Metto un punto fermo prima di qualsiasi altra cosa: che il reato di diffamazione sia un reato penale è una vergogna di questo paese. Che la Cassazine possa decidere la prossima settimana di mandare in galera il direttore de Il Giornale Alessandro Sallusti è una vergogna. Anche se stiamo parlando de Il Giornale (o nel caso in questione di Libero), anche se stiamo parlando di Sallusti. Detto questo sia l’editoriale di ieri di Vittorio Feltri (un signore che sulla deontologia della di lui professione davvero non dovrebbe dare lezioni) sia la difesa di ufficio della corporazione tutta, raccontano con esattezza che razza di palude sia l’ambiente giornalistico italiano e le ragioni stesse per cui il Italia le opinioni possano essere così pesantemente perseguite.

Oggi per esempio Giovanni Valentini su Repubblica si spende in una difesa appassionata di Sallusti e fra le altre cose scrive:


Il rischio che mercoledì prossimo il direttore del “Giornale” possa finire in carcere per un articolo scritto da un altro giornalista nel 2007, quando lo stesso Sallusti era reggente di “Libero” e ne aveva quindi la cosiddetta responsabilità oggettiva, rappresenta un’aberrazione giuridica che non può appartenere alla civiltà del Diritto. Non è solo malata una giustizia in grado di produrre una tale mostruosità. È una giustizia che contraddice e nega se stessa, la propria legittimazione democratica, la propria autorevolezza e credibilità.

Rispetto al principio fondamentale per cui la responsabilità penale è necessariamente personale, appare già di per sé mostruoso l’istituto della responsabilità oggettiva che incombe sul direttore di un giornale, per tutto ciò che viene scritto e pubblicato, anche indipendentemente dalla sua impossibilità fisica o materiale di controllarne il contenuto. È una presunzione giuridica ormai inaccettabile, un automatismo intimidatorio e vessatorio, che configura una forma indiretta di censura preventiva. E rappresenta perciò una grave limitazione – questa sì, davvero oggettiva – alla libertà di stampa.



Ma quando mai. Dice Valentini che le responsabilità sono individuali: come dargli torto. Poi però sorvola intenzionalmente sull’evidenza dei fatti: stiamo parlando di un articolo di fatto anonimo, firmato con uno pseudonimo. Non stiamo parlando di una pagina web aggiornata dall’IP di un proxy russo ma di un pezzo composto in redazione. Forse esiste una “impossibilità fisica o materiale di controllarne il contenuto” (anche questo è molto discutibile visto che stiamo parlando di diffamazione) ma certo non quella di risalire all’autore. Il direttore de Il Giornale sa benissimo chi sia (lo sospettano in molti e i probabili trucchetti di Libero per far scrivere persone sospese dall’Ordine meriterebbe forse qualche accenno) se non intende rivelarlo è piuttosto evidente che la responsabilità debba ricadere su di lui. Su chi altri se no?

Valentini scrive da anni articoli vibranti inneggianti alla responsabilità individuale in rete, si tratta in genere di corsivi di questo tenore:


“Anche per Internet, dunque vale necessariamente il principio che non c’è libertà senza regole e senza limiti. Per sua stessa natura la “community” virtuale della Rete tende a non tollerare né vincoli né restrizioni. Ma, al pari di ogni comunità sociale, anch’essa deve affidare la propria legittimità, autonomia e indipendenza ad un ordinamento condiviso che possa disciplinare e garantire la sua sopravvvenza.”


Oggi lo stesso autore che ci tedia da anni su Internet che non deve essere un far west, mentre si applica, insieme a molti altri, nella difesa appassionata della propria corporazione, sorvola, in materia di responsabilità, su un po’ troppe cose. Sui trascorsi deontologici di Feltri, su Sallusti che, troppo impegnato a non leggere gli articoli che pubblica, nemmeno manda l’avvocato a farsi difendere in aula, su quel clima da Titanic che accomuna le grandi firme dei giornali italiani, a cavallo fra i milioni del finanziamento pubblico, le comparsate quotidiane in TV, i padrini politici che indicano loro il prossimo bersaglio da colpire. Tutto questo improvvisamente non conta se uno dei “nostri” rischia di essere affondato da quello stesso potere cieco di cui fa parte.

Sono gli imprevisti di un mestiere pericoloso che va da Fini a Boffo alla prossima vittima sacrificale ma che diventano improvvisamente lesione dei diritti democratici dei cittadini tutti e addirittura, esagerando, grave limitazione alla libertà di stampa nel momento in cui la follia di un paese senza regole si rivolta contro chi pensava di controllarlo.


update: sul Post c’è un pezzo di Filippo Facci sulla vicenda vista dall’interno.

