14
Set






Massimo mi chiede un parere sui manifesti pubblicitari della mostra milanese di Hopper di cui ha scritto Luca su Wittgenstein. Personalmente li trovo veramente molto brutti. Se partiamo dal presupposto che essi vogliano dare un messaggio antielitario, estendendo l’idea che l’artista in questione sia “proprio per tutti”, forse non è ozioso chiedersi:
“Siamo sicuri che tutti sappiano chi è Edward Hopper e lo identifichino immediatamente?”.







Il cartellone, sfuggendo alle dinamiche delle solite, magari retoriche, presentazioni, non concede aiuti, eccezion fatta per la riproduzione del quadro che i più-che-sorridenti protagonisti tengono in mano (che si sarà poi da ridere?). Non si ha idea di chi si stia parlando, si capisce solo che si tratta di un pittore. Il manifesto che tanto assomiglia, come ben sottolinea Luca, ad un qualsiasi altro messaggio pubblicitario (anche un po’ scialbo per la verità), veicola l’informazione, tutta da verificare, che Hopper sia un artista così banalmente noto da risultare il preferito di tanta gente comune. Sarà… (consideriamo che anche nei licei in cui si studia storia dell’arte, spesso non si va oltre gli impressionisti).
Ma poi, perché dover togliere ad ogni costo quell’aura di cultura, magari un po’ snob che spesso circonda una mostra, per dare un messaggio falsamente democratico dell’arte? Essa è sì per tutti ma, per goderne appieno, è necessario dedicarle tempo ed impegno. Perché non dichiararlo? Altrimenti altro non si fa che sancire quel modello di superficiale “fruitore” (orrendo termine, però in questo caso calzante) che quasi corre da una stanza all’altra del Louvre (perché già che è lì ed ha pagato il biglietto lo deve visitare tutto, fino allo stremo) e non ha il tempo di emozionarsi davanti ad un’opera (per emozionarsi non è necessario essere dei conoscitori, spesso basta osservare con calma e con la voglia di vedere). Al massimo può fermarsi davanti alla Gioconda per fotografarla ed ammettere con una punta di delusione che dalle riproduzioni se la sarebbe immaginata più grande. Oppure di chi per essere andato a vedere un paio di mostre di arte già si sente un esperto. È snobismo avere in odio la superficialità con cui affrontiamo sempre tutto?

[Alessandra]

30 commenti a “Dennis Hopper”

  1. Giancarlo dice:

    Suvvia, andare a una mostra non è come andare a una messa cantata. Ci si può andare, come il sottoscritto e rimanere un semianalfabeta in fatto d’arte. Ovvio che gli esperti hanno un altro approccio e hanno il diritto di approfondire, però da qui a schifare la massa ce ne corre. Se qualcuno, anche involontariamente e superficialmente scopre Hopper di sicuro male non gli fa.

  2. Giancarlo dice:

    ps: e comunque per me easy rider resta un mito :)

  3. alessandro longo dice:

    No, non è snobismo. E’ profondità, merce rara di questi tempi

  4. Spider dice:

    Voto per lo snobismo.

  5. Spider dice:

    (nel senso che ‘sì’ è la risposta alla domanda del post: aver in odio – addirittura – la superficialità eccetera)

  6. f dice:

    per me, a prescindere da tutto, il problema di quei manifesti e quello che li fa subito saltare agli occhi, e ci fa interrogare sul loro senso, è la loro bruttezza invereconda

  7. aaa dice:

    Sembra la pubblicità di un’agenzia immobiliare.

  8. Simone dice:

    Snobismo

  9. Tanoka dice:

    No, non sempre è snobismo, ma in questo caso sì, lo è.

  10. ilbardo dice:

    Grande Alessandra! Un bacio

  11. Filippo Facci dice:

    La bruttezza dei manifesti è indiscutibile, la riuscita del loro intento resta formidabile.

  12. L1 dice:

    tutto quel che volete, ma pure io dal titolo ho pensato che il tizio di easy rider fosse pure pittore. ‘mazza che ignorantone sono.

