Dopo avercela cantata per mesi sul futuro radioso del libro elettronico, sui risparmi per le famiglie e sulla modernità subentrante, quattro giorni fa il Ministero dell’Istruzione ha emesso una circolare nella quale rimanda di qualche anno l’adozione degli ebook e riconsente alle case editrici di modificare ogni anno i testi scolastici per massimizzare il profitto. Da vergognarsi, ma molto.

La lobby delle case editrici ha segnato anche un altro punto: il ministero, infatti, ha rinviato anche la novità dei libri di testo online – parte in formato cartaceo, parte in formato digitale. Si inizierà nel settembre del 2014, e senza troppa fretta: partiranno le prime e le quarte classi della scuola primaria, le prime della scuola media e le prime e le terze classi delle scuole superiori



(via repubblica.it)

20 commenti a “Profumo di sconfitta”

  1. il libro di testo digitale: un cavaliere senza cavallo | dei libri passati presenti e futuri dice:

    […] scuola di antica vocazione tecnofobica (ma anche il Ministero e gli editori non scherzano, leggete qui) , ma anche oltreoceano le cose non sembrano rosee, o almeno non tanto quanto si supponeva: in un […]

  2. Luca dice:

    Anche perchè chi legifera non sembra avere la più pallida idea di cosa sia un ebook.

  3. ArgiaSbolenfi dice:

    Credevo che avessero già trovato il modo per massimizzare i profitti, anche con gli ebook..

  4. Sergio dice:

    A suo modo strano. Considerando l’uscita di Kobo pensavo che l’ebook fosse finalmente sdoganato anche in italia.

    Ma è possibile che in questo paese l’adozione tecnologica nel pubblico debba essere sempre dettata dal mercato (o meglio dai mercanti)?

  5. Sono diventato un luddista? | Dieci nodi dice:

    […] Mantellini, oggi sul suo blog, dice […]

  6. giancarlo dice:

    mi faccio un nodo al fazzoletto virtuale, in modo di ricordarmelo nel caso mi venisse voglia di votare Monti & co.

  7. Santiago dice:

    Intanto però i contratti con la microsoft gli hanno firmati.
    Tante scuole hanno la lavagnetta informatica che costa più di 1000 euro, ma pochi sono i professori che sanno usarla.
    Ah, e Profumo, nel suo breve periodo da ministro, è riuscito a fare la sua bella pubblicità agli iPad.

  8. Santiago dice:

    *li, non gli. Anni in Italia e lo sbaglio ancora :(

  9. mORA dice:

    http://edue.wordpress.com/2013/01/30/nativi-digitali/

  10. Editoria scolastica, avanti senza fretta | Luca De Biase dice:

    […] dunque, grazie a Mante, si nota una mancata novità nell’editoria scolastica. Come richiesto con energia […]

  11. Enrico dice:

    Regolare. E non è colpa di Monti ma solo di un sistema paese in cui le lobby e le corporazioni comandano e prosperano. Nessuno è in grado di modificare questo stato di cose e nessuno ci si metterà sul serio.

  12. Giuseppe Lipari dice:

    Non usa più controllare le fonti nel giornalismo moderno? Forse l’articolo di Repubblica.it è un po’ approssimativo; forse è la solita tiritera contro gli editori cattivi; c’è il sospetto che possa essere una coltellatina a Monti, che non fa mai male in campagna elettorale.

    Non varrebbe la pena ogni tanto che qualcuno controllasse come stanno veramente le cose? Per esempio: scaricarsi il decreto e leggerselo? Dobbiamo farlo sempre noi lettori ‘sto controllo? E’ questo il giornalismo 2.0?

  13. massimo mantellini dice:

    @Lipari effettivamente hai ragione, dire sciocchezze non costa nulla. Il pezzo di Repubblica è in ogni caso molto accurato. E a scrivere “C’è il sospetto” sono/siamo buoni tutti. Qui la circolare del MIUR, saluti http://hubmiur.pubblica.istruzione.it/web/istruzione/prot378_13

  14. Stefano Quintarelli dice:

    Massimo, alcuni commenti
    intanto gli ebook per la scuola non sono cose da kindle/kobo/reader ma da tablet, per la necessità di illustrazioni a colori. e qui c’è già una prima barriera da parte di molti genitori (certamente non io!) che dichiarano di preferire i libri cartacei. I motivi possono andare adlla riluttanza verso la tecnologia a limiti di spesa (percepita piu’ che altro, ma tant’è) a paura di non essere in grado di assistere i figli, ecc.

    poi, prendere dei PDF e metterli su un tablet in uno sfogliatore non aggiunge un granchè, anzi forse toglie (soprattutto nelle classi inferiori si compilano schede sui libri). certament ci sono molte cose in piu’ che si possono fare ma per farle occorrono competenze e processi aziendali non banalissimi.

