Vedo che esiste un’enorme attenzione per i contenuti di cronaca nera. Non so se questa attenzione sia sempre esistita e non avesse avuto modo di essere soddisfatta: probabilmente sì. Se è così da un po’ di tempo abbiamo assistito alla crescita di un nuovo mercato fatto di podcast, libri, serie TV che sviscerano e analizzano, descrivono e commentano i più efferati delitti del passato prossimo e remoto. Lo fanno per una sola solida ragione: perché alla gente piace ed è disposta a pagarli.

Tutte le volte che vedo pubblicizzato uno di questi progetti penso che i casi prima o poi finiranno, che una volta raschiato il fondo del barile di tutte le tragedie familiari e sentimentali del passato, dopo aver descritto a voce o in video quelle enormi e poi quelle meno enormi, e poi giù fino a quelle piccolissime, dopo che avremo assistito alla spettacolarizzazione mediatica dei piccolo delitto di quartiere avvenuto in una calda estate del 1968 in un paesino di provincia, poi alla fine, per nostra fortuna, non ne resterà più nulla.

Il fatto che alla gente piaccia condiziona non solo lo sguardo sulla cronaca nera del passato, quella in fondo ha il grande vantaggio di soddisfare la morbosità di molti facendo del male solo ad alcuni, ma indirizza molto anche lo sguardo dei media sul presente. Da alcuni giorni i giornali italiani sono monopolizzati da un caso di femminicidio particolarmente terribile, quasi non parlano d’altro. La discussione sui social e in politica si accende (si quieterà in un attimo nei prossimi giorni sostituita da un’altra altrettanto accesa) gli schieramenti si affrontano, eppure lo schieramento più consistente è ancora quello silenzioso dei moltissimi ai quali simili notizie piacciono. E siccome si tratta di una maggioranza molto ampia i media, nel loro cinismo tutto italiano, fanno il possibile per accontentarla. Ed accontentando il morboso diffuso accontentano loro stessi.

Forse la discussione su chi provochi cosa, su quale sia il sentire comune delle persone su casi di cronaca nera del genere, sulla vasta esposizione di immagini di bellissime ragazze ora morte pescate dai loro profili social ed esposte senza alcun riguardo, andrebbe meglio indagata. Ed alcune responsabilità non troppo scontate andrebbero meglio distribuite. Forse insomma il ruolo dei media nel soddisfare la parte peggiore di ognuno di noi andrebbe compresa nel conto finale di simili orrori.

Un commento a “Il morboso diffuso”

  1. Stefano M. dice:

    Buongiorno, da quanto si legge a proposito della Roma imperiale, passando dai Longobardi (Rosmunda), fino alle cronache londinesi di Jack lo squartatore, la gente si e’ sempre mostrata interessata ai dettagli raccapriccianti, e qualcuno glieli ha forniti.
    Non ritengo questa caratteristica esclusiva ne’ del nostro tempo, ne’ del sistema informativo del nostro paese.
    Cordiali saluti