31 commenti a “Da Internet a Sallusti”

  1. Wilson dice:

    OK, ma perché la diffamazione non dovrebbe essere un reato? Sul fatto che “ci vorrebbe la pena di morte” sia diffamazione ho qualche dubbio, ma pubblicare e diffondere notizie false e calunniose su qualcuno dovrebbe essere punito, no?

  2. Carlo dice:

    Bravo Mante, è tutta la mattina che cerco qualcuno che notasse l’ovvio e tralasciasse l’opportunità di buttarla in caciara.
    Perché i punti sono in fondo due: che la diffamazione diventi reato civile (e questo riguarda tutti, non solo i giornalisti), e che i giornalisti firmino i loro pezzi.

  3. Federico dice:

    @Wilson “il reato di diffamazione sia un reato PENALE è una vergogna di questo paese”

  4. Lopo dice:

    Risulta che sia reato penale in diversi altri Paesi occidentali (anche se si va diffondendo la voce che siamo l’unico).

  5. alf dice:

    Non se ne può più di sentire/leggere “reato penale”. Il “reato” è penale per definizione, in quanto “illecito penale”.

  6. db dice:

    In seguito ad una “semplice” diffamazione – dico semplice perché opinabilmente documentata, tra l’altro – anni fa qualcuno ha perso libertà, salute e vita.
    Questo per dire che posso concordare con Mante, ma le fattispecie di diffamazione dovrebbero dare da pensare.

  7. magneTICo dice:

    forse avrebbe dovuto mettere in risalto la minaccia alla libertà di stampa, invece di pubblicare articoli a favore di chi la minacciava. se finisse in carcere mi dispiacerebbe, ma sempre meglio del posto che ricopre ora.

  8. Magodiswosh dice:

    Wilson
    A mio parere la diffamazione andrebbe punita, severamente, in sede civile.

    Il carcere non ha senso: 1) perché se mettiamo in carcere per un articolo, a quello che commette un omicidio colposo investendo qualcuno in macchina dovremmo dare 40 anni. 2) perché davvero in Italia bisognerebbe pensare a mettere dentro gente che commette cose atroci o veramente delinquenziali senza dare loro condizionali o libere uscite, e non mandare in galera persone per un articolo di giornale.

    Ovviamente, sia chiaro, questo non giustifica lo scrivere quelle cose. E non c’entra giornalista o non giornalista. Bisogna assumersi la responsabilità di quello che si scrive. E se si diffama, si deve essere puniti. In sede civile però.

  9. Michele dice:

    Ricordiamo anche che i due compari Sallusti-Feltri poco tempo fa erano in prima fila ad applaudire, spellandosi le mani, quel signore coi capelli finti in testa che voleva far approvare la leggina che prevedeva il carcere per chi faceva uscire le intercettazioni sui giornali.

  10. mario dice:

    Scusate, mi sembra che anche qui la questione stia finendo in caciara.
    Primo: le regole sono queste e le conosciamo più o meno tutti, a maggior ragione le conosce un giornalista professionista che fa anche il direttore responsabile.
    Secondo: ma questo avvocato che buca le udienze una denuncia all’Ordine no?
    Terzo: a me non piace l’idea di gente in galera, ma tutta questa storia della legge liberticida (che sta lì, mi pare dal 1930, sia ben chiaro) che ha montato Feltri mi sembra lievemente assurda; Feltri spende entusiastiche espressioni di antifascismo dopo aver pubblicato a fascicoli la vita di Mussolini, e poi si chiede perché B. non ha trovato il tempo di abrogare il reato di diffamazione a mezzo stampa: posso spiegarglielo io, da modesto pubblicista, B. non fa il giornalista.

  11. Claudio dice:

    Sono d’accordo in pieno con il senso del post.

    Faccio però un appunto: sia qui sia su molti giornali si sta dicendo che l’Italia sia l’unico o uno dei pochi paesi in cui la diffamazione è un reato punito con il carcere quando basta vedere wikipedia per smentirlo: http://en.wikipedia.org/wiki/Slander_and_libel#Europe

    Per limitarci all’Europa chi più e chi meno la maggior parte dei paesi prevede il carcere, ma come al solito nel giornalismo italiano uno dice una cosa senza verificarla e tutti a cascata lo seguono senza porsi dubbi.

