05
Gen

PAGARE CWW ( e gli altri)

Luca Conti mi segnala la accorata mail di fine anno che l’editore di Affari Italiani e CWW ha inviato ai propri lettori. Si tratta di una lunga analisi che parte da Andrew Sullivan e dalle sue ormai storiche richieste di soldi ai propri lettori, per arrivare ad ipotizzare la chiusura dei giornali online del gruppo Uomini e Affari se i lettori non decideranno di aprire finalmente il portafoglio.

Se questi affezionati navigatori, che ricevono anche la nostra newsletter, si abboneranno, anche in una piccola percentuale (un dieci per cento? duemila persone?), ai nostri servizi, daranno al nostro bilancio 2003 un importantissimo supporto, che rappresenterà  il giusto viatico perché Affari Italiani viva.

Dicono che voi lettori sul Web volete tutto gratis: ma come può stare in piedi, dal punto di vista logico ed economico, questo ragionamento? E poi, se ritenete del tutto naturale e ovvio pagare per i giornali che comprate in edicola, perché Internet no?

E’ ormai noto che la percentuale media di chi decide di passare dal free al fee quasi mai supera il 2 – 3%. Il dieci per cento di 20.000 ipotetici lettori e’ quindi un numero molto distante dal possibile. La logica del “non” pagare i giornali in rete rispetto a quelli cartacei e’ invece – secondo me – molto semplice e non c’e’ ragione per continuare a stupirsene. Non solo esiste una ampia offerta gratuita in rete (ma questa certo potrebbe anche esaurirsi) ma l’offerta informativa diffusa (quella contenuta nelle liste di discussione, sui blog, sui newsgroup e sui siti amatoriali ) soverchia ampiamente ogni sforzo di esclusivita’ di chiunque. Che ci si chiami CWW ma anche Repubblica, NYT etc. chi continua a meravigliarsi del proprio insuccesso a farsi pagare online ha una idea della rete internet peggiore di quella che abbiamo tutti noi.

8 commenti a “”

  1. looptrain dice:

    Penso che ci sia anche un altro paio di problemi riguardo al pay su internet: il tipo di pagamento da effettuare (meno immediato della moneta da un euro al giornalaio) e la formula di vendita che porta inevitabilmente all'abbonamento (ed anche fra i giornali in edicola il numero di abbonati è quasi sempre piuttosto esiguo rispetto al venduto totale).

  2. b.georg dice:

    Molto giusto, Massimo. Ci sono deduzioni piuttosto semplici, che sono al di là  della capacità  di comprensione degli esperti di internet e di molti internet-affaristi. Eccone un'altra: i contenuti sul web non pagano, ma sono anche l'unico motivo (oltre che per far conoscenza) per cui la gente usa la rete. Ergo: la rete non è fatta per pagare. Cioè: la rete è uno spazio "pubblico". E lo è anche quando qualcuno – per incidente, cioè usando lo spazio pubblico nel modo giusto e non andando contro la corrente – ci fa soldi. Per questo, chi ci riesce, lo fa utilizzando rispettosamente proprio la "pubblicità " della rete, e non calpestandola. Qualsiasi utente lo capisce, perché loro no? Altra semplice deduzione: perché non sono affatto utenti.

  3. Luca dice:

    Caro Massimo, hai usato gli stessi argomenti (piu' o meno) di quelli che ho scritto agli amici di AI…vita dura per gli editori online :(

    Una soluzione puo' essere la sindacation (si scrive cosi'?) dei contenuti, cosi' almeno qualcuno paga

    Cmq grazie per la citazione del mio blog in fasce: devo ancora capire come modificare il template per renderlo un po' piu' original ;)

  4. Fabbri dice:

    Non dimanticare che paghiamo già  molto salato il nostro contributo per navigare in internet, sia con bollette telefoniche che con pubblicità  selvaggia.

  5. tony dice:

    Difficilmente in edicola troverebbe posto informazione di tipo amatoriale come nel web…

    Oltre il 90% dell'informazione che personalmente attingo dal web mi deriva da blogs e nwsgroups.

    Eh già  "vita dura per gli editori onlines" ;-)

  6. Massimo Moruzzi dice:

    perchè mai dovrei pagare per… CWW ?|*!

    CWW sta per "Corporate Wide Web". LOL.

    Quasi non bastasse, perchè mai dovrei pagare per news scritte, decise e selezionate da chi è succube di due tipi di pressioni, una 'politica' (cosa pubblicare per non dar noia ai poteri politici) e l'altra 'pubblicitaria' (cosa pubblicare per non dare noia a chi compra pubblicità  da me) quando vi è abbondanza di notizie libere e gratuite? Importante: non solo gratuite, free anche come libere!

  7. Franco Carletti dice:

    Trovo il dibattito particolarmente interessante, perchè pone nuovamente il problema dei rapporti tra pubblico e privato.

    Pubblico il mezzo (Internet), privato il messaggio nella misura in cui si pretende un compenso per la sua fruizione (è il caso di

    Affari Italiani): non c'è qui una formale contraddizione?

    Osservo che il messaggio, nella misura in cui il mezzo è pubblico, è destinato ad una pluralità 

    indeterminata di destinatari – tendenzialmente a tutti i cittadini italiani;

    il suo loro prezzo unitario dovrebbe pertanto essere pari al costo complessivo del messaggio stesso, diviso i 60-80 milioni di persone

    che costituiscono il target potenziale.

    Una simile infinitesma misura finisce peraltro per svalutare il messaggio e non è praticamente riscuotibile; non resta quindi che distribuirlo

    senza corrispettivo, confidando non nel suo valore di scambio ma nel suo valore d'uso – cioè nelle dinamiche sociali (pubbliche) che esso

    può innescare.

    Franco Carletti

  8. Franco Carletti dice:

    Trovo il dibattito particolarmente interessante, perchè pone nuovamente il problema dei rapporti tra pubblico e privato.

    Pubblico il mezzo (Internet), privato il messaggio nella misura in cui si pretende un compenso per la sua fruizione (è il caso di

    Affari Italiani): non c'è qui una formale contraddizione?

    Osservo che il messaggio, nella misura in cui il mezzo è pubblico, è destinato ad una pluralità 

    indeterminata di destinatari – tendenzialmente a tutti i cittadini italiani;

    il suo loro prezzo unitario dovrebbe pertanto essere pari al costo complessivo del messaggio stesso, diviso i 60-80 milioni di persone

    che costituiscono il target potenziale.

    Una simile infinitesma misura finisce peraltro per svalutare il messaggio e non è praticamente riscuotibile; non resta quindi che distribuirlo

    senza corrispettivo, confidando non nel suo valore di scambio ma nel suo valore d'uso – cioè nelle dinamiche sociali (pubbliche) che esso

    può innescare.

    Franco Carletti