    Non è una questione tanto di tecnologia quanto di contenuti. Quando “battezzi” un libro per la scuola, devi avere un rigore nella validazione dei contenuti che va costruito anche per simulazioni, video,ecc. Anche per questo, per dire, Oilproject ha fatto un accordo con Impara Digitale per la validazione dei contenuti. Non molti sono rigorosi; vanno bene per divulgazione ma non per istruzione. (anche per gli ebook autoprodotti vale il discorso; una cosa è il livello della e-dispensa scritta dal professore, altro il rigore del latinista che scrive di Catullo (su questo possono esserci opinoini discordanti, ovviamente))

    Sul tema costi, anche qui come nei giornali (ricorderai mio post) l’idea diffusa è che il grosso dei costi sia di materie prime e logistica. In realtà non è così ed in particolare non lo è per la scolastica la cui domanda è dettagliatamente nota in anticipo; praticamente non ci sono rese e la distribuzione è efficiente. Il tutto incide per molto meno del 10% del prezzo di vendita, a vantaggio di fornitori domestici.

    Se vendi su uno store il 30% va alla piattaforma (Apple/Google/Amazon) ed il 15% (mi pare) come IVA lussemburghese.

    ma poi, siamo proprio sicuri che il punto per l’ammodernamento della scuola sia avere uno sfogliatore elettronico piuttosto che usare la carta ?

    facciamo un esperimento mentale: immaginiamo che la scuola non esista e che oggi la inventiamo avendo a disposizione gli strumenti che abbiamo. Come la faremmo ?

    io la immagino così: ragazzi che lavorani in gruppo su compiti da svolgere con certe scadenze, che con dei tablet cercano online fonti sull’argomento che stanno studiando, che lo validano andando a controllare fonti certificate, che selezionano, riassumono, integrano, producono collaborativamente degli oggetti multimediali usando il cloud, per poi presentare l’elaborato ai colleghi; il docente li affianca in questo percorso, guarda ciò che scrivono, li corregge, interagisce con loro anche fuori dal momento scolastico e, sulla base del loro percorso, li valuta.

    lavoro di gruppo, cocreazione, laboratorietà, condivisione come basi della metodologia didattica abilitata dalla tecnologia.

    avremo modo di tornare sul tema, perchè non è solo una idea… tra qualche giono dovrei avere pronto un video.

  15. Shylock dice:

    Leggendo:

    “io la immagino così: ragazzi che lavorani in gruppo su compiti da svolgere con certe scadenze, che con dei tablet cercano online fonti sull’argomento che stanno studiando, che lo validano andando a controllare fonti certificate, che selezionano, riassumono, integrano, producono collaborativamente degli oggetti multimediali usando il cloud”

    ho avuto la ragionevole certezza che chi scriveva non aveva mai fatto l’insegnante (vero in una scuola vera: non andato là un’ora/due a raccontare quel che s’immagina lui); per scrupolo, sono andato a verificare cosa scrive di se stesso e ne ho avuto la conferma.

  16. Stefano Quintarelli dice:

    credo che questo sia il punto dove scrivo piu’ estesamente di me stesso: http://blog.quintarelli.it/about.html (il “chi sono” del mio blog)

    e’ vero che non ho mai insegnato in una scuola ma so che ce ne sono che non hanno soldi per la carta igienica, che ci sono 20M di metri quadri di scuole che devono essere ricostruite, ecc. ecc.

    quando ho iniziato a occuparmi di reti il prof degli antoni disse che un giorno ci sarebbe stato un elaboratore personale in ogni casa collegato ad arpanet. adesso ne abbiamo piu’ di uno indosso e sono passati 20 anni.

    non ho detto che questo scenario è una cosa che deve accadere domattina in tutte le scuole, e’ impensabile. ma il futuro è gia qui, anche se distribuito in modo non uniforme. (Gibson).