  12. Narno dice:

    Qualcuno vuol far credere che a un articolo firmato in modo evidentemente fantasioso è stato dato il via libera per la prima pagina dell’indomani e il direttore non lo sapeva o non l’aveva letto? Poi discutiamo anche di penale e civile, ma prima verrebbe la regola per cui si discute seriamente, non a presa di giro.

  13. Lopo dice:

    Bravo Claudio.

  14. Santiago dice:

    Scusate la domanda per voi forse banale, ma in sostanza cosa cambierebbe se il reato di diffamazione diventasse civile anziché penale?
    (chiedo perché non ho mai studiato giurisprudenza, lo so, ora intanto mi faccio una ricerca tra i differenti tipi di reato)

  15. gregor dice:

    Sallusti è imputato perchè responsabile del quotidiano, non è imputato per la diffamazione dal momento che non è stato lui a scrivere l’articolo.. Quindi, secondo la legge, deve andare in carcere, cosa c’è di strano? Cosa c’entra la libertà di stampa?

    Ricordo che, in Italia, se beccato con 2 canne in tasca rischi la galera, grazie a leggi degli amici di Sallusti..

  16. Franz dice:

    Quindi farmi capire per 18 anni di governo berlusconiano il reato di diffamazione andava benissimo quando si trattava di querelare il giornalista scomodo, mentre adesso quando il giornalista deve rispondere a termini della STESSA IDENTICA legge perché era lui a diffamare allora no, non va bene, è un attentato alla libertà di parola.
    La legge è quella e deve essere uguale per tutti. Fine della storia.
    Se poi non ba bene potevano svegliarsi prima i giornalisti e le loro prefiche a corredo e fare pressione sui loro cari amici politici

  17. Santiago dice:

    Mi rispondo da solo.
    Intanto non esiste un “reato civile“, da quel vedo c’è “reato penale” e “illecito civile“. E l’illecito non prevede la detenzione.
    Quindi Sallusti non rischierebbe la galera ma dovrebbe pagare un risarcimento.

    Io mi trovo d’accordo con Franz. E quoto Nardo, voler farci credere che Sallusti non abbia letto un articolo che stava per essere pubblicato sotto pseudonimo mi sembra una presa per il culo.

  18. Michele dice:

    Anche perché al giudice frega poco se Sallusti l’ha letto o meno. Capisco che “direttore responsabile” in un giornaletto di partito che ripaga i debiti e le cause perse grazie al tizio dai capelli finti è una definizione che nessuno prende sul serio, ma nei tribunali tutta questa storiella non conta nulla.

  19. Maurizio Gandolfi dice:

    A meno che in sentenza non sia stata applicata la recidiva ex art. 99 comma IV cp (recidiva reiterata, specifica e/o infraquinquennale), il Sallusti NON ANDRÀ COMUNQUE in galera: vedasi art 656 comma 5 cpp.
    Se il plurirecidivo ci dovesse andare, ringrazi i legislatori suoi amici che hanno modificato l’art. 656 cpp con la non sospendibilità dell’esecuzione per recidivi ex art 99 cIV cp. E prima di sproloquiare sulla mancata certezza della pena, ci penserà su due volte.

  20. Maurizio Gandolfi dice:

    È basta con “reato penale”. Propongo una sanzione (non detentiva) per chi usa tale espressione.

  21. andrea61 dice:

    Io trovo sacrosanto che si spezzi il velo di ipocrisia sul fatto che Sallusti abbia o meno letto l’articolo, però, ipocrisia per ipocrisia, vogliamo anche dire che in questo paese se un cittadino cita per diffamazione una persona la causa finisce chissá quando e a meno di situazioni estreme c’è l’assoluzione del presunto reo, mentre se a sentirsi diffamato è un magistrato la condanna è sempre rapida ed inesorabile ?
    Tra l’altro se qualcuno andasse a rileggere quel testo ritenuto diffamatorio, si renderebbe più conto che ci troviamo davanti ad una vera e propria aberrazione giuridica e che se al posto del giudice ci fosse stato un comune cittadino, non sarebbe successo nulla.

  22. Narno Pinotti dice:

    @andrea61
    Hai detto una balla: proprio in Lombardia e proprio per le querele per diffamazione a mezzo stampa passano, dalla citazione in giudizio al deposito della sentenza di secondo (ripeto: secondo) grado, in media 1026 giorni, ossia 34 mesi. Meno del tempo impiegato per Sallusti. Dati del triennio 2003-2005, basta googlare.
    Il sospetto è che questa balla sia uno dei tanti modi per distogliere l’attenzione dalle responsabilità di Sallusti (un articolo con pseudonimo in prima pagina? Ma siamo rimasti a Ghino di Tacco?) e, già che ci siamo, dar la colpa ai magistrati che si chiudono a riccio, mentre qui a chiudersi a testuggine sono proprio i giornalisti. Omettendo di dire che, sempre secondo i dati dell’Ordine e sempre nel triennio 2003-2005, il Giornale da solo ha accumulato il 31% dei procedimenti di diffamazione.

