Leggendo le ultime estivissime cronache del Ministro della Cultura Sangiuliano alle prese con la bionda influencer napoletana Maria Rosaria Boccia, vicenda che, se guardiamo con un po’ di attenzione, conferma, talvolta in maniera sottile, altre volte maggiormente evidente, quanto sia solida e diffusa la base patriarcale di questo Paese, per esempio ieri sera in TV Paolo Mieli ha definito la signora in questione “una pompeiana esperta”, unendo il suo ai sapidi giochi di parole che quando eravamo giovani e sciocchi ci facevano rovesciare dal ridere e che oggi invece, quando li ricordiamo, calano su di noi e sulle nostre miserie giovanili un lugubre manto di imbarazzo, mentre evidentemente al povero Mieli continuano a far ridere, leggendo queste cronache – dicevo prima di perdermi in questo lunghissimo inciso – la solita domanda mi raggiunge inevitabile: come è stato possibile che Gennaro Sangiuliano abbia scalato le vette del sistema di potere italiano? Come è diventato prima direttore di un TG della Tv nazionale ed ora – addirittura – Ministro della Cultura? Non conosco la risposta esatta ovviamente. È possibile che Sangiuliano abbia doti nascoste (nascostissime) che rendono plausibile la sua attuale posizione di potere; è anche possibile che in un sistema politico ai minimi termini a vincere siano i più cinici o i più scaltri o quelli maggiormente proni alle indicazioni del sovrano, oppure i più fortunati, quelli finiti nel posto giusto al momento giusto. Sia come sia dell’ascesa dei molti Sangiuliano della politica italiana (Gennaro Sangiuliano è un fuoriclasse ma di Sangiuliani ne esistono ovunque, in ogni schieramento politico) colpisce intanto la debolezza del sistema di controllo. Non esiste alcuna salvaguardia all’ascesa di simili personaggi fino ai piani alti: il sistema li tollera e li riconosce come parti di sé e questo è certamente il problema principale che ci riguarda direttamente. Ma esiste anche un altro tratto che spesso avvicina simili personaggi, quasi ad indicare un metodo, un percorso da seguire per diventare importanti e ricchi e famosi ed è il tratto guascone.

Cosa unisce i vari Sangiuliano, Renzi, Sgarbi, Salvini e molti altri, pur con caratteristiche del tutto differenti una dall’altro? Li unisce questo desiderio torbido e mai soddisfatto di emergere e di guadagnare l’attenzione generale, di segnalare loro stessi al mondo, fin da giovani, fin da quando sarà appena possibile, per esempio partecipando ad un programma Tv o sgomitando nelle sezioni di un partitino di cui non si occupa nessuno appena usciti dall’adolescenza, l’occhio sempre insoddisfatto di chi, ottenuta attenzione, ne sta già chiedendone altra, una specie di intossicazione che alla conta dei fatti talvolta misteriosamente funziona. Il tratto guascone come chiave per aprire qualsiasi porta ed essere infine amati da tutti.

Il tratto guascone è una forma di debolezza personale che funziona come una catapulta medievale: è capace di lanciarti in alto in cambio però di una inevitabile successiva caduta. Servirebbero le ali per proseguire il volo, purtroppo nessun Sangiuliano le possiede.

Un commento a “Il tratto guascone”

  1. Fabio Sacco dice:

    eppure le regole che ci diamo e che pensiamo essere le migliori, a volte sono soggette al tempo. Ed è anche di questo che parlo nel mio libro “L’ordine spontaneo”. Di come le regole, fondamentali per una società civile, siano poi frutto dello scorrere del tempo

Lascia un commento