  13. paul dice:

    E’ la Democratizzazione della Cultura, baby quell’orribile fenomeno che spinge masse di incolti, lettori di due libri all’anno, a mettersi in fila per il Cenacolo, tra una sgambata in palestra e una lampada Uva, per poi poterlo raccontare a voce alta e fastidiosa al telefonino, in treno, o in attesa per l’aperitivo. Perché la Cultura fa fico quanto lo spinning o la vacanza a Sharm. Perché nobilita, perché è un mezzo di facile promozione sociale. La megamostra artistica, il megafestival letterario mantovano dove si fanno file di due ore per sentire l’immancabile scrittrice afghana, irakena, curda pubblicata da Neri Pozza con le copertine grigie che fanno tanto understatment di lotta culturale, civile e raffinata.

  14. rafeli dice:

    Brutto è brutto.
    Ma tutta questa acredine deriva dal fatto che adesso tutti – pure io – sanno chi è sto benedetto hopper e quindi non è più argomento elitario. Adesso bisogna nominare che ne so, un Fukuyskayka, azzecando pure la pronuncia, eh – ché Hopper ormai è bruciato.

    Quindi Sì, snobismo.

  15. Alessandro Lanni dice:

    Boh, non saro’ un semiologo, ma i tre che ridono stupefatti del quadro che gli hanno chiesto di reggere (l’espressione e’ quella, non si discute) non mi sembra una gran trovata del copy.

  16. Zagabart dice:

    A parte la bruttezza del manifesto e le facce ridanciane dei tre, la questione ruota tutta attorno al concetto di superficialità.
    Io non vedo nessuna traccia di snobbismo da parte di chi, pur senza avere cognizioni specifiche di arte ed artisti, frequenta mostre e cerca di capire il significato e la genesi delle opere.
    Vedo piuttosto una grossa operazione di business attorno alla pubbicità in questione: sfruttando la “promozione sociale” della cultura nel senso indicato da paul, si cerca di fare soldoni. Il problema può essere che così facendo ci se ne fotte della qualità e della possibilità di spiegare l’arte ai più.

  17. Pitigrilli dice:

    mah, io manco avevo capito che era di una mostra… pensavo fosse la pubblicità di un servizio di riproduzioni, o qualcosa del genere!
    comunque penso che, se era quello l’obiettivo, la ‘democratizzazione’ della cultura non la si ottenga così: togli quel velo di fascino e mistero e la gente proprio non le trova le ragioni per spegnere maria de filippi e andare a palazzo reale!!

  18. IvanCrema dice:

    Vado spesso a mostre e musei ovunque mi trovi. Giuro che capisco cira una mazza di arte, non so collocare storicamente Rembrandt rispetto a Chagall; ma so guardare i quadri e le sculture, so emozionarmi davanti a un dipinto che mi piace e non me ne frega niente se è di un divisionista che si è evoluto dalla scuola impressionista e bla bla bla. Mi interessa quello che mi trasmette ed esco dal museo/mostra soddisfatto perchè ho ricevuto forti emozioni, quasi come fossi stato a Monza per la Superbike. Certo, sarebbe bello anche sapere di storia dell’arte, ma il tempo è quello che è, bisogna scegliere.

    Giusto per dire che non c’è un modo solo per godere dell’arte. Farsi le menate elitarie è sbagliato quanto vantarsi con i vicini di fila all’imbarco per Sharm (ma ci vanno ancora?)

  19. Francesco Cortina dice:

    Condivido il commento di Paul fino all’ultimo pixel.

  20. Gianluigi dice:

    Ma non lo avete ancora capito che la vera mostra sono i manifesti. Sono quelli la vera forma d’arte. Una volta l’arte si trovava per strada, nelle chiese, tutti potevano ammirarla e tutti la capivano. Adesso la cosidetta arte è rinchiusa tra le pareti di un museo dove si sta molto attenti a mostrarla a pochi iniziati, mentre i manifesti pubblicitari sono ovunque, spingono migliaglia di persone verso una direzione anzichè un’altra.
    Chi è il vero artista?

