Il caso dell’infermiera killer di Piombino è un vero e proprio metodo di lavoro. Una forma di giornalismo molto 2.0 (come direbbe il compianto direttore de L’Unità) che ha molti vantaggi e viene ormai praticato da tutti senza grandi imbarazzi. Il giornalismo dell’infermiera killer (o del furgone di Bossetti o delle intercettazioni che il magistrato di turno passa a sua discrezione al giornalista amico per la pubblicazione) rifiuta fieramente ogni assunzione di responsabilità. Quando viene accusato di spargere fandonie a piene mani rivendica per se la funzione del tubo. L’infermiera era killer e io sono un tubo, se ora non lo è più la colpa non è del tubo ma degli inquirenti, dei NAS, dei RIS, delle cavallette.

Il formato digitale ha aggiunto velocità e quantità, alleggerendo sempre di più la responsabilità oggettiva del mediatore, i suoi spazi interpretativi, il tempo che il giornalista può dedicare ad un articolo, il peso delle sue parole. Così è accaduto che l’informazione si sia trasformata in un ipertesto, anche quando viene portata su un foglio di carta. Esattamente come accade nelle pagine web il link offerto ai propri lettori difficilmente comporta grandi assunzioni di responsabilità: è pura notizia, cronaca perfino obbligatoria: potevamo non informarvi sul caso dell’infermiera killer? Non potevamo.

Potevate, invece. Potevate aspettare, utilizzare toni meno definitivi, titoli meno diretti, farvi un’idea personale. Potevate, sarebbe stato il vostro mestiere, ma non lo avete fatto. Da un certo punto di vista non avete torto: costa troppo, in termini di soldi, volontà, tempo ed intelligenza. E in Italia – come diceva il Vate – non c’è gusto ad essere intelligenti (e soprattutto non si guadagna abbastanza ad esserlo). Del resto il mostro in prima pagina è solo uno dei molti metodi per conquistare l’attenzione dei lettori e per affossare contemporaneamente la residua reputazione del proprio lavoro: ne esistono molti altri, perfino più squallidi ma tutti legati ad una idea di giornalismo deludente, contemporanea e parecchio italiana.

E anche se vi sembra che funzioni, se magari a mente fredda non vedete alternative, se la cialtroneria, la superficialità, l’esagerazione e la diffamazione di poveri cristi (o di cristi meno poveri che domani vi faranno causa) non comportano poi grande riprovazione sociale da parte dei lettori (i quali in un mondo perfetto smetterebbero di leggervi all’istante) e se anche vi consola il fatto che un simile metodo sia ormai utilizzato da tutti indifferentemente (tutti sono diventato Libero o Il Giornale), non significa per forza che tutto questo sia una buona idea.

Che tutti i giornali seri nel mondo si comportino diversamente poi non sembra interessarvi. Che una simile china sia il percorso perfetto per ridurre quello che resta del giornalismo a megafono della politica (la vecchia macchina del fango dei quotidiani berlusconiani anni fa contro Boffo o Fini così come certe discese in campo recenti del Fatto Quotidiano contro Renzi o dell’Unità contro Virginia Raggi) o a strumento banalmente reazionario e populista (in contrapposizione con il ruolo di presidio democratico che la stampa libera dovrebbe rappresentare) vi sembrerà probabilmente una questione accessoria. Travolta dalle emergenze di un business declinante che fatica a sbarcare il lunario.

Arriveremo al punto che nel bilancio energetico della democrazia italiana diventerà un ottimo investimento finanziare i giornali perché smettano di scrivere.

8 commenti a “Finanziamento pubblico al silenzio”

  1. diamonds dice:

    la differenza ovvia è che i giornali non hanno competenze in materia di polizia giudiziaria. Poi magari i cronisti non riescono a discernere le indagini che servono ad alimentare carriere in magistratura e forze dell’ordine(salvo il caso menzionato si riconoscono anche perché coinvolgono sempre pesci piccoli della criminalità). Comunque la conclusione del post è interessante, quando la “street credibility” dei media sarà scesa a livelli infimi, e non manca tanto, le pulsioni darwiniane faranno la loro parte(resterà solo l’unità,tenuta in vita come un Frankenstein postmoderno, sulla base di un accanimento terapeutico mai visto prima )

    https://www.youtube.com/watch?v=339NzRWYD5g

  2. Stefano dice:

    Io ne farei più che altro una ragione puramente di business. Se togliamo ogni mediazione, chi è disposto a pagare un euro per avere ciò che è disponibile gratuitamente?
    Lasciando perdere le linee editoriali pro o contro qualcuno, anche un giornale che in maniera imparziale e agnostica fungesse da ripetitore 2.0 non servirebbe a un tubo. Ora vende ancora, ma per quanto la gente non avrà ancora imparato che basta scrivere google.com?

  3. Larry dice:

    E’ tristemente vero, ma credo che Internet e la sua velocità abbia solo una responsabilità indiretta. Ha invitato sicuramente molti a diventare trasmettitori acritici di notizie, ma il problema non è l’offerta, è la domanda. La gente ama questo approccio, vuole vedere i titoloni eccezionali e definitivi, e quindi anche i media tradizionali si stanno adeguando per spirito di sopravvivenza. Anche il caso dell’aereo precipitato è significativo in tal senso: non aveva ancora toccato l’acqua che già i TG titolavano “attentato dell’Isis”. Ormai anche il plausibile è diventato un fatto.

  4. Andy61 dice:

    Internet amplifica ma non è internet a convocare una conferenza stampa per sbattere il mostro su tutte le pagine onpaper e online.
    L’informazione in Italia è “all’italiana” ma per fare i danni deve essere di norma imbeccata.

  5. «noi» | ATBV dice:

    […] Se invece eravate, un po’ più comodamente, alla ricerca di qualcosa che riguardasse più da vicino il mondo al di qua dell’Adriatico, così «noi» come esso è, vi consiglio di riflettere su quanto ha scritto ieri Massimo Mantellini a proposito di un’infermiera che già era stata da tutti additata come assassina, e che forse invece… Mantellini ne trae alcune importanti considerazioni sui giornali e il mestiere dei giornalisti, tristi assai ma necessarie: […]

  6. Signor Smith dice:

    Ma del “cinico mercante di morte” non se ne ricorda nessuno? O meglio… chi, tra quelli che se ne ricordano, ha visto apprezzabili miglioramenti in questi 40 anni?

  7. Maurizio dice:

    Scusa, puoi linkarmi un presa di posizione falsa del Fatto Quotidiano contro Renzi?

  8. rico dice:

    Sarò semplicista, ma non basterebbe obbligare i giornali a pubblicare smentite proporzionate alle false notizie?
    Della serie: hai pubblicato mezza prima pagina di notizia falsa per tre giorni? Per altri tre giorni pubblichi la smentita, ognuna di almeno mezza pagina.
    Cioè le scuse proporzionate all’ offesa.
    D’altro canto una direzione che sospende qualcuno basandosi sui titoli anzichè sul giudizio del tribunale, andrebbe sospesa essa stessa dall’ ospedale, e senza stipendio.