Da un’intervista a Repubblca del Ministro dell’Istruzione Carrozza:

«Tra le immediate priorità del ministero ci sarebbe, poi, un piano d’azione generale per contrastare la fuga dei cervelli all’estero. Un progetto in tre punti: portare il turnover oltre il 50% (proposito già avviato nei primi mesi di governo), utilizzare le poche risorse a disposizione tutte su un programma per giovani ricercatori, premiare gli atenei che scelgano giovani ricercatori come responsabili dei team».



Che sciocchezza Ministro!

E se invece premiassimo gli atenei che presentano i migliori progetti di ricerca, magari in collaborazione con gli istituti di ricerca stranieri? E se invece di guardare all’età guardassimo seriamente e per una volta alle capacità e al merito dei docenti e dei ricercatori di tutti i livelli? E se come responsabile del team ci fosse, una volta tanto, il più bravo?

E poi scusi ma che vuol dire giovane? Sotto i 35 anni? Sotto i 40? E di chi quell’età l’ha superata, magari di un mese o due e pur essendo molto bravo, anzi il più bravo, e si è visto superare ogni volta nei concorsi dai figli o dai nipoti di qualche barone (eventualità – cosa lo dico a fare – non troppo remota in questo paese), di lui, che cosa ne facciamo? Lo mettiamo in discarica, lo dirottiamo in una corsia d’emergenza perché dobbiamo premiare i giovani in quanto tali?

Davvero signor Ministro pensa che il problema dell’università italiana sia quello generazionale? Lei che viene dal quel mondo dovrebbe sapere che la situazione è molto più complicata di così. All’estero, dove i cervelli (con le gambe e tutto il resto) fuggono, si premia il merito. E se per una volta, per fare qualcosa di diverso, provassimo a farlo anche noi? Ma a farlo sul serio, che per dirlo lo dicono tutti da almeno 20 anni. Perfino quella sciagurata della Gelmini ogni tanto citava il merito: il merito è da sempre in questo Paese l’araba fenice, il paravento per ogni nefandezza. Eppure forse col merito, ma sul serio, potremmo migliorare la nostra agonizzante università. Forse. Magari dovremmo anche cambiare un po’ mentalità e sgonfiare qualche pallone gonfiato. Ce l’ha una ricetta per i tromboni delle Università? Guardi che è pieno, ce sono tanti, un numero esorbitante.

Ci sono persone che se ne vanno dall’università italiana anche se hanno già una carriera avviata. Lo fanno semplicemente perché nella maggior parte dei casi all’estero si lavora meglio, con più entusiasmo e soprattutto in maniera più democratica. E poi, in generale, che pena questa distinzione tra vecchi e giovani. Che noia e che odore di chiuso che emana tutta questa ossessione alla rottamazione. Se, a causa del lavoro che manca, si va predicando che occorre avere una mentalità più elastica, che si deve essere pronti ai cambiamenti lavorativi, non si può dall’altra parte distruggere ogni prospettiva ad un quarantenne perché è “vecchio”. Capisco bene il problema dei giovani che, senza lavoro, non possono costruirsi una famiglia (ho anch’io una figlia in procinto di laurearsi). Ma chi a 40 o 50 anni la famiglia ce l’ha già ma non riesce più a mantenerla perché ha perso il lavoro, cosa dovrebbe fare? Qualunque cosa ma non bussare alle porte dell’università italiana dove una buona parte dei posti sono già assegnati per lignaggio e parentele e qualcun altro da domani sarà legato alla carta d’identità del team leader. Che sciocchezza signor Ministro, che gigantesca sciocchezza.


[Alessandra]

11 commenti a “Che sciocchezza Ministro!”

  1. matteo Zocca dice:

    Mante’s wife 4ever

  2. Fabio Sabatini dice:

    La ministra Carrozza fa un grave peccato d’omissione quando si vanta dell’allentamento del blocco del turnover nell’università. Il suo governo per ora lo ha inasprito, il turnover. Ne parlo qui: http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/11/04/legge-di-stabilita-il-declino-delluniversita-nel-paese-delle-sirene/765712/

  3. gregor dice:

    Merito, trasparenza e chiusura delle piccole università. Nn dico altro.

