sovente in questi giorni, ma per favore non ci faccia la morale su questioni che evidentemente non ha troppo compreso.

28 commenti a “Mentana e le autostrade percepite”

  1. Carolus dice:

    La cosa buona di Twitter, dei “social network” e di Internet in generale è la sostituibilità. Per un Mentana che va via stizzito, e forse avrebbe voluto portarsi via anche il pallone, ce ne sono altri che entrano e che potrebbero avere cose più interessanti da dire (o che semplicemente hanno capito meglio come funziona Internet).

  2. /plb dice:

    Bel pezzo, Mantellini.
    Mi è piaciuto.

  3. Claudio dice:

    Andarsene dai Social Network è come dare le spalle al campo durante una partita, ridicolo.

  4. Antonio Radici dice:

    Giusto una nota riguardo l’anonimato: ma per Mentana, PigiB etc essere anonimi consiste nel non avere un profilo con nome e cognome (che possono essere inventati) o con eventuale foto (idem)?

    Su Internet l’IP garantisce, nella maggior parte dei casi, che l’anonimato non esista; ancor piu’ dei meccanismi di “autenticazione” presenti nella vita reale.

    La vera domanda quindi e’: sanno di cosa parlano?

  5. Daniele Spagli dice:

    Però equivale a chiudere gli occhi, facendo finta di non vedere quelli che sfrecciano a 350 all’ora ed incrociando le dita.
    Certo, fa bene alla propria salute mentale, ma non ti premunisce dal rischio di essere steso da un imbecille.
    Ma diciamoci anche la verità… che senso ha rinchiudersi in un recinto tra gente che ti fa piacere frequentare e che la pensa più o meno come te? O nell’usare uno strumento bidirezionale in maniera unidirezionale o dove rispondi solo a domande comode?
    E’ la realtà delle cose, mi dirai… Non può funzionare che così quando c’è un così ampio squilibrio numerico… non ci può essere un colloquio paritario tra 300.000 e 1. Insomma, non c’è altro modo che rinchiuderci nei nostri palazzi.
    Può anche essere vero… ma poi non è che possiamo incazzarci più di tanto con i nostri politici chiamandoli casta chiusa dentro i palazzi.
    Oppure, più semplicemente, è del tutto lecito incazzarsi con un’imbecillità dilagante così come è lecito incazzarsi dell’autorefenzialità della nostra classe dirigente.
    E allora se ci fanno notare che ci sono un po troppo imbecilli in giro, non sarà troppo semplicistico dire “è la vita, è normale che sia così” ?

  6. Daniele Spagli dice:

    E poi visto che ci stiamo inalberando per la bufala dell’anonimato su internet… c’è anche la bufala che su internet siamo più tutelati.
    E’ vero, è possibile, con spreco di risorse, andare a beccare l’account che ha fatto una minaccia, ma è anche altrettanto vero che poi ci sono dei limiti nella punibilità del titolare dell’account, perché qualcun altro può essersi impadronito dei dati di accesso di quell’account o può aver usato temporaneamente il telefonino o il terminale dal quale è partita la minaccia… e allora, dopo aver speso tempo e risorse per trovare da dove è partita la minaccia, non puoi condannare nessuno per quel reato perché non c’è nessuna prova che chi ha scritto le minacce sia poi effettivamente il proprietario dell’account.
    Quindi smettiamola comunque di ritenere la tracciabilità degli IP come la soluzione a tutti i mali.

  7. Antonio Radici dice:

    Daniele, non sono un esperto di diritto; la mia intenzione era semplicemente far notare che un nome e cognome su un profilo twitter sono equivalenti a un nickname.

    Nota a margine: ai tempi, nell’era pre-Internet, le offese fatte su altri mezzi di comunicazione, come il telefono, venivano immediatamente punite, come capito’ a Maurizio Mosca: https://www.youtube.com/watch?v=Z4idsjf1tSI

  8. Maury dice:

    Come non condividere quello che scrive Mante? Questo è uno dei pochi commenti seri e ragionati che ho letto sulla vicenda di Mentana. Penso che molti utilizzatori della rete ci siano solo perchè “fa moda” e non si rendono conto che lo “stare su internet” comporta anche del lavoro di filtro, tempo e conoscenza del mezzo che molti non accettano e pensano invece che la rete si debba adattare a loro.