  23. mORA dice:

    La legge non va bene?

    E come mai Sallusti se ne accorge adesso? Le modifiche alla legge fatte in modo che un incensurato rischi meno (molto meno, troppo meno), ma uno che abbia già rubato una mela finisca dentro le hanno fatte gli amici del suo datore di lavoro.

    Se ne accorge adesso che le leggi fatte ad personam rischiano di produrre mostri?

    Ma va?

    E volendo parlare di esclusive nazionali (reali) contro il resto del mondo, vogliamo parlare della depenalizzazione del falso in bilancio?

    E, per finire, come mai tutti i governi che si sono succeduti in epoca repubblicana non hanno abrogato le leggi sull’editoria fatte nel ventennio fascista?

  24. Carlo M dice:

    non capisco perché valentini nell’esprimere la sua opinione su questo specifico caso, dovrebbe occuparsi anche dei trascorsi deontologici di feltri (di feltri?) o di sallusti, o del problema delle comparsate tv, o del caso boffo.

    valentini non dice che sallusti non ha sbagliato, né che non deve essere punito, né che sallusti sia un esempio per i giovani che iniziano la professione. valentini dice semplicemente che è assurda l’idea che un giornalista possa finire in carcere per un articolo scritto non da lui. cosa sulla quale anche tu concordi.

    se una condanna è sbagliata è sbalgliata, anche se a subirla è jack lo squartatore, o no?

    le posizioni di valentini su internet – quando parla di responsabilità individuale – non sono affatto in contraddizione con ciò che lui dice oggi sul caso sallusti, dove di nuovo parla di responsabilità individuale.

    infine, sarei curioso di vedere come reagiresti tu se un tuo collega blogger rischiasse il carcere per aver diffamato qualcuno.

  25. Filippo Facci dice:

    Occhio a non confondere la calunnia con la diffamazione e con la diffamazione a mezzo stampa, che in quest’ultimo caso è ‘aggravata’ per definizione.
    Metto un po’ di informazioni.

    Gran Bretagna: dal 2009 nel Regno Unito la diffamazione a mezzo stampa non è più un reato. La svolta rispetto al passato è avvenuta per mezzo del « Coroners and justice act », un’ampia riforma che introduce la depenalizzazione di tutti i reati che riguardano la sfera dell’opinione e della diffamazione (in particolare, «defamation, sedition and seditious libel, defamatory libel, obscene libel»). L’Inghilterra e Galles dunque si sono messi sulla strada della difesa totale della libertà d’espressione, con l’intenzione di estendere le stesse tutele anche al panorama dei media digitali.

    Usa: in 33 Stati su cinquanta la diffamazione non è reato
    Culla indiscussa del liberalismo, negli Usa la legge sulla diffamazione trae fondamento dal Common Low inglese e s’inserisce nel Primo emendamento alla Costituzione, in una linea di continuità che ha radici due secoli addietro. Per essere diffamante, il contenuto deve essere falso; per essere diffamante, il contenuto falso deve essere «motivato da intenzioni malevoli » ( motivated by malice ). E in 33 Stati su 50 il reato non è nemmeno perseguito. Insomma lo strumento della querela per diffamazione non deve mai deve trasformarsi in un bavaglio.

    Svizzera: alle porte del nostro Paese la regolamentazione della fattispecie diffamatoria è molto diversa da quella italica. Qui «chiunque, comunicando con un terzo, incolpa o rendesospetta una persona di condotta disonorevole o di altri fatti che possano nuocere alla reputazione (…) è punito, a querela di parte, con una pena pecuniaria sino a 180 aliquote giornaliere ». Mai il carcere. Il giornalista inoltre non incorre in alcuna sanzione se prova di aver detto o divulgato cose vere oppure prova di avere avuto seri motivi di con­siderarle vere in buona fede.

    Francia: la diffamazione a mezzo stampa conserva profili penalistici, eppure la pena è praticamente sempre un’ammenda, il cui importo varia a seconda della qualifica della vittima offesa. Di recente l’ex presidente Sarkozy aveva annunciato una riforma per la depenalizzazione del reato, eppure il maggiore sindacato di giornalisti francese (Snj) s’era dichiarato contrario: «La procedura penale, infatti, è più vantaggiosa rispetto al procedimento civile. C’è una giurisprudenza, che inquadra il giudizio nell’ambito del rispetto delle libertà pubbliche fondamentali».

