Gli amanti dell’arzigogolo hanno sfinito questo Paese. Il resto lo ha fatto un apparato burocratico complicatissimo composto di forze che si controllano e si respingono a vicenda. Così è un dato che nelle società complesse occidentali il moralismo è da tempo una forma di semplificazione della scelta politica molto utilizzata. Da noi no.

Occorrerebbe trovare un compromesso fra analisi e decisione e il moralismo è una di queste forme di sintesi ma noi siamo soliti dimenticarcene o demoniazzarla.

Vincenzo De Luca altrove non riempirebbe le cronache politiche a colpi di distinguo normativi sulla sua candidabilità (e prima ancora sulla sua pretesa tribunalizia di essere compatibile con cariche differenti). Semplicemente il moralismo della politica lo avrebbe allontanato da tempo. Questo senza occuparsi dalle sue qualità di amministratore che, se esistenti, sarebbero state semplicemente considerate un costo da pagare alla linearità delle scelte opportune. La politica, per un De Luca grande statista perduto, si sarebbe così tutelata da decine di amministratori gaglioffi.

Invece a noi piacciono i distinguo, siamo innamorati del microscopio elettronico al punto che il quadro generale può anche andare a farsi fottere. E questo è uno dei limiti enormi dell’analisi intellettuale della politica italiana e della politica stessa. Dentro a questa continua discussione sui se e sui ma i peggiori imperano.

In un contesto moralista oggi Ivan Scafarotto non avrebbe annunciato il suo sciopero della fame per i diritti degli omosessuali. Avrebbe preso atto della situazione e se ne sarebbe andato dal Governo. Ivan è persona per bene e generosa (e fanno abbastanza vomitare molti commenti che si leggono in giro sul suo guadagnare visibilità da questa vicenda), ma è anche colpa sua se il Governo di cui fa parte convive con i preti di NCD che ostacolano le unioni gay con tutti i metodi consentiti. Ed è anche colpa sua (e di Renzi e del PD) se il DDL Cirinnà langue in Parlamento dentro un tiraemolla italiano che dura da anni. La politica moralista non prevede grandi distinguo, utilizza il sacrificio individuale come forma di spinta decisionale, anche quando ad andarsene sono i migliori. Per loro ci sarò spazio poi.

Flaiano era ottimista quando diceva che la linea più breve fra due punti da noi è l’arabesco. Dimenticava o non vedeva che molte di queste linee convolute non arrivano mai al punto B: disegnano un arabesco che non porta da nessuna parte e quello diventa il ritratto esatto dell’Italia.

Dovremmo iniziare anche noi a sacrificare la complessità, a licenziare con un pat pat i terzisti sui giornali la cui benzina intellettuale è da anni una vasta discussione inconcludente su tutto: la penna alzata e il culo al caldo a sottilizzare su uno scenario sempre uguale. A brutalizzare i risultati in nome di un approfondimento intellettuale fine a sé stesso. Un arabesco spesso bellissimo ma che non sposta la società di un centimetro. E a cosa servono gli intellettuali dell’immobile?

Il moralismo nella politica non prevede che Adriano Sofri possa consigliare il governo sul tema delle carceri, nemmeno in un consesso laterale e non istituzionale. E questo è forse l’esempio sommo, tratto dalle cronache recenti, del prezzo da pagare. Chi meglio di lui potrebbe, avendone competenza e profondità di pensiero? Nessuno probabilmente. Eppure non si può, non è il caso, tocca cercare altre strade. Il moralismo della politica funziona così. Esistono questioni formali che rendono la politica differente da noi, non adatta a tutti, in grado di elevarsi dal nostro livello di galleggiamento ma con alcune cospicue limitazioni.

Se non capiamo questo (almeno questo) resteramo per sempre prigionieri dentro il labirinto inconcludente del nostro arabesco nazionale, schiavi dei Gaetano Quagliariello e dei Maurizio Lupi nascosti con i loro sacchetti di sabbia dentro gli ingranaggi della macchina.

16 commenti a “L’arabesco nazionale”

  1. nonunacosaseria dice:

    francamente non capisco cosa vuoi dire.
    non capisco cosa c’entri il moralismo con lo sciopero della fame di scalfarotto. il partito di cui fa parte non ha esitato a provocare scissioni interne, manifestazioni di piazza, polemiche che ci hanno tenuti impegnati a giornate pur di far approvare dei disegni di legge che gli stavano a cuore. se in questo caso un sottosegretario deve fare lo sciopero della fame significa che il governo e il partito di cui fa parte non hanno abbastanza a cuore quel progetto di legge, punto. o forse che preferiscono giovanardi a civati. non è questione di moralismo (come nel caso sofri, giustamente ricordato nel post), secondo me, è questione di ragion politica.

  2. Isa dice:

    A me invece pare di aver capito benissimo, e sono travolta da tanta limpidezza. Questo post è così acuto che per poco non mi cava un occhio.

  3. gregor dice:

    Analisi perfetta, ma Sofri sta nella stessa categoria di De Luca. O sono tutti colpevoli, o tutti innocenti. Altrimenti è ipocrisia.