  9. Pinellus dice:

    Poi, scusate, se uno in Italia vuole serenità e tranquillità sul social network, tipo provincia di Pordenone, ma che si iscrivessero su G+ (cribbio!) :-)

  10. ArgiaSbolenfi dice:

    @daniele, concordo e aggiungo che l’uso di TOR è ormai alla portata di molti
    Quindi bisognerebbe cominciare a ridimensionare la tesi molto in voga da queste parti per cui non si sfugge alle proprie responsabilità su internet

  11. Antonio Radici dice:

    Che uno accenda TOR per insultare Mentana mi sembra quantomeno esagerato…

  12. Mike dice:

    twitter è la versione internet della CB degli anni 70, in cui molte persone chiacchieravano, c’erano i porta tarì e quelli che mettevano le cassette di faccetta nera, la gente dopo un po’ se ne faceva una ragione e passava avanti. Pensare di fare una radio privata sulla “27” era una cosa a cui nessuno pensava, anche perché sarebbe stata ricoperta dai porta tarì e dagli sblateri. Al massimo la radio pirata che trasmetteva musica punk tutto i
    giorno la si faceva a 26 MHz, o come tutti in banda FM…

  13. eligio de marinis dice:

    Il problema è che il social network, che di fatto è una piazza molto meno virtuale di quanto sembri, è percepito spesso o come un pulpito che non ammette repliche o come la cameretta dei pensierini privati che nessuno ha il diritto di contestare. Nel primo caso il delirio narcisistico dell’utente rischia derive incontrollate, e il caso di Mentana è li a dimostrarlo, ma il secondo ha profili di infantilismo assolutamente preoccupanti: gli alunni della mia scuola, beccati dal sottoscritto ad infamare alcuni di noi docenti su Spotted, si sono difesi dicendo che eravamo noi ad intrometterci nel loro libero spazio di espressione PRIVATO, dove infamare gli altri non è peccato. È chiaro che, capricci di Mentana a parte, dobbiamo promuovere campagne di sensibilizzazione a tappeto, sennò davvero rischiamo il Far West. (ok, adesso sparate pure sulla categoria…)

  14. Dino Sani dice:

    Questo é il Mantellini che mi piace, lucido e accalorato. Un possibile ministro del digitale di un governo Rodotà…
    Una domanda: é casuale questo attacco alle (presunte) libertá del web dopo che otto milioni e mezzo di italiani hanno scelto di non votare i partiti e non hanno scelto di non votare, anche e soprattutto grazie alle comunicazioni nella rete?
    Indipendentemente dagli errori di Grillo e del M5S é evidente chi è cosa oggi da fastidio alla nobiltà di Versailles all’italiana.
    Caro Mantellini, come mai ho il sospetto che non sia il tuo amato (ancora?) Matteo Renzi ?

  15. Vip in Tweet | Cepetos Blog dice:

    […] Via: Manteblog […]

  16. Ateix dice:

    Articolo illuminante. Il vero problema è la crassa ignoranza trasversalmente diffusa tra i nostri politici ( vedi caso Boldrini ) e giornalisti ( vedi caso Mentana ) riguardo i temi delle nuove tecnologie.

  17. Questo socialcoso non è un albergo | Fabrizio Ulisse Blog dice:

    […] prescindere dalle questioni di diritto della rete, su cui altri si sono espressi molto meglio di come potrei far io, provo ad aggiungere qualche riflessione […]

  18. Mentana abbandona TwitterPionero dice:

    […] fra due culture, fra due luoghi e due tempi, fra due modi di intendere la rete. Come scrive oggi Mantellini: ‘In Italia, paese a basso tasso telematico e alto tasso di trombonismo pubblico, […]

  19. Palmiro dice:

    http://video.repubblica.it/politica/mentana-no-censure-ma-su-twitter-servono-regole/128100/126601

    Tra Saviano, Fazio, Mentana e Mantellini, chi seguo? Gli intellettuali della sinistra mi disorientano, e io non riesco a capire qual è la via vera e giusta.
    Se fossi un intellettuale, pontificherei anch’io qualcosa su questo argomento, ma sono solo una pecora addomesticata cui piace guardare Fazio, bearmi con le parole dei suoi invitati, adorare Saviano e ovviamente leggere Mantellini. Posso belare dietro a tutti e quattro?

  20. manfredo alcini dice:

    Condivido i commenti di Daniele Spagli.
    C’è una dimensione “sfinterica” di quanto passa sulla rete francamente impressionante, ben superiore a quello che avviene nella vita reale. Quando ho avuto discussioni anche tese con persone che erano di fronte a me (quindi a distanza di ceffone!) stranamente i toni si ridimensionavano, rispetto ad analoghe discussioni sulla rete. E alla fine ci si poteva anche capire di più. Quindi non illudiamoci il problema esiste; come pure i limiti (evidenti) del mezzo.