    Svezia: la Scandinavia da anni vanta il primato tra i Paesi in cui si gode il massimo della libertà di stampa e di espressione, come ha certificato anche l’ultimo rapporto Freedom House e Reporter senza frontiere, che ha collocato Norvegia, Svezia e Finlandia sul podio ideale dell’informazione senza bavaglio. In Svezia, per comprenderci, la legge sulla libertà di stampa e di espressione è considerata fondamentale al pari di quelle sull’ordinamento costituzionale e l’ordine di successione dinastica. La diffamazione è punita con una sanzione solo pecuniaria.

    Croazia, Serbia e Macedonia: già nel 2006 la Croazia, che ambisce a far parte a pieno titolo dell’Unione europea, ha escluso il carcere per il reato di diffamazione a mezzo stampa. Così il Paese affacciato sull’Adriatico ha seguito del resto l’esempio di Serbia e Macedonia. L’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (Osce) ha negoziato con il governo una modifica in senso liberale della legge dopo che diversi cronisti locali avevano subito l’arresto.

    Germania: come in Francia, la diffamazione a mezzo stampa – e il correlato omesso controllo nel caso del direttore della testata – è considerata un reato penale piuttosto che un illecito civile. Nella giurisprudenza tedesca il giornalista che al termine dei gradi di giudizio venga ritenuto colpevole è assoggettato a una pena alternativa (sanzione pecuniaria) che può essere anche particolarmente ingente, ma mai condannato a scontare giorni, mesi o anni di carcere. Nella prassi, quindi, la diffamazione a mezzo stampa è ritenuto un reato di minor gravità.

    Unione europea: si è espressa chiaramente sul tema del carcere per i giornalisti. Da ultima, nell’aprile 2009 (ricorso 2444/07, Kydonis), la Corte europea di Strasburgo ha sentenziato: «Il carcere, ancora previsto in casi di diffamazione a mezzo stampa negli ordinamenti dei Paesi membri, ha un effetto deterrente sulla libertà del giornalista di informare », con conseguenze altrettanto negativo per la collettività che ha il diritto ricevere informazioni e opinioni. Una circostanza che avviene pure quando il carcere è convertito in ammende pecuniarie e la pena è sospesa. Le pene detentive per chi esercita la professione di giornalista non sono nemmeno compatibili con la libertà di espressione sancita dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Tuttavia, dice la Corte europea, il carcere potrebbe essere previsto solo per chi incita alla violenza o all’odio.

  26. Claudio dice:

    Certo che tra avvocati fannulloni e giornalisti diffamatori Sallusti potrebbe cercarseli meglio i suoi collaboratori…

  27. Claudio dice:

    Comunque dato che le sentenze della Corte di Strasburgo sono vincolanti, il carcere Sallusti dovrebbe scansarselo (fortunatamente) senza contare l’affidamento ai servizi sociali.

    Sempre che almeno in cassazione abbia un avvocato decente…

  28. Nessuno tocchi Sallusti. E i giornalisti precari chi li difende? | Valigia Blu dice:

    […] Giovanni Valentini, Filippo Facci, Marco Travaglio, Fabio Chiusi, Fnsi e Odg. Ne ha parlato anche Mantellini che ha sottolineato un aspetto forse sgradevole, ma doveroso:  […] stiamo parlando di un […]

  29. Daniele Minotti dice:

    Io mi godo lo spettacolo dei *tutti giuristi*, tranne il Gandolfi di sopra, che lo è veramente.

  30. Daniele dice:

    Filippo Facci wrote:
    “[..]Tuttavia, dice la Corte europea, il carcere potrebbe essere previsto solo per chi incita alla violenza o all’odio.”

    Quindi ‘Colombo’, il caso è chiuso.
    Visto che cuor di leone Dreyfus invitava «[..]se ci fosse la pena di morte e se mai fosse applicabile in una circostanza, questo sarebbe il caso. Per i genitori, il ginecologo, il giudice»
    ad uccidere democraticamente quattro, dico quattro, persone.

  31. NESSUNO TOCCHI SALLUSTI…ED I GIORNALISTI FREELANCE O PRECARI CHI LI DIFENDE ? | ADGNEWS24.COM dice:

    […] Valentini, Filippo Facci, Marco Travaglio, Fabio Chiusi, Fnsi e Odg. Ne ha parlato anche Mantellini che ha sottolineato un aspetto forse sgradevole, ma […]