Contrappunti su Punto Informatico di domani.
Hanno ragione i parlamentari del Movimento Cinque Stelle: la vicenda della violazione informatica delle caselle di posta elettronica di alcuni di loro è molto grave e non ha ricevuto l’attenzione politica e mediatica che meritava. I grillini sostengono che quanto accaduto faccia parte di un progetto di attacco e delegittimazione collegato ad altri atti ostili (il M5S ha denunciato nei giorni scorsi il furto di un hard disk all’interno del Parlamento stesso); più probabilmente le ragioni di un simile attacco e della sua successiva sottovalutazione sono da un lato banalmente tecnologiche (a dispetto della propria vocazione di rete il M5S da sempre non brilla per attenzione e competenza tecnologica) e culturali da un altro. Delle prime si è parlato poco o nulla (come è avvenuto l’attacco? Attraverso il furto di password o con altri sistemi?), le seconde invece sono note e attingono alla nostra grande diffidenza nei confronti della cultura informatica. Ho idea che molta della mancata solidarietà ai parlamentari del M5S le cui caselle email sono state pubblicate in rete venga da colleghi che le email le leggono dopo che la segretaria gliele ha stampate.
In ogni caso, mentre ogni singolo parlamentare della Repubblica nei giorni scorsi ha rilasciato una pensosa dichiarazione sui temi del controllo della rete sollevati da una intervista del Presidente della Camera Laura Boldrini, pochissimi hanno ritenuto di dover stigmatizzare la pubblicazione delle mail dei parlamentari di Grillo.
Sui temi tecnologici dell’attacco non è possibile dire molto: non è dato sapere se la violazione è avvenuta perché i cracker hanno intercettato la password delle caselle o se abbiano invece utilizzato altri metodi di intrusione. E questo fa un po’ parte di una oscurità comunicativa a cui il M5S ci ha purtroppo abituati, motivandola con i rischi legati a una possibile intelligenza col nemico. Nella lunga conferenza stampa () tenuta alla Camera qualche giorno fa nessuno dei giornalisti presenti ha comunque ritenuto di porre simili interessanti domande. È prevalsa, come sempre accade in Italia, la sottolineatura degli aspetti dietrologici e sentimentali che tanto ci piacciono e ci rendono partecipi ma che assai poco ci aiutano a comprendere i fatti.
Quello che è certo è che le mail incriminate sono al momento in cui scrivo molto facilmente scaricabili da Internet e lì probabilmente rimarranno. Del resto se i provvedimenti di oscuramente giustamente invocati dai parlamentari M5S e da Grillo stesso, devono essere quelli che utilizziamo usualmente per i siti di scommesse o di ecommerce situati al di fuori del territorio italiano, allora forse tanto vale non fare nulla, visto che blacklistare i DNS è di fatto una dichiarazione di intenti e poco più. Nel frattempo una ricerca sul sito web del Partito Democratico non mi ha mostrato alcuna chiara presa di posizione sull’utilizzo del logo del Partito da parte degli ignoti autori della violazione informatica e questo è di per sé piuttosto grave. Il Partito Democratico ha numerose solide ragioni per dissociarsi rumorosamente da un simile gesto, non foss’altro perché i fantomatici “hacker del PD” richiamano alla mente alcune sfortunate azioni di comunicazione su Internet che il PD stesso ha orgogliosamente sostenuto fino a ieri.
A testimonianza del fatto che Internet forse è il mezzo ma non il male assoluto va poi sottolineato che l’utilizzo peggiore e maggiormente deplorevole dei dati in questione è stato fatto da alcuni quotidiani di carta che li hanno utilizzati per basse insinuazioni di natura sessuale sui parlamentari del M5S. Forse, oltre ad interrogarsi quotidianamente sulla capacità della rete di gettare fango sulle nostre identità, sarebbe il caso di occuparsi anche di certa stampa che si applica al medesimo sport in maniera professionale e continuativa.
Al parlamentare grillino che durante la conferenza stampa di ieri diceva che della pubblicazione delle sue email “nun me ne po’ frega’ de meno” occorrerebbe invece far leggere quanto Bruce Schneier scriveva nel 2006 a proposito del valore della nostra riservatezza (ricopio la traduzione in italiano fatta a suo tempo da Paolo Attivissimo)
La vera scelta è fra libertà e controllo. La tirannia, sia che emerga sotto la minaccia di un attacco fisico straniero, sia che derivi da un’autorevole sorveglianza domestica, resta comunque tirannia. La libertà richiede sicurezza senza intrusione, sicurezza abbinata alla privacy. Una sorveglianza generalizzata da parte della polizia è, per definizione, uno stato di polizia. Ed è per questo che dobbiamo essere paladini della riservatezza anche quando non abbiamo nulla da nascondere.
