Ho letto questo articolo dal titolo odioso, Noi e gli zombetti, di cui si parla molto fra i miei contatti. Confesso che non lo avrei segnalato perché, al di là dei toni, intenzionalmente enfatici, è un articolo usuale: pieno di luoghi comuni, identico a mille altri letti in questi anni. Insomma voi leggetelo se vi va e, nel caso non vi vada, sappiate che secondo me non vi state perdendo molto.
Lo cito perché verso la fine del lungo panegirico dell’autore sulla tecnologia che ha distrutto le nostre vite e quelle dei nostri figli, leggendo questa frase mi è venuto in mente un episodio che mi è successo qualche settimana fa.
Gli zombetti sono la nuova futura maggioranza. Una maggioranza non più silenziosa ma fracassona e frignona, capricciosa e viziata, disadattata e squilibrata. Una nuova massa di dormienti digitali manovrabili, programmabili e pronti a saltare alla gola di chi intralcia il suo cammino. Un esercito di lemming inconsapevolmente predestinati al fallimento, ostinatamente diretti verso il baratro, in fondo al quale trascineranno tutto ciò che incontreranno.
Allora: ero alla tristissima stazione di Forlì in attesa di un treno per Milano, ero appena arrivato, di corsa, senza aver pranzato. Vado alla macchinetta automatica al binario e scelgo un tramezzino, il quale, precipitando verso il basso, resta incastrato fra il vetro e il vano di recupero. Guardo sconsolato il mio tonno & formaggio dietro il vetro, poi, cercando di non farmi notare dagli altri passeggeri in attesa, assesto alcune spintarelle alla grossa macchina di vetro acciaio sperando di scastrare il mio pranzo. La bestia è solidissima e non si sposta di un millimetro.
È a quel punto che mi si avvicinano tre zombetti che avevano seguito la scena, avranno avuto un’età indefinibile fra i 14 e i 18 anni. Studenti pendolari che aspettavano il regionale per tornarsene a casa a Rimini o a Faenza. Il più smargiasso dei tre, il più prestante e disinvolto mi si avvicina seguito dai suoi due compagni e con un gran sorriso mi fa:
Mi scusi signore possiamo aiutarla?
Io che sono timido e in quel momento concentrato sull’abisso anagrafico che quella frase suggeriva rispondo:
Ah certo, grazie, se sapete come fare, volentieri!
A quel punto mentre i suoi due compagni, uno magrissimo e piccolo, l’altro con una gran testa di boccoli biondi, lo guardano da dietro con quello sguardo ironico ma intimo del tipo “È arrivato Rocky” il ragazzo comincia ad assestare energiche spallate al distributore automatico. Il metodo è forse un po’ brutale e certamente rumoroso ma in ogni caso non ottiene grandi risultati; le gente intorno inizia ad osservare questo ragazzo che si lancia tipo ariete contro la macchina infernale e io comincio a pensare che fra poco arriverà la Polfer.
È poi il turno di boccoli biondi che mette assieme a voce alta una rapida teoria su come raggiungere il tramezzino passando dal cassetto in basso se solo avessimo un ferro ricurvo o qualcosa del genere. Nel frattempo il suo socio assesta qualche altra inutile spallata di alleggerimento. Sono tutti e tre molto partecipi e concentrati: io, dentro di me, li ringrazio senza dirlo. I loro tre bellissimi cervelli stanno lavorando per un estraneo.
A un certo punto quello più mingherlino apre la tasca del suo zaino scolastico e prende una moneta. Poi si mette davanti al vetro e col dito calcola esattamente la posizione del tramezzino incastrato e dice:
“Se prendiamo una bottiglietta di acqua minerale dallo slot A3 o forse da quello A4 la facciamo cadere sul tramezzino e risolviamo”.
Mentre sta inserendo i soldi io mi offro di pagare e lui mi dice:
“No, no, tanto l’acqua la dovevo prendere lo stesso”.