  21. Visto nel Web – 78 | Ok, panico dice:

    […] Mentana e le autostrade percepite ::: manteblog […]

  22. Twitter: servono nuove regole? No, abbiamo bisogno di cultura digitale | Valigia Blu dice:

    […] stanno parlando molto spesso è la loro Timeline, non l’universo mondo” C’è un Internet percepita («una Internet di comodo, una allucinazione della superficialità») e una Internet normale […]

  23. inox dice:

    Sul fatto che in rete l’IP non certifichi necessariamente l’identità, e quindi non sia facile risalire a chi ti minaccia, sarà lavoro della polizia investigare in merito; lo facevano anche prima che inventassero internet e twitter.
    Se tramite l’IP e le indagini si arriverà a un centro sociale o a una sede di casapound (o altro simile che non conosco) e lo si valuterà interessante e compatibile con il caso lo si “attenzionerà” come si diceva una volta.
    Si valuterà la pericolosità della minaccia, che è sempre reale (nel senso non fatto di bit), in base alla vittima e le circostanze; si scremerà l’insulto e le minacce sfogo dell’ignorante come rumore di fondo e si procederà ad analizzare la pericolosità delle persone o dell’area coinvolta.
    O si intende che con twitter negli anni ’70 ci sarebbero stati il doppio (di più?) di terroristi?
    Non è che a essere urtata è la sensibilità personale? “Questi mi offendono e minacciano” solo perché li sentiamo; e quelli che nei bar di periferia dicono le stesse cose (o peggio) e non li sentiamo? Chiudiamo anche quelli! Notate che ho già un indirizzo, il bar sotto casa ;)
    Manfredo scrive che in una discussione, anche accesa, i toni si ridimensionano; ma questo non vuole dire che molto di quello che si legge è “aria fritta”, sfogo di una persona repressa, e che quindi nella sua leggerezza di bit va “filtrata”? Riportata nel mondo vero si sgonfia?
    Si potrà sostenere che tra tutto quell’astio si concima qualcosa che prima o poi emergerà, ma quelle persone astiose non esistono anche senza la rete? E quelle situazioni di disagio e ignoranza non rimangono esplosive (o di più) quando noi non le percepiamo?

  24. truman dice:

    Ma stiamo parlando di insulti o di opinioni scomode, di richieste di chiarimento che spesso mettono in difficoltà l’interlocutore? : il giornalista, il politico, l’intellettuale, insomma tutta quella congerie che fa di twitter un posto per eletti fighetti, convinti di fare tendenza e di produrre chissà quale pensiero originale e insostituibile, esattamente come pensano di produrne sul loro spazio cartaceo o televisivo. I giornalisti e tutti gli altri se la prendono perché sul loro giornale o nel loro spazio sono padroni incontrastati (al limite è tutto interno alla dialettica delle redazioni o dei direttivi politici) e non ammettono che qualcuno possa sbattergli in faccia finalmente la loro miserevole condizione di pensatori banali o peggio: contigui al potere di questo Paese, spesso non da oggi. Poi ovviamente si prende a pretesto il troll o l’indifferenziato turpiloquente, ma è appunto un pretesto. Alla base, a mio avviso, e lo dico per esperienza diretta, c’è un problema di lesa maestà, dunque di potere. Il flusso delle opinioni sui SN, al netto dei cosiddetti insulti, mette in crisi il chiacchiericcio (magari vi si sovrappone pure, dipende) dei media, degli uffici stampa e delle linee politiche, impedendogli di fabbricare quel senso funzionale alla loro visione della realtà e agli interessi costituiti. I frequentatori dei SN, producendo opinioni e stando col fiato sul collo di chi anima informazione e politica, ricordano loro di esistere e che non se ne libereranno facilmente. Non più target o elettorato o consumatore: è la Rete, bellezza! :-)

  25. Del nonnismo digitale — Congetture dice:

    […] digitale che non lo tutela. Da allora in rete si sta diffondendo una serie di commentari (es. Mantellini, Hai da spicciare?) che si potrebbero sintetizzare in «Mentana non ne capisce di Internet, […]

  26. Enrico Mentana, Twitter e i media tradizionali ← Enrico Giammarco dice:

    […] Non potevo esimermi dallo spendere i miei “due centesimi” sulla questione Mentana-Twitter, dato che quasi un anno fa avevo già trattato in altra sede il tema del rapporto tra i VIP italiani e il social creato da Jack Dorsey. Questa volta, visto il tema del blog, vorrei focalizzarmi più sulla categoria che preferisco, quella dei giornalisti, che con Twitter hanno un rapporto di amore-odio piuttosto interessante da analizzare. Tralascio alcuni dettagli “tecnici” che sono stati già ampiamente (e sapientemente) trattati in alcuni post, tra cui cito quello di Massimo Mantellini. […]

  27. Andrea Maselli dice:

    Mi sembra però abbastanza evidente che ciò che alla fine conta è quello che viene percepito. Il che trancia le gambe a buona parte dell’argomentazione.

    Quindi il problema non è tanto che qualcuno non ci faccia la morale su qualcosa che riteniamo non abbia compreso. Semmai è fare in modo che la comprenda. La difficoltà è lì.

  28. Storify n. 2 | crossing media dice:

    […] Mentana e le autostrade percepite […]