05
Apr
“La retribuzione iniziale è di 1€ a post, netti, e chiediamo un minimo di 10 post settimanali. Se ti sembra troppo poco considera che in poco tempo, quando avrai acquisito maggiori competenze, sarai in grado di scrivere un numero in costante crescita di post accrescendo di conseguenza anche il tuo guadagno”.
(via ritagli di .mau.)
Aprile 5th, 2011 at 20:02
oh ma sossoldi!
Aprile 5th, 2011 at 20:36
Non cambia molto rispetto ai 2-3€ percepiti per articolo dai precari dei quotidiani cartacei…
Con buona pace della qualità, ovviamente.
Certo che è impressionante, pensare che per fare uno stipendio da 1000€ mensili servano 40 post al giorno…
Aprile 5th, 2011 at 21:14
beh sono pur sempre quasi 2000 lire
Aprile 5th, 2011 at 21:45
Bene, ma..chi paga?
Aprile 5th, 2011 at 22:01
Bhe: un euro lordo immagino.
Comunque si, drammaticamente è il prezzo di mercato. Per la carta stampata locale si arriva a 5 € al pezzo per quello che so.
Aprile 5th, 2011 at 22:02
Quoto totalmente Ronchi.
Aprile 5th, 2011 at 22:13
ma questo è ancora niente.
tempo fa trovai di meglio, un percorso di stipendio che PORTAVA a 1 euro a pezzo: http://bit.ly/ar8Oeo
Aprile 5th, 2011 at 22:21
A me di euri ne davano due, limite settimanale di non più di trenta post, in cambio però dovevo:
– trovare argomenti “caldi” collegandomi ogni giorno a portalie aggregatori indicati da loro;
– coordinarmi con gli altri blogger tramite un foglio condiviso in cui pianificare le uscite settimanali senza rischiare sovrapposizioni;
– scrivere i post secondo regole ben precise come l’uso di certe parole chiave o una certa lunghezza e struttura indicata da loro;
– editare il post caricandolo su WordPress e inserire un’immagine in tema trovata da me, con almeno un link esterno e un cross link (cioè linkando un altro post dello stesso blog);
– commentare i post degli altri e magari anche i miei, magari con nick diversi e id fasulli, per la bellezza di 10c a commento di almeno 10 parole;
– votare almeno settimanalmente (ma le mail con gli ordini e i link erano quotidiane) i post del blog nei vari aggregatori e classifiche;
– tanto per concludere, inviare i rendiconti con i miei post e commenti, la contabilità e il totale dovuto (manco quello gli andava di fare).
E come se non bastasse, ricevevo richieste di recensire libri mai letti e scrivere post pubblicitari a casaccio; e inviti a muovermi, a recarmi a fiere, presentazioni ed eventi con un bonus spettacolare: l’ACCREDITO da blogger, capito, non sei una stronza qualunque, sei una blogger! Sempre per due euri a post.
Sfanculati dopo quattro mesi, con il corollario sprezzante: “lavorare per un blog all’inizio può sembrare divertente ma guarda che è una cosa seria”!
:-(
Aprile 5th, 2011 at 23:55
se non ci fossero limiti per le pubblicazioni e se nessuno controllasse la validità dei post, sarebbe un lavoro fantastico e molto, molto remunerativo
Aprile 6th, 2011 at 06:40
Quale sarebbe secondo voi un prezzo onesto a post? 10 € come i precari della carta? Il doppio? E pensate si possa sostenere un costo simile on line? Io non lo so, ma inizio ad avere dei dubbi….
Aprile 6th, 2011 at 07:34
basta guardarsi in giro per capire i livello qualitativo di molti blog
Aprile 6th, 2011 at 08:00
Chi sono questi? Vado io e gli scrivo 200 post di due righe al giorno… ovviamente copiati!
Aprile 6th, 2011 at 08:10
C’è da dire una cosa: il quotidiano cartaceo sta morendo, e se il blog di turno vuole vivere, deve pagare poco, altrimenti non potrebbe permettersi di esistere. Quindi, gli articoli vengono pagati pochissimo, e non per tirchieria, ma per sopravvivenza.