  4. paola boggi dice:

    Forse non si tratta di moralismo ma di morale, e precisamente di una morale nell’esercizio della politica. Riconoscere e definire delle norme di comportamento da seguire in questo determinato contesto sociale di gestione o pretesa d gestione della cosa pubblica. Non sto parlando di norme scritte (vedi l’inefficacia della Severino) ma di consuetudini, usi, prassi, sentiti come indicativi e determinanti di una società che così si autodefinisce. Forse è di questo che siamo carenti noi italiani, sarebbe interessante un’analisi sul perchè di questa lacuna storica e sociologica.
    A Gregor vorrei dire che Sofri non rientra nella stessa categoria di De Luca per il semplice motivo che non è un politico e non si è candidato ad alcun incarico istituzionale, è un cittadino che ha espiato la sua colpa nel rispetto della legge e che se, nel rispetto della Costituzione, la finalità della pena non è la vendetta ma la rieducazione e la riabilitazione del soggetto alla vita sociale, oserei definire eccessivo pretendere un’espiazione a vita anche a pena espiata. La sua sarebbe stata solo una consulenza per una tematica sulla quale avrebbe potuto sicuramente esprimere opinioni interessanti, inoltre a titolo gratuito.

  5. david dice:

    Bah, la dichiarazione di Scalfarotto più cialtra che ho letto è quella secondo cui Renzi e Boschi non c’entrano coi ritardi; che si preferisca Fanfani a Berlinguer è stato detto apertamente e evidentemente la preferenza vale anche sulla questione morale.

  6. Paolo d.a. dice:

    Siamo messi proprio così, ed è questione che va ben oltre Renzi o De Luca, è costitutiva del
    nostro essere periferia, la trave e la pagliuzza, ecc ecc. Onore a Scalfarotto, che rimanendo nel governo ma a digiuno sta producendosi in un’azione radicale di disturbo.
    E’ un peccato – così, per inciso – che persino lui si accontenti di chiedere una parificazione fasulla col mondo delle relazioni eterosessuali, una proposta anch’essa italiota e fondamentalmente razzista. Ma in periferia ci si accontenta, se qualcuno propone di riparare l’altalena del parco sotto casa non dici mica di no, mica insisti perché sistemino anche la recinzione dell’area cani.

  7. Roberto Re dice:

    Beh, per quanto riguarda l’incarico di Adriano Sofri. Mi sembra di ricordare che il primo a opporsi non sia stato un politico ma il direttore della Stampa , Calabresi . Mi sembra , eh!

  8. alcuni aneddoti dal futuro degli altri | 03.07.15 | alcuni aneddoti dal mio futuro dice:

    […] Massimo Mantellini, “L’arabesco nazionale”: Gli amanti dell’arzigogolo hanno sfinito questo Paese. Il resto lo ha fatto un apparato burocratico complicatissimo composto di forze che si controllano e si respingono a vicenda. Così è un dato che nelle società complesse occidentali il moralismo è da tempo una forma di semplificazione della scelta politica molto utilizzata. Da noi no. […]

  9. andrea61 dice:

    Trovo abbastanza curioso scagliarsi contro i “distinguo” e poi pretenderne uno grande come una casa su Sofri bollando tutto come bieco moralismo politico.
    Onestamente mi fa meno specie una condanna in primo grado per un reato formale che essere stati condannati da diversi tribunali per aver ordinato l’omicidio di un servitore dello Stato.

  10. andrea61 dice:

    @paola boggi: la morale è morale, non possiamo iniziare con i distinguo altrimenti non si va da nessuna parte perchè non possiamo pretendere che gli eletti siano più morali degli elettori.
    Possiamo al massimo introdurre il concetto di “opportunità” come contributo alla trasparenza e alla percezione della politica ma allora anche la scelta di Sofri, per quanto legittima, è assolutamente inopportuna. Non è un caso che i primi a reagire siano stati i famigliari di Calabresi a dimostrazione che manca ancora un riconoscimento degli errori (morali o materiali poco cambia) del passato da parte di Sofri e la cosa è in palese contrasto con lo stesso concetto di riabilitazione.

  11. paola boggi dice:

    @andrea61: dire “la morale è morale” è una tautologia priva di senso, la morale in realtà è un concetto relativo, il che non significa sia in assoluto relativizzabile, ma semplicemente che esistono tante morali quanti contesti relativi ad esse, questo se si parte dal presupposto logico e laico che la morale sia una serie di regole di comportamento che un gruppo sociale si da e stabilisce che possano assurgere a critei di giudizio delle condotte. Quindi, in questo senso, anche nel “contesto politico” sarebbe indice di civiltà aver sviluppato e sedimentato norme di comportamento sentite effettive e valide al di là delle fattispecie legali prodotte dal potere legislativo, un pò una cosa del tipo “il cielo stellato sopra di me, la legge morale dentro di me”.
    Questa mia riflessione voleva riferirsi alla prima parte dell’ articolo di Mantellini.
    Per quanto riguarda Sofri, anche qui, a me sembra tu faccia una confusione di piani: la morale concepita come “opportunità”
    e la legge.
    Dal punto di vista dell’opportunità può essere che per me potesse essere giudicata “opportuna” la consulenza di Sofri, per te a quanto pare no, due considerazioni personali entrambe legittime, proprio perchè rilevano solo nell’ambito delle opinioni, ossia nella doxa non ancora episteme. Mi sembra ovvio che l’opinione di Calbresi, che stimo e leggo con interesse, non possa che concoradre con la tua, ed è, però, proprio in questo “non possa” che si rende necessario il diritto e la legge come regola superiore e condivisa che va al di là delle opinioni personali. Altrimenti non vivremo in uno stato di diritto e sarebbe legittima la legge della ritorsione. Ed è chiaro che se si lasciasse ai familiari delle vittime la possibilità di decisione delle sorti dei colpevoli la pena non verebbe mai espiata.Inoltre nemmeno il concetto di riabilitazione può essere legato ad un’analisi pscicologica delle opinioni del soggetto, ma deve essere, sempre in uno stato di diritto, un concetto tipizzato in una fattispecie entro la quale possa essere sussunto un fatto concreto: ossia “la riabilitazione è conceduta quando siano decorsi cinque anni dal giorno in cui la pena sia stata eseguita o siasi in altro modo estinta, e il condannato abbia dato prove effettive e costanti di buona condotta” ( art. 179 codice penale).

  12. andrea61 dice:

    @paola boggi: forse mi sono spiegato male. Io non concepisco la morale come opportunitá, anzi. Dico solo che non può esistere la doppia morale che invochi tu per cittadini e politici e che per certi ruoli pubblici esiste anche un problema di “opportunitá”. La doppia morale, unicum della cultura cattolica, è ciò che ci ha ridotti in questo stato penoso in cui l’illegalitá regna sovrana.
    Sofri poi avrá tutti i diritti di questo mondo per essere ritenuto “riabiltato” ma tra le migliaia di consulenti possibili per quel ruolo, sono sicuro che ce ne siano di più opportuni.

  13. Pier Luigi Tolardo dice:

    Mi sembrano questioni diverse: Per quanto mi riguarda Sofri avrebbe potuto benissimo coordinare un tavolo di una commissione consultiva,dedicato alla cultura nelle carceri, non era un incarico decisionale o gestionale, perche’ per Sofri vale l’ interdizione perpetua dai pubblici uffici come pena accessoria che la detenzione non ha estinto.Pero’ forse un problema di opportunita’: era meglio che fosse chiamato come consulente esterno. E’ ovvio che il suo caso ha diviso molto il Paese: per me oggi e’ un uomo molto, tanto diverso da quello che ordino’ un delitto anche se la cosa ci sembra improbabile o impossibile, come tante cose della nostra vita e della vita degli altri e quindi anche questa nomina ha diviso. Sofri dividera’ sempre, nonnc’e’ niente da fare. Per Scalfarotto: rispetto il suo sciopero della fame, penso che la Cirinna’ vada votata anche se non condivido la possbilita’ dell’adozione dei figli del partner. Mi spiace che Scalfarotto pur non condividendo gli scioperi contro il Jobs Act e la riforma della scuola abbia avuto invece poca comprensione per gli scioperanti ed espressioni talvolta eccessivamente dure nei loro confronti.

  14. Paolo dice:

    “Se non capiamo questo (almeno questo) resteramo per sempre prigionieri dentro il labirinto inconcludente del nostro arabesco nazionale, schiavi dei Gaetano Quagliariello”

    no non son d’accordo: il soggetto è un “noi”? noi chi?

    non mi pare sia inconcludente: il PD prende il bottino, il risultato di De Luca e fa una sostituzione offrendo a De Luca un’altra poltrona. E’ il metodo

    il quadro è molto più desolante, il problema non è l’ultima ruota del carro, il De Luca che resiste appellandosi all’immoralità generale. Non siamo schiavi dell’ultima ruota del carro..

  15. Paolo dice:

    De Luca viene allontanato DOPO aver preso i voti, il bottino. Le persone han votato De Luca, non il PD. Il PD ancora una volta è molto scaltro, cinico, pretendendo pure lo scettro morale: l’allontanamento tardivo e controllato. Altro che inconcludenti.. di chi siamo prigionieri? altro che mille discorsi sulla morale sociale.

    L’arabesco, ancora una volta, è per la seconda classe, non per la prima.

  16. mfp dice:

    A me sembra normale. Barocco. Periodo Ming, Ching, Ping, Sung… Qualcosa… in Cina. Eta’ Vittoriana.
    Sono periodi che segnano la decadenza tipica di una qualunque societa’ che ha raggiunto il suo massimo sviluppo.
    E allora c’e’ chi si mette ad incidere leoni in pietra sotto i balconi, fiori di loto millefoglie nei templi, o a costruire navi in bottiglia usando pezzettini di fiammiferi raccolti accanto al cadavere della piccola fiammiferaia… qualunque cosa… ivi incluso il moralismo, e relativi costi (‘Giudice! Mentre litigavamo su chi aveva visto per primo il fiammifero, m’ha detto Barbagianni! Per questo le chiedo GIUSTIZIA!’).

    Io chiacchiero.