Calcola ancora per un po’ la traiettoria, i suoi due amici lo guardano da dietro, poi in silenzio cambia idea e sceglie A4. Sembra un tiro libero dalla lunetta. La bottiglia precipita, colpisce al millimetro il bordo del tramezzino ed entrambi finiscono nel cassetto di recupero. Ciuff.
Urla di giubilo di tutti e tre, dammi un cinque alto (perfino a me), ciao e arrivederci.
Salgo in treno con il mio tramezzino.
Gennaio 15th, 2020 at 23:33
Sono insegnante al liceo, quindi di adolescenti ne vedo. Più passa il tempo, più sono convinto che iniziano a diventare deficienti a partire dal momento in cui li consideriamo tali…
(e sì, penso anche alle riforme scolastiche)
Gennaio 16th, 2020 at 00:18
Io dico che i sessantottini avrebbero considerato gli adolescenti di oggi deficienti senza speranza. Ma i sessantottini del ’68, quando erano giovani.
Gennaio 16th, 2020 at 08:47
Bella. Grazie.
Gennaio 16th, 2020 at 08:48
Ma io mi chiedo: chi ha progettato una macchinetta automatica nella quale i prodotti restano incastrati?
Gennaio 16th, 2020 at 09:13
:-)
Comunque anche tu, prendere un tramezzino da un distributore automatico è un tentativo di suicidio assistito.
Gennaio 16th, 2020 at 11:03
L’articolo è una provocazione e generalizzare è sempre brutto e sbagliato.
Però la tendenza è lampante e non può essere sottovalutata. A me capita ogni tanto di andare al ristorante e di vedere i commensali, magari un gruppo di amici di poco più di vent’anni, ammazzare l’attesa delle portate con la faccia inchiodata sul telefono.
Non voglio giudicare, magari si divertono di più di quello che mi divertivo io quando facevamo la classica pizza e birra con gli amici ed utilizzavamo quel tempo per socializzare, dal vivo, non mediati da uno schermo.
Delle volte mi sono domandato se stessero scrivendo alla stessa gente seduta al loro tavolo.
Ancora più straniante, per me, è vedere le coppie che lo fanno. Seduti a tavola al ristorante, ognuno che consulta il proprio cellulare. Davvero, che ci andate a fare al ristorante?
Poi io ho due figli, che amano andare in bici, giocare a calcio, fare i campi con gli scout. Stanno all’aria aperta, abbiamo cercato in ogni modo di trasmettere loro l’amore per la natura e le attività all’aperto. Fra non molto avranno il cellulare e mi spiacerebbe molto se questo insegnamento andasse disperso e riempissero i loro momenti di noia, anziché arrampicandosi sugli alberi o facendo gli spadaccini coi rametti, con la testa affondata in uno schermetto.
Gennaio 16th, 2020 at 11:22
La tecnologia imperante è solo uno dei fattori. Un altro è l’iperprotezione normativa e familiare. Io mi arrampicavo su alberi alti 10 metri senza alcuna protezione e mi lanciavo giù dal secondo piano di palazzi in costruzione (le recinzioni dei cantieri negli anni settanta erano quello che erano) su mucchi di sabbia. Andavo a scuola da solo a 10 anni, con l’aubobus) e a piedi, e a nessuno veniva in mente che fino ai 14 anni bisognava essere prelevati da scuola da un maggiorenne, come è capitato qualche tempo fa.