Ora vi chiedo:
Meglio senza Blog, e senza quel minimo di lavoro pagato poco, o meglio che, anche se poco, un pò di lavoro ci sia?
Aprile 6th, 2011 at 08:40
Scrivere, scrivere, scrivere,scrivere, basta questo?
Credo anch’io che la qualità di molti blog sia molto scarsa.
Aprile 6th, 2011 at 08:56
piccola considerazione: stage in ufficio stampa, 6 mesi, full time (che vuol dire 8 ore… ma più spesso 10) 300 euro. altri 6 mesi, alle stesse condizioni, 500 euro.
ho idea che siamo un po’ tutti nella stessa (pessima) barca
Aprile 6th, 2011 at 09:38
Qui si parla di retribuzione iniziale poi, però, potrebbero concederti la libertà e perfino la cittadinanza romana
Aprile 6th, 2011 at 09:53
[…] […]
Aprile 6th, 2011 at 09:56
Vabbe dai, purtropo è vecchia e si è solo diffusa a macchia d’olio. Ne parlavo anni fa: http://www.dariosalvelli.com/2007/12/la-mia-esperienza-sul-nanopublishing
Aprile 6th, 2011 at 10:23
L’unica differenza coi giornali è che questi qua almeno non mettono sul piatto la “possibilità di conseguire il tesserino da pubblicista”. Per il resto, economicamente almeno, è uguale. Anzi, anche meglio, visto che non devi fare neanche una telefonata (a spese tue).
Aprile 6th, 2011 at 11:41
Magari la soluzione è mettersi in proprio o aspettare che siti come Diggita inizino a funzionare…
Aprile 6th, 2011 at 13:32
@ Alberigo. Meglio meno offerta e paghe dignitose. In particolare se l’offerta, come oggi, è copia di copia di copia, quindi in particolare di fronte ad una moltiplicazione di contenuti-replica che non serve a nulla se non a rendere impossibile, in rete, un reperimento di informazioni con il grado minimo di accettabilità (stilistica, informativa, di approfondimento ecc.). Tutto questo distrugge anche l’utilità dei motori di ricerca, di strumenti come google news, pieni di robaccia e di diversivi per algoritmi, scritti per catturare la macchina google ma senza alcuna reale utilità. Guardate il tempo medio di permanenza dei lettori su questi blog e capite il senso di un disastro intellettuale oltre che lavorativo.
Detto questo nella vita si può fare anche altro: se ti pagano 2 euro a post meglio andare ad avvitare sportelli ai frigorigeri dell’Ariston. Se un po’ più di gente iniziasse a dire dei bei, sonori “NO” di fronte a proposte del genere forse qualcosa cambierebbe…
Aprile 6th, 2011 at 14:04
mooooneyyy it’s a hit
Aprile 6th, 2011 at 14:25
@Manu
ma vuoi mettere essere un blogger/pubblicista/aspirante giornalista? :)
cmq quote generalizzato per i commenti sopra:
-questi non pagano meno di quanto hanno sempre pagato i giornali, quando pagano (v. i giornali locali con articoli scritti da 16enni aspiranti Mura e Montanelli)
-la normalità è lo stage non retribuito
-certo questi blog non hanno nessun valore per chi li legge ma servono solo per raggirare il signor googlebot per poi vendre pubblicità
Ps all’ariston col cacchio che ti prendono ad avvitare bulloni perché o sono già in Cina oppure se hai più della 5a elemenare poi rischiano che tu trovi un lavoro migliore e te ne vada ;)
Aprile 6th, 2011 at 15:15
Al trattamento economico bisognerebbe associare dati tecnici sul pezzo, livello qualitativo richiesto, ecc.. Resta sempre vero un fatto: è un mondo libero, si può fare altro…
Aprile 6th, 2011 at 15:36
@Manu: e come fai a decidere di avere meno offerta in un mercato libero? :)
Aprile 6th, 2011 at 16:12
@ Alighiero. E’ libero un mercato che offre la stessa paga a tutti chiedendo al lavoratore (e quindi offrendo al lettore lo stesso prodotto finale) lo stesso genere di prestazione: scrivi post di questa lunghezza, con queste parole chiave, con questa descrizione, dando questo nome alla foto, non usando questi caratteri, mettendo tot. link interni e tot esterni, facendo commenti fasulli, postando il tuo pezzo negli aggregatori, mettendo il mi piace su Facebook…? E’ come avere un mercato dell’auto che vende e propone soltanto Panda diesel di colore blu metallizato.
