Carlo Blengino spiega con calma dalle pagine de Il Post le ragioni per cui la sentenza del Giudice Battarino del Tribunale di Varese che, in nome del popolo italiano, condanna l’amministratrice di un sito web letterario sul quale sono stati pubblicati commenti diffamatori è una sentenza sbagliata ed inaccettabile.


p.s. secondo me dovremmo fare qualcosa

5 commenti a “Una sentenza inaccettabile”

  1. Logico dice:

    Manca solo il concorso di colpa da parte del fornitore di corrente elettrica e dei produttori di tastiere! :-(

  2. matteo dice:

    fare qualcosa : tipo insultare il giudice e vedere se chiudono anche questo blog ? :-)

  3. giorgiot dice:

    Il problema è lo stesso che porta i politici a fare affermazioni bislacche in materia di internet: la scarsa conoscenza dello stesso. I magistrati hanno di fronte una materia nuova, non regolata da leggi specifiche (il fatto stesso di dover fare riferimento anche solo per escluderne l’applicazione ad una legge del 1948 la dice lunga) e il cui oggetto non conoscono in maniera approfondita. Quindi si muovono a tentoni, commettono errori, scrivono bestalità, finché non ci sarà una nuova normativa o si formerà una interpretazione consolidata di fattispecie simili. Nel frattempo però lasceranno morti per strada (figurativamente parlando).

  4. Fantastik dice:

    c’è un numero molto ampio di persone che parla liberamente di cose che non conosce o che conosce molto poco

    ok, ma qui sono passati ai fatti

  5. luzmic dice:

    Sono d’accordo che dovremmo fare qualcosa, e l’unica cosa che secondo me è sensato e civile fare è cercare di diffondere il più possibile la conoscenza delle tematiche legate ad internet e diritto fra operatori del diritto ***E ANCHE*** fra gli utilizzatori di internet. Una specie di educazione civica del web per gli utenti e di patente di guida sul web per giuristi. Perchè non è vero che i giudici sono sempre quelle macchiette con cui ci piace immaginarli (vecchi bacucchi che guardano al web come i benpensanti degli anni ’50 guardavano al rock and roll). E non è vero neanche che noi utenti del web capiamo sempre a fondo le implicazioni di quello che facciamo. Vedi la sentenza, ad esempio. Lo stesso Battarino (che ha sui 55 anni e quindi qualche esperienza diretta su informatica e web è probabile ce l’abbia) anche se si è lasciato scappare l’infelice e paternalistica frase sulla “diseducazione” di cui la giovane imputata secondo lui sarebbe vittima, non ha fatto una sentenza del tutto sballata. Chiarisce bene ad esempio che la diffusione di contenuti sul web NON equivale di per sè alla diffusione a mezzo stampa, ma che in certi casi (non in quello specifico) un mezzo di stampa può trovarsi su internet. Inoltre probabilmente nel caso specifico l’imputazione andava fatta meglio (avrebbe dovuto prevedere la responsabilità dell’imputata non da sola ma “in concorso con altri ignoti”), e nella sentenza si sarebbe dovuto spiegare meglio perchè nel caso specifico poteva essere richiesto all’imputata un controllo dei contenuti pubblicati (penso al problema del caso della discutibile responsabilità dei dirigenti Google per il video del ragazzo Down, che invece la sentenza di Varese sembra condividere). Però non abbiamo elementi per dire che l’imputata non aveva alcuna responsabilità. Ad esempio leggo in giro (nei commenti al post di Blengino) che l’imputata aveva preso attivamente parte alle discussioni incriminate, e quindi era bene a conoscenza dei contenuti in questione. Come ho scritto nei commenti al Blengino, secondo me per affrontare questo tipo di argomenti la domanda da porsi non è: “Condannereste il gestore di un bar per diffamazioni pubblicamente compiute dai suoi avventori all’interno del locale? ” ma “Condannereste il gestore di un bar per non aver rimosso degli scritti diffamatori affissi dai suoi avventori in una zona ben visibile all’interno del locale?”. Ecco, a livello di disvalore sociale (poi sulla rilevanza penale incidono tecnicismi che qui non interessano) se in un bar c’è affisso un cartello con su scritto “luzmic testa di un cetriolo marcio”, io col barista che ce lo lascia lì, anche se non è stato lui a scriverlo ed affiggerlo, un po’ me la prendo.