  21. dedioste dice:

    “Essa è sì per tutti ma, per goderne appieno, è necessario dedicarle tempo ed impegno.”
    E
    “per emozionarsi non è necessario essere dei conoscitori, spesso basta osservare con calma e con la voglia di vedere”

    Come fanno a stare queste due frasi nello stesso testo?

    Concordo comunque sullo snobismo. E mi meraviglio di come questo atteggiamento spesso non faccia altro che offrire il fianco a critiche come quelle di Brunetta.

  22. leo dice:

    La campagna non mi piace (oltre che per la sua bruttezza) per ragioni che possono sembrare snobistiche. E forse lo sono anche, ma non sono quelle di Sofri.

    Si vuole vedere un quadro anziché una riproduzione anche perché si cerca un rapporto immediato con l’opera, svincolato dalle migliaia (o milioni) di altri sguardi che hanno preceduto il nostro. Ci si mette in relazione con ciò che è bello (o che si ritiene tale) in modo personale, mentre il manifesto invita a visitare la mostra facendo leva sul conformismo. Non andarci perché può piacere a te, ma vacci perché piace a tutti.

    Della critica di Luca Sofri mi pare ridicola la sottointesa divisione della popolazione tra elite colta e popolo bue (o somaro, a giudicare dal titolo del post di wittgenstein): siamo nel 2009, la scolarizzazione di massa a qualcosa dovrebbe essere servita. Altrimenti non saremmo qui a dire la nostra e ad aggiornare blog. Né si farebbero tante mostre.

    La campagna pubblicitaria ha come implicito destinatario non l’intera popolazione, ma solo coloro che prendono in considerazione di visitare, nel loro tempo libero, una mostra d’arte. Ed è sensato supporre che molte di queste persone abbiano un qualche interesse per l’arte, ed abbiano nella propria rete di conoscenze qualcuno che ne sa più di loro. La “fruizione” dell’arte, che sia cinema, teatro, musica o altro, ha anche una sua dimensione sociale: se ne parla tra amici e conoscenti, si dice la propria, ci si scambia un parere, e perché no, un consiglio.
    La premessa di quei manifesti non è sbagliata.

    Sofri “resta senza un giudizio conclusivo”, non perché la realtà è complessa ed ha mille sfumature, ma perché il suo modello (elitismo, antielitismo) non ne ha nessuna. Siamo tutti un po’elite e un po’popolo bue. Lo stesso Sofri si rappresenta come elite che viaggia per vedere i quadri di Hopper (e non aveva ancora 30 anni, l’enfant prodige), e come popolo somaro che usa “brandire” in un’accezione improbabile.

  23. Pinco Pallino dice:

    Chi diavolo è questo Hopper?
    Pinco Pallino

  24. Camillo dice:

    The nedia is the message? E se, per una volta volessero avere la fila all’ingresso? Fosse anche di gente che di Hopper non sa una beneamata cippa? Sgradevole, non sacrilega.

  25. raxi dice:

    Ma il titolo del post è del marito o della moglie?

  26. massimo mantellini dice:

    @raxi come sei pettegolo (ho lottato a lungo per farmelo approvare)

  27. William Olivieri dice:

    Lo snobismo è illudersi di emozionarsi pagando cifre assurde per vedere, talvolta, cose altrettanto assurde.

  28. marco dice:

    Non sono un esperto e purtroppo non riesco a frequentare quanto vorrei mostre e musei, ma quelle poche volte che ci vado vedo gente che gira senza convinzione, senza vero interesse, troppo di fretta, una foto e via.
    Quasi come se dovesse essere una tacca sul proprio curriculum culturale.
    Condivido l’intervento di Facci “orribile ma efficace”

  29. raxi dice:

    Ascoltavo poco fa, complice il tempo e l’autunno in arrivo, la prima Gymnopedia di Satie.

    La suggerisco come compagna di Hopper.

  30. raxi dice:

    Giusto un saluto a uno che se ne va.

    Buona domenica a tutti i sopravvissuti.

    r