E’ libero un mercato dove la scelta del consumatore non è libera perché passa per un unico tramite (leggasi Google) cui bene o male tutti si devono adattare sia nel cercare informazioni che nel proporre informazioni?
Detto in altre parole: come posso definire libero un mercato in cui l’80% delle informazioni sono traghettate da Google e targettate e adattate per l’algoritmo di Google?
Ridetto in altre parole: siamo proprio certi che un blog/portale curato che paga anche solo il minimo in euro da tariffario pubblicisti/giornalisti a pezzo abbia meno successo della ennesima replica che ricicla gli stessi contenuti? Io credo che uno lavora proporzionalmente a quanto gli si dà: mi dai 2 lavoro per 2, mi dai 30 lavoro per 30. E i risultati finali sono conseguenti.
Ma banalmente la verità è che costa meno fatica sparare nel mucchio della rete sfruttando contemporaneamente l’incoscienza collettiva e la mancanza di solidarietà del lavoratore medio che si lamenta e non agisce mai, conviene tirare mille cartucce badando esclusivamente a cercare il click di adsense o a produrre tanta quantità per sparare proposte commerciali agli inserzionisti in cui si possa dire “il tuo messaggio compare in 100 blog!” e portarsi così a casa gli spiccioli, magari anche pochi (ma tanto le spese sono proporzionalmente più basse) sapendo benissimo che questi blog mai e poi mai diventeranno qualcosa di duraturo/di successo. E alla fine non gli interessa nemmeno che lo diventino…
Aprile 6th, 2011 at 19:18
Come spesso accade si paga la quantità e non la qualità. Avrebbe più senso pagare a qualità. Ne guadagnerebbe l'”editore” e ne guadagnerebbe tutta la rete.
Però spesso é più facile pagare (poco) la quantità. Semplicemente perché più facilmente quantificabile (scusate il gioco di parole).
Aprile 6th, 2011 at 22:07
per capire se la tariffa offerta è corretta, dividete il salario minimo orario (direi non sotto i sette euro netti l’ora) per il numero di post dignitosi nei contenuti e della lunghezza richiesta che riuscite a fare in un’ora. difficilmente il risultato è 1.
Aprile 7th, 2011 at 07:04
Un barattolo di fagioli di Spagna della marca più economica costa 0.35 eurocent. Quanti fagioli siete disposti a lasciare per questo suo post?
Aprile 7th, 2011 at 09:21
@Manu “Detto in altre parole: come posso definire libero un mercato in cui l’80% delle informazioni sono traghettate da Google e targettate e adattate per l’algoritmo di Google?”
Probabilmente sono anche di più…ma cosa c’entra?
Google è uno strumento di ricerca ed è normale che chi fa editoria web consideri *anche* la popolarità dei temi e la frequenza di ricerca prima di assegnare i pezzi e i post. Non ci vedo nulla di sconveniente. E’ come dire che prima di lanciare sul mercato un nuovo prodotto si fa *anche* un’analisi dei prodotti che soddisfano i bisogni del pubblico.
Il punto semmai è che nel caso degli sciatto-editori di cui si parla il discorso inizia e finisce qui e non ci sono altre scelte e valutazioni che interpretino i dati e oltre a intercettare dei bisogni propongano degli stimoli nuovi, creando oltre che seguendo.
Che poi sarebbe un po’ il mestiere dell’editore, ma costa fatica, tempo e soldi che non tutti sono disposti a impegnare
Aprile 7th, 2011 at 09:46
Cosa c’entra? Il punto è che o scrivi come Google e solo Google vuole che scrivi o sei penalizzato. E’ una privazione di libertà anche questa, lo dico per chi parla di “libero mercato”, dato che l’autorevolezza dell’informazione viene dopo il fatto che l’informazione stessa sia ben targhettizzata per Google. Ci sono tanti esempi in rete di contenuti anche fuffa scritti apposta per scalare pagine di Google e che sono riusciti nel loro scopo.