  17. qfwfq dice:

    Ha ragione Quintarelli.
    Oltretutto proprio sulla scuola il vero nodo della questione non è di natura prettamente economica.
    Continuiamo a inseguire l’innovazione digitale con un approccio esclusivamente economico e “analogico”.
    Sotto questo punto di vista non è così scontato che ci sia un vantaggio effettivo.
    Basti pensare al tempo di obsolescenza dei device per intuire che il costo di un tablet alla fine equivale (se non supera) quello dei testi cartacei. Con l’aggravante (dal punto di vista presttamente macroeconomico) che buona parte di tale costo è eterodiretto.
    Invece dietro all’introduzione dei tablet nelle scuole ci dovrebbe essere un progetto didattico, la convinzione che siamo di fronte ad un radicale cambiamento culturale sulle modalità di approccio alla conoscenza.
    L’innovazione digitale deve servire per fornire agli studenti la piena consapevolezza delle potenzialità che offrono le tecnologie abilitanti (che per altri versi già padroneggiano).
    La vera sfida in questo è proprio la formazione dei formatori.
    Un esercito di insegnati analogici dovrebbero insegnare ai c.d. “nativi digitali” ad utilizzare i new media in maniera costruttiva?
    In ogni caso il vero cambio mentale sarebbe finalmente quello di considerare la scuola come un investimento, a questo punto ogni questione di convenienza economica tra carta e digitale cesserebbe semplicemente di esistere; la questione sarebbe, semmai tra quale tipo di dotazione digitale è maggiormente in grado di rispondere alle esigenze didattiche, e qui si da troppo per scontata l’intercambiabilità tra gli innumerevoli prodotti.
    Tanto per cominciare non è certo un semplice e-reader il dispositivo più idoneo

  18. mORA dice:

    @Stefano

    come sai sull’argomento sono molto scettico.

    Lo studio è una cosa, il training on job è un’altra. Servono entrambe, servono anche scuole che formino ad essere dei bravi lavoratori, ma la scuola è intanto formazione della persona.

    Ragazzi che lavorano sulle scadenze si chiamano compiti in classe (o prove in itinere, brrr), e non devono necessariamente lavorare assieme. Non devono cercare fonti in rete.
    E sai perché? Perché non servono i libri.
    All’università ti deve bastare quello che ti trasmette il professore, al limite i suoi appunti, o le sue slide. Sega a o genio che tu sia alla fine se ti laurei in una cosetta come ingegneria informatica, puoi non aver mai visto un libro di testo in tutta la tua carriera universitaria.

    Mi sfugge perché mai oggi uno studente debba avere il tablet. Deve avere, dovrebbe avere, insegnanti capaci davanti.

    Uno dei miei insegnanti (uno dei tanti della mia non particolarmente brillante carriera di studente) non parlava italiano, ma siciliano stretto; in più la semantica era sbagliata.
    Se metti un’animale simile in una classe coi tablet, non è che ne escono studenti migliori, me esce gente.

    Gente.

    Non è la tecnologia che migliora le cose; hanno tolto dalla scuola l’educazione civica, la matematica non era un granché e non penso che l’abbiano aumentata quanto a tempo, la fisica era una cosa come “l’attrito nun è ‘na bestia negativa che struscia©”. Se adesso abbiamo degli insegnanti migliori i tablet non servono; altrimenti i tablet non servono.

    “Lavoro di gruppo, cocreazione, laboratorietà, condivisione come basi della metodologia didattica abilitata dalla tecnologia”, è bello scritto nei corridoi dello stabilimento Vico. Nei cessi di Ikea c’è “prova, prova e prova ancora” e non ce l’ha messo un buontempone.

    È vero che se ad una riunione entrano dieci persone con un’idea e ne escono dieci persone con dieci idee il mondo migliora, ma appunto le ipotesi: dieci persone con un idea; questi fanno un gruppo, ma dieci persone senza idee fanno un branco.
    O gente.

  19. Shylock dice:

    @Quintarelli: non hai capito il problema, che non è l’hardware né il software, ma il wetware.
    Perché appunto dei primi due te ne puoi intendere quanto vuoi, ma col terzo, dal vivo, si vede non ci hai mai avuto a che fare.

  20. Agostino Quadrino dice:

    Dal mio punto di vista, ovviamente non imparziale, non credo che il punto della questione dell’editoria scolastica sia digitale vs. cartaceo, e nemmeno libro di testo si’ o no.
    Il punto cruciale, da editore, mi pare sia contenuto chiuso vs. contenuto aperto.
    E’ il passaggio al contenuto aperto che i colleghi editori scolastici dell’AIE non vogliono (Garamond è uscita dall’AIE due anni fa proprio per questa radicale divergenza) e per questo ad esempio essi non partecipano ai progetti di innovazione recentemente promossi dallo stesso Ministero.
    Non si vuole riconoscere che il digitale e la rete implicano la rinuncia alla qualifica proprietaria del sapere didattico (un vero non-senso, soprattutto quando il contenuto è svincolato dal supporto), e l’avvio di una nuova era del mestiere editoriale, basato sulla conoscenza come bene comune, sulla costruzione collaborativa del sapere e sulla valorizzazione dei beni realmente scarsi online: l’attenzione, la reputazione e la capacità di generare e gestire comunità di pratica e di apprendimento.