  4. frank dice:

    sapete bene, vero, che “merito”, oltre all’ideologia, implica investimenti concreti..? centri specializzati e d’eccellenza, investimenti anche governativi, parecchie borse di studio, sistemi digitali, strumenti, soprattutto strumenti mirati e utili

    servono soldi, prestiti, donazioni: in altre parti del globo grossi imprenditori donano edifici e strumenti utili alle università

    sapete, vero, che con l’introduzione dell’Euro in Eurolandia scambieranno il sapere e la ricerca in inglese, certamente, ma anche francese e tedesco, tagliando via completamente la lingua italiana.. e una ricerca e un sapere han bisogno di essere divulgati e non esser solo uno strumento elitario e specialistico, ma anche culturale

    tutto questo, ovviamente, lo sapete, prima di cominciare la discussione

  5. fausto dice:

    Sono d’accordo con Alessandra, anch’io penso queste cose. Ma quando le penso, con tutti gli annessi e connessi di abitudini e rigidità culturalie italiane, mi sorge un però. Mi viene in mente un episodio. C’era una bambina che frequentava le elementari con mio figlio. Andava male a scuola, era sempre svagata, camminava per strada come in un altro mondo, dalla famiglia forse non aveva un aiuto. Chiamiamola Maria. Quando le elementari finirono, la maestra, nel salutarci ci parlò di Maria, disse che avrebbe potuto essere bocciata, che il giudizio su di lei l’avrebbe segnata e, contemporaneamente ci fece leggere un suo tema. A rigor di regola non avrebbe potuto farlo. Non ricordo bene le parole del tema, ma quel momento non posso dimenticarlo. Un tema bellissimo, sorprendente, commovente, profondo, un mondo che si spalancava. Fu un episodio fondante, mi torna spesso in mente e mi torna ora che si parla di scuola e di merito. Nel post si parla di università, qui di scuola primaria, ma sappiamo che quando si cambia modo di pensare, e dobbiamo farlo, spesso lo si fa in modo totale, spostandosi con armi e bagagli da una posizione all’altra. Come possiamo considerare le capacità in un modo che non sia applicato freddamente? Che ne facciamo di Maria, dei nostri figli più sensibili e fragili?

  6. eligio de marinis dice:

    Verissimo tutto, l’età non può essere la discriminante. Però non può esserlo nemmeno al contrario: quando un giovane dottore di ricerca, addottoratosi con tesi giudicata eccellente da una commissione non sospettabile di piaggeria, sente dal suo capo la seguente frase: “Ho sondato i colleghi per vedere se questo bel risultato può tradursi in qualcosa di più solido qui in università. Hanno detto che a 33 anni sei ancora un po’ troppo giovane”…. Fate vobis.

  7. alessandra dice:

    Infatti non deve esserlo e basta. Se fosse una questione di merito il giovane e brillante dottore avrebbe potuto cogliere le giuste e meritate opportunità

  8. frank dice:

    quel che scrive fausto è molto importante, e direi prioritario: uno strumento non vale nulla se non c’è una saggezza umana

    non è una gara, in fondo la forzatura alla competizione è spesso sbagliata e deleteria: la concorrenza deve tener conto della cooperazione e sussidiarietà

    l’intelligenza non nasce nel deserto, ha bisogno di confronto e un ambiente idoneo per svilupparsi

    anche perchè sono dinamiche talmente complesse e delicate che non esiste una regola e un ordine unico

    c’è chi fa fatica a normalizzarsi in un certo ordine d’idee, un sistema che non è per forza ‘giusto’ (lo stesso discorso vale per l’Euro come pensiero unico, a danno di un più ricco pluralismo economico e culturale: che può benissimo avere un’altra forma di governo continentale)

    l’impegno deve esser rivolto a fornire strumenti diversi, a chi è in difficoltà e anche a chi ha capacità straordinarie, anzi persone sensibili e fragili possono avere delle capacità imprevedibili

    non è e non dev’essere una gara, le regole devono essere condivise, e occorre confrontarsi anche con altre realtà europee, senza chiusure

    è molto bello quello che scrive fausto, condivido

  9. frank dice:

    se non si è capaci di cambiare determinate realtà (università, sindacati, partiti, industria) forse è meglio impegnarsi per crearne delle altre

    certo non è facile ottenere una certa autonomia gestionale visto quel che ha combinato ad esempio Mediobanca con Olivetti ed è quel che probabilmente succede anche in altri settori, anche in politica.

    creare altre università con certi criteri, e ‘fare scuola’, dare l’esempio, diventare un metro di confronto. In questo modo qualsiasi corporazione è destinata col tempo a sgonfiarsi e pacificamente

    i ragazzi possono spostarsi tranquillamente da una parte all’altra dell’Italia, quando c’è una scuola valida e autorevole non c’è nemmeno bisogno di spendere in volantini pubblicitari, basta il passaparola. Diventa attrattiva per tanti soggetti e contribuisce a formare un indotto e una microeconomia

  10. enrico dice:

    chiamare la gelmini sciagurata mi sembra un complimento eccessivo anche per un blog educato come questo

  11. diamonds dice:

    Mi ricorda una mia cugina non molto pratica che quando la madre e` crollata psichicamente e ha perso il controllo degli sfinteri farneticava a proposito che il problema sarebbe stato risolto interagendo con gli assistenti sociali del comune.un bel bagno di realta` ha fatto di lei una persona migliore