Il tuo paragone con l’analisi di mercato non regge perché è come se ci fosse un unico compratore-rivenditore (Google, quello che, tra l’altro, ti paga se decide, e non certo solo con criteri “qulitativi”, che hai scritto un contenuto che sia degno di stare in posizioni visibili) invece di -mila possibili. Il corto circuito per cui ti paga se lui stesso decide che sei ok per stare davanti. Poi potete anche dirmi che il tutto è strutturato per premiare il contenuto più visto, con più tempo di permanenza per pagina, più linkato ecc. ma sappiamo benissimo che tutto questo ha -n forme di sviamento per dribblare e far apparire contenuto appetibile quello che non lo è o lo è in parte (ci sono anche delle professioni nate per questo scopo).
E se tutto questo non significa “meno libertà di scelta” almeno significa “uniformazione” dato che si è costretti a scrivere in una certa maniera (quella che Google pretende).
Ma al di là di questo è anche un discorso di coraggio: se non si sceglie di intraprendere una via alternativa, credendo che c’è anche un mercato alternativo a quello puramente quantitativo del click pubblicitario, preso più o meno truffaldinamente, o a quello del “ho 100 blog in cui mettere la tua pubblicità” non si va da nessuna parte. Per me, per fare un esempio, l’esperienza del Post.it in questo è da premiare per coraggio…
Aprile 7th, 2011 at 10:56
Google vuole, Google pretende, non ti sembra di aver personalizzato un po’ troppo i termini del problema? Non ho interesse a difendere un servizio che ha i suoi lati oscuri ma non mi sembra che siano questi.
Ci sono ottimi produttori di contenuti che riescono a scrivere tenendo conto dei suggerimenti seo senza abbassare di una virgola la qualità di quello che fanno. Ci sono sempre meno siti di arbitraggio nelle posizioni alte dei risultati di ricerca.
Sicura che il problema sia Google?
Sul fatto che ci sia bisogno di coraggio sono assolutamente d’accordo e ben vengano tutti quelli che ci provano, Post compreso. Resta il fatto che il coraggio va combinato con un modello di business che si regga in piedi e questo è un problema anche e soprattutto per chi fa le cose per bene
Aprile 7th, 2011 at 11:12
Google è parte del problema, non il problema, questo ho sostenuto.
Poi: se nel modello di business rientrasse anche la percezione che il successo di un “prodotto” deriva anche dalla soddisfazione di chi a questo prodotto partecipa, dal suo interesse e dalle sue motivazioni, cose che in America ad es. hanno capito da decenni, magari non staremmo nemmeno a parlare di tutto questo.
E questo messi a lato tutti i discorsi retributivo-distributivi per cui il Sig. Pinco in cima alla piramide del multilevel produttivo editoriale guadagna migliaia, e i signori Pallo in fondo le briciolette. Quasi sempre in totale spregio delle regole (leggasi tariffari degli ordini, contratti fasulli, collaborazioni finte, stage inventati ecc.) che esisterebbero e sfruttando la totale mancanza di coscienza e coesione sociale di un popolo, i c.d. precari, che spesso si lamentano e quasi mai agiscono nelle sedi opportune che anche esisterebbero (sindacati, tribunali del lavoro, voto, iniziativa redazionale autonoma ecc.).
Aprile 7th, 2011 at 11:32
Solo per conoscenza @manu: il tariffario dell’Ordine dei Giornalisti non è mai stato vincolante (a differenza di quanto accadeva per tutti gli altri Ordini professionali, strano ma vero) ora lo è men che meno.
Aprile 9th, 2011 at 07:12
[…] via Massimo Mantellini l’ennesimo caso di offerta ridicola per blogger. E poi trovo un approfondimento a casa di […]
Dicembre 13th, 2011 at 13:19
[…] giorno fa qui, e poi evoluta con la questione del “blogging a un euro a post” letta qui, e ripresa da più parti. I cazzii da enumerare non sono pochi – chiedendo perdono in anticipo per il tono […]