In queste poche righe risiedono le ragioni profonde per cui la violazione delle caselle email del M5S sono un atto grave che riguarda tutti noi. Un atto grave che merita tutta la nostra incondizionata solidarietà. Nelle stesse righe le ragioni per cui la solita frase “tanto io non ho nulla da nascondere” è da sempre la risposta standard dello sciocco sul bordo del precipizio
Maggio 5th, 2013 at 12:03
Sul fatto che non vengano presi sul serio se n’è discusso al IJF e si notava come se ti comporti costantemente come lo studente delle superiori, quando vuoi dire qualcosa di serio ed essere ascoltato (perché è avvenuta una cosa grave) rischi di non essere ascoltato o che quello che dici venga preso con leggerezza.
Sul fatto che queste persone non brillino per competenza (dopo aver stressato l’argomento) è un ulteriore punto chiave: se lasci casa aperta, non è difficile che qualcuno entri in casa, se diffondi tutte le informazioni sul tuo conto e non adotti misure adeguate, è molto probabile che qualcuno senza sforzo entri in casa tua. Questo non giustifica il fatto, che rimane estremamente grave, ma non si può dire che non sia inaspettato [ tipo http://www.pierotaglia.net/se-fossi-una-brutta-persona-sicurezza-social-media-politica/ ]: queste persone non sono più comuni cittadini dal momento che hanno deciso di entrare in politica e di conseguenza dovrebbero smettere di usare la rete e le loro comunicazioni come se fossero comuni cittadini. Alla fine tornano sempre le parole di Peter Parker: da un grande potere, derivano grandi responsabilità (almeno alleggeriamo una conversazione seria che parla di una cosa grave).
Sul fatto che non se ne stia parlando non so quanto sia un male: l’effetto Streisand è sempre dietro l’angolo (e il rischio che i media si concentrino solo sulle cose scandalose invece di cogliere il problema principale è dietro l’angolo).
Maggio 5th, 2013 at 19:54
Sono d’accordo sul fatto che il Pd non si sia abbastanza dissociato dall’uso del suo nome da parte di questi fantomatici hackers democratici, visto lo scandalo quando fu pubblicato il testo della telefonata di Fassino con Consorte, ed ugualmente grave il silenzio del Pdl che è sempre lì a difendere la privacy di Berlusconi….
Credo che però, onestamente, una parte di colpa sia nel rapporto difficile che i grillini ten gono con la stampa: no ai talk shows, no alle riprese nei comizi, no alle conferenze stampa, io stesso che non rapprsento un media di regime ho chiesto a Giulia Sarti e ad un altro deputato del 5 Stelle di poter porre loro delle domande scritte con risposta scritta e non mi hanno ancora risposto…è lamentarsi di un blackout informativo voluto in parte da loro stessi, anche per motivi validi ma così forte…
Maggio 6th, 2013 at 09:59
Gran bel pezzo. Complimenti.
Da addetto del settore, posso dire che in generale sui temi della sicurezza ICT, in Italia c’è o una sorta di idiosincrasia o una nevrosi da KGB.
(si passa dalla password 12345678 a roba con cifratura RSA per proteggere le foto delle vacanze)
Nel caso specifico del M5S è indubbio che si è trattato di sciatteria nell’uso del mezzo da parte dei neoparlamentari che ha spalancato le porte a questi ladri di polli la cui firma (“hacker del PD”) mi fa una tristezza enorme.
Da un movimento che vanta un alto tasso tecnologico come il M5S, mi sarei aspettato minimo l’utilizzo per la corrispondenza via email di strumenti tipo GnuPG.
Ma come tu hai giustamente evidenziato, questi sono ossessionati dalla trasparenza. Hanno il mal celato culto del Panopticon.
E alla fine, mi sa che ci meritiamo tutto.
Maggio 6th, 2013 at 12:38
[…] Da quello che si legge sul New York Times casca perfettamente dentro la discussione sulla rete, privacy e Big Data. Viene sempre da stare con Lanier, a prescindere. Come difenderci anche da Google, […]
Maggio 6th, 2013 at 14:11
Oggi Luca Annunziata pubblica un ottimo articolo che fa ancora più chiarezza soprattutto su par-anoia che ora è oscurata dall’Italia ma che è possibile aggirare switchando i propri DNS con dei resolver open. Dunque non capisco neanche il provvedimento a metà del tribunale di Roma: ha senso non bloccare tutto (IP su dorsale) per una violazione che viene ritenuta così grave?
Basta andare su par-anoia.de e purtroppo si trova tutto, anche i file del M5S (ovviamente non ho neanche provato a scaricarli). Immagino ci siano aspetti di diritto digitale che mi sfuggono perchè ho altre competenze.
Maggio 7th, 2013 at 07:41
ho provato a condividere questo bell’articolo sulla mia bacheca, altre volte l’ho fatto tranquillamente, a questo giro ma non mi é stato concesso, esce un messaggio ‘il messaggio non può essere pubblicato su questa bacheca’, mi sapere spiegare come mai?