07
Set
Contrappunti, su Punto Informatico di domani.
Nei giorni scorsi sono state infine rese pubbliche le motivazioni della sentenza di condanna che il giudice di Modica Patricia Di Marco ha inflitto allo storico siciliano Carlo Ruta nello scorso mese di maggio. Il sito web di Ruta, Accadeinsicilia.net, nel quale venivano raccolte testimonianze appunti e articoli sulla storia recente dell’isola, è stato prima oscurato dalla Polizia Postale di Catania e poi definitivamente chiuso, per il reato di “stampa clandestina”. Senza entrare negli aspetti tecnici del dispositivo, commentati nei giorni scorsi da Guido Scorza su queste stesse pagine, vorrei dire che questa sentenza racconta in maniera chiara e puntuale la deriva ideale di questo paese. (continua)
Settembre 7th, 2008 at 10:48
Immenso post.
Settembre 7th, 2008 at 11:01
Ok, cosa facciamo ora?
Se provassimo a scardinare la legge con se stessa? Se tutti i proprietari di siti italiani avviassero in massa la procedura di registrazione e ovviamente anche le pratiche per averei finanziamenti dell’editoria web?
Settembre 7th, 2008 at 12:22
Bellissimo articolo. Complimenti.
Settembre 7th, 2008 at 14:55
Complimenti, Mante, ottimo articolo.
Purtroppo, la situazione italiana è davvero imbarazzante.
Sarebbe bello coinvolgere il buon Minotti, e vedere con quali “scappatoie” i blogger potrebbero “impunemente” bloggare senza tante tazzine.
Settembre 7th, 2008 at 20:01
Io ringrazio per la chiamata (anche per quella privata). Il fatto e’ che, purtroppo, non ho la bacchetta magica, non posso certo prevedere e/o impedire interpretazioni che, francamente, pensavo abbandonate da anni.
Ci sono due problemi:
– la legge, che non e’ il massimo della chiarezza e lascia certi spazi;
– i giudici nel cervello dei quali non possiamo entrare.
Ho atteso le motivazioni per fare la nuova edizione de Il Minottino. Ora potrò dire qualcosa di più, ma sento una grande insicurezza.
Ritengo la sentenza sbagliata (per numerosi motivi, in fatto e in diritto), ma fondata su una legge sbagliata. Dunque, la responsabilita’ e’ di default fifty-fifty.
Occorre battersi su entrambi i fronti:
– contro la legge in Parlamento;
– contro la sentenza con gli strumenti del caso (appello, ricorso, ecc. – le interrogazioni non servono a nulla in questo caso, specie se avanzate da chi non dovrebbe e prima della motivazione).
Personalmente, come cittadino, dico che Giulietti (e chi lo santifica, v. Di Pietro) meriterebbe un bel calcione fuori del Parlamento, mentre sulla sentenza dovremmo ragionare meglio sulle origini del procedimento
http://www.giornalismi.info/vocilibere/articoli/art_1092.html
Settembre 7th, 2008 at 21:00
Grazie di esistere. E non esagero.
Settembre 8th, 2008 at 00:17
Uno dei tuoi migliori articoli. Immenso.
Settembre 8th, 2008 at 08:30
Ottimo pezzo, ma mi permetto di afrontare un’ulteriore argomento affine. La diffamazione via blog sui commenti. La questione è molto pericolosa.
Perchè?
Il giudice di Modica, nella sua sentenza, fa ad un cero punto una apertura sui blog, quando afferma:
“diverso può essere l’uso che si fa del blog nel senso che lo si può utilizzare semplicemente come strumento di comunicazione ove tutti indistintamente possono esprimere le proprie opinioni sui i più svariati argomenti ed in tal caso non ricorre certamente l’obbligo di registrazione, ovvero come strumento tramite il quale fare informazione”.
Questa affermazione “liberalizza” l’uso del blog, in qualche modo, ma…resta il problema dei commenti a riguardo del reato di diffamazione.
Perchè?
La Suprema Corte di Cassazione ha affermato che “la diffamazione è un reato formale ed istantaneo che si consuma con la comunicazione con più persone lesiva dell’altrui reputazione onde diviene irrilevante, ai fini del perfezionamento della fattispecie, una maggiore espansione quando si sia realizzata la propalazione minima, sempre che si rimanga nello stesso contesto di azione†[2]. da http://www.diritto.net/content/view/44/8/.
REATO ISTANTANEO. Il che vuol dire che non è più possibile ammettere commenti liberi, ma solo moderati.
Io, ad esempio,nel mio blog http://francescatoblog.blogspot.com ho evidenziato una netiquette che precisa che avrei cancellato i commenti diffamatori od offensivi. Per fortuna mi è capiatato di doverlo fare poche volte e sono riuscito a farlo quasi immediatamente, controllando quotidianamente i commenti stessi. Ma ISTANTANEAMENTE è impossibile. E se sono in vacanza?
Significa questo che vi è un obbligo giuridico a moderare tutti i commenti?
Ma questo andrebbe contro la natura stessa del blog.
Gradirei un suo parere.
Settembre 8th, 2008 at 11:02
OT: sono molto contento per la tua “nomination”… complimenti ;)
Settembre 8th, 2008 at 13:01
Chapeau!
Byez
Settembre 8th, 2008 at 22:37
Ma chissà , io che vivo in Lussemburgo… se scrivo di roba italiana, sono soggetto alle leggi lussemburghesi in ogni caso?
Sarebbe da approfondire…
Settembre 9th, 2008 at 12:31
Siamo in paese di civil law, dove le sentenze non fanno la legge – mi rendo conto che non sia semplice da capire con tutti i telefilm di avvocati americani che la TV ci propina. Il prossimo giudice che si troverà di fronte ad un caso simile non dovrà tenere conto di questa sentenza e sbaglierà un po’ meno, quello dopo ancora un po’ meno, ci sarà un cambio generazionale dei giudici e alla fine avremo sentenze sensate. Non è bello che sia così per chi è coinvolto, ma questo è quello che è sempre storicamente avvenuto quando il diritto ha dovuto tener conto delle innovazioni tecnologiche.
Settembre 11th, 2008 at 11:37
Mi sono collegato apposta dall’Africa per dirti che stavolta hai ragione da vendere… Il passo che manca, però, è cominciare ad essere noi i motori del rinnovamento che vogliamo vedere.
Settembre 12th, 2008 at 10:08
Dal punto di vista pratico il problema si supera servendosi di un provider negli USA dove nessuno può bloccare niente perchè la libertà di parola è garantita dal 1mo Emendamento della Costituzione che non è modificabile, cioè non potrà mai essere cambiato da nessuna legge posteriore.
Inoltre la Corte Suprema ha anche stabilito che si applicano anche alla diffusione anonima di informazioni e vale la pena di riportare il passo della sentenza che giustifica questa decisione.
“The reason for those holdings was that identification and fear of reprisal might deter perfectly peaceful discussions of public matters of importance”