Tra l’altro ecco un paio di articoli su scuola e tecnologia che vanno in direzione opposta rispetto a tanta foga modernista portata avanti più per ideologia che per riflessione sull’opportunità
https://it.businessinsider.com/bill-gates-e-steve-jobs-hanno-cresciuto-i-loro-figli-senza-tecnologia-e-questo-dovrebbe-insegnarci-qualcosa/
https://www.orizzontescuola.it/tecnologie-nelle-scuole-cui-si-adottano-gli-apprendimenti-peggiorano-daniela-righi-tornare-allallenamento-alluso-della-mano/
Gennaio 16th, 2020 at 19:26
E voi che utilizzate questo blog (è un blog?) per vantarvi dei vostri figli, e dei vostri link, e dei vostri studenti adolescenti, e in generale per dire di quanto siete eruditi e scandalizzati… a nessuno di voi viene in mente di dire che tonno & formaggio è la vera obbrobriosa colpa del titolare?
Gennaio 16th, 2020 at 19:41
Un po’ di tempo fa (parecchio tempo fa) un signore di Alessandria scrisse un volumetto sul tema del presente rispetto al passato prossimo. Ci aggiunse anche un po’ di futuro. Lo intitolò “Apocalittici e integrati”. E’ passato un po’ di tempo, parecchio. Le cose pare non siano poi così diverse: continuano ad esserci apocalittici e integrati. Ma, per nostra fortuna, anche qualcuno che affronta la vita con curiosità.
Gennaio 17th, 2020 at 11:51
ho perso la fiducia in te quando ho letto tramezzino TONNO e FORMAGGIO da un distributore automatico
c’e’ una puntata di futurama a riguardo
https://www.youtube.com/watch?v=5luTojumRdE
Gennaio 17th, 2020 at 13:48
Cortometraggio dell’anno. Grazie.
Gennaio 19th, 2020 at 01:22
Non sono riuscito, ahimè a finire l’articolo linkato, e forse mi sono perso le risposte, faccio 2 domande:
1) l’insegnante dell’articolo, ha figli?
2) cercare di guadagnarsi lo stipendio cercando di insegnare qualcosa ai suoi alunni, gli pareva brutto, invece di criticare a basta?
3) no, ho detto 2 domande! – scusa..
Non è tutto fango quel che non luccica, i ragazzini fanno un po’ paura, ma se riesci ad interessarli con normali attività adatte alla loro età, restituiscono molte soddisfazioni, e ti accorgi che sono molto più svegli di noi sapientoni.
Gennaio 20th, 2020 at 19:04
Trovo anch’io l’articolo abbastanza ridicolo, in primis quando attribuisce i mali italiani alla tecnologia e ai social, come fossero un’esclusiva del nostro paese. Non starò a sottolineare puntualmente tutte le cavolate scritte ma dovrebbe essere evidente anche all’autore che se una volta sognavano di essere calciatori o cantanti non era certo per sfoggiare la capacità di palleggio o una bella voce. E infine, fin dall’epoca greca e romana ci sono arrivati lamenti sui giovani e sul “dove andremo a finire”… ah, ma stavolta è diverso, come no.
Gennaio 20th, 2020 at 21:06
Bello ,gran bel pezzo ,complimenti.
Gennaio 21st, 2020 at 00:51
@Lele
Tutte le macchinette distributrici automatiche, hanno la funzione “blocca, ogni tanto, il prodotto al tuo interno”.
Solo che non lo scrivono nei manuali d’uso
Gennaio 22nd, 2020 at 15:54
[…] figlia la prof. aveva letto e fatto discutere ai ragazzi un mio post recente che si chiama “Tre zombetti“. Un post personale, scritto su un blog personale che, come talvolta accade, prende […]
Gennaio 24th, 2020 at 09:20
Buongiorno sig. Massimo.
Mi fisso su un particolare, fuori luogo ovviamente. L’uso di “cinque alto” al posto di “high five”. L’ho sentito “giusto”. E’ vero che già si dice “dammi il cinque”, nella lingua parlata ( è già dire “lingua parlata” apre una bella questione ). Se un giorno accadesse nei nostri uffici di sostituire il brutto inglesoide dei consulenti con l’italiano della lingua ( ma quella parlata ), non sarebbe male.
Poi ci sono anche gli anglismi dei videogiochi da affrontare. Che lavorone.