16
Ago
scritto da: massimo mantellini

Ho snobbato la pittura del 400-500 per anni. Da scemo. Suscitando cosi’ il giusto compatimento di mia moglie. Anche per questa ragione oggi, a titolo di tardivo risarcimento, avrei voluto scrivere un post su Giorgione. Poi ho pensato che non ne sarei stato capace.

Pero’ due cose su Zorzi da Castelfranco piu’ noto come Giorgione le voglio scrivere lo stesso. Cosa mi colpisce intanto? Per prima cosa che di Giorgione restino oggi in tutto il mondo solo 25 opere. Circa: compresi alcuni affreschi ridotti da far schifo. Compreso un disegnino quasi illeggibile. (Di queste opere ben 9 sono in questi giorni in mostra alle Galleria dell’Accademia a Venezia). Poi mi colpisce che molti di questi quadri (salto a pie’ pari la banalita’ del dire che Giorgione era un grandissimo pittore certamente fra i piu’ grandi del suo tempo) abbiano fatto ammattire i critici. Di opere notissime come “La Tempesta” si sa poco o nulla. Nessuno ci ha capito un’acca. O quasi.

L’esempio tipico che fa al caso mio e’ quello di un quadro straordinario, conosciuto come I Tre Filosofi. Un quadro che dopo aver girato mezza europa se ne sta da un paio di secoli a Vienna. Un bell’inizio questo titolo datogli a meta’ del 1500 considerando che quasi certamente i tre tizi ritratti filosofi non sono.

Davanti a questo quadro qualche giorno fa Alessandra ha provato a spiegarmi in quante e quali maniere “I tre filosofi” e’ stato interpretato nei secoli. Se Giorgione avesse detto con qualcuno, prima di morire 33enne stroncato dalla peste, chi diavolo aveva rappresentato dipingendo quei tre individui, il vecchio, l’arabo e il giovane seduto, costui ha tenuto la bocca ben chiusa. I maligni vi diranno fin da subito come Taddeo Contarini, il mercante veneziano che commissiono’ l’opera fosse segretamente dedito alle scienze occulte. Se l’idea vi piace seguite questa strada.

Se i tre filosofi non sono tre filosofi non sono nemmeno, come e’ stato sostenuto per anni, i tre Magi. Che del resto sarebbero qui per la prima volta presentati davanti ad una grotta della nativita’ desolatamete vuota. Niente bimbo, ne’ bue ne’ asinello. Questi si fanno un viaggio lungo molte settimane sui loro cammelli ed arrivano dove devono arrivare in clamoroso ritardo. O in imbarazzante anticipo. No, non sono i Magi quelli: trattasi di interpretazione tranquillizzante (ed improbabile) di matrice cristiana.

E non sono nemmeno Marco Aurelio, Averroe, o Tolomeo o addirittura Copernico come qualcuno ha sostenuto. Nel 1600 si pensava si trattasse di tre matematici, piu’ tardi torno’ in auge per un po’ l’ipotesi che si trattasse dei Magi in attesa delle indicazioni della Cometa. Insomma un gran casino.

Gli studi radiografici e riflettografici a cui l’opera e’ stata piu’ volte sottoposta nell’ultimo secolo hanno se possibile complicato ancora di piu’ le cose. Si e’ cosi’ capito che il vecchio sulla destra aveva in origine una specie di corona raggiata in testa (allora e’ Giove! ha detto qualcuno) e che il giovane seduto mostrava tratti del viso luciferini che Giorgione ha poi addolcito. Non piu’ tardi di un paio di anni fa qualche critico (autorevole per carita’, mica Sgarbi) ha sostenuto che i tre fossero i costruttori del tempi di Salomone; qualcun altro e’ convinto che la figura centrale sia un autoritratto di Giorgione stesso. Fantastico no? Una babele di interpretazioni diverse.

Non la faccio troppo lunga. A qualcuno nella vita bisogna pur credere e cosi’ per finire io credo a mia moglie che a sua volte crede a quanto dice Augusto Gentili, che insomma e’ uno storico dell’arte coi fiocchi, di quelli che quando scrive lo capisco anch’io. Gentili ha speso del tempo su questo quadro misterioso e le sue intepretazioni sono colte e convincenti. Troppo colte perche’ io ne possa dar conto estesamente qui. Almeno senza il necessario cut&paste. Allora secondo Gentili l’intepretazione dei tre filosofi e’ una intepretazione religioso-astronomica. Il vecchio a destra sarebbe Mose’ a rappresentare la religione ebraica in una iconografia correlabile a quella della discesa con le tavole dal monte Sinai. Il filosofo mediano e’ invece un musulmano. A parte l’abbigliamento ce lo dice la mano sul ventre (il ventre e’ legato al segno della bilancia, a Venere e l’attitudine venerea e’ tipica dei popoli arabi). Ma non e’ un arabo qualsiasi: e’ Maometto, fondatore dell’Islam. E il terzo personaggio chi e’? Fra le grandi religioni monoteistiche manca solo quella cristiana. Il giovane seduto e’ forse Cristo? Con i ricci e senza barba? No non puo’ essere. Piu’ giovane dell’islamico che e’ una religione piu’ recente? No, non funziona.

Il quadro e’ pieno di riferimenti al 1504 data di una eclissi di luna che secondo le teorie astrologiche preannunciava l’era dell’Anticristo. Oddio, Alessandra parla ed io e’ come se vedessi un film. L’Anticristo. Il 1504 (la data si legge nel quadro) momento di Giove nel Cancro, casa della Luna: il momento del falso profeta, falso sapiente, falso astrologo, non scienziato ma negromante. L’uomo misterioso del quadro insomma non e’ Cristo. Non rappresenta il Cristianesimo ma la sua decadenza: e’ – per dirlo con le parole di Gentili- l’imminente ed attualissima incarnazione dell’anticristo.

E allora signori questo lungo post per dire che qualche volta, come in questo caso, un quadro e’ come un film. Anzi meglio di un film. E nella scena finale, poco prima dei titoli di coda, c’e’ da restare secchi a guardare la immagine di quel giovane che Giorgione ha in un moto di censura addolcito nei tratti dopo aver rimosso il lungo copricapo che lo avrebbe potuto far meglio identificare: il mago nero impegnato a scrutare e misurare la grotta deserta dove non c’e’ e non potrebbe esserci alcuna nativita’ e alcun diverso messia, dove edera e fico – tradizionali simboli di elezione – contrassegnano invece un vuoto oscuro. e dove la roccia riproduce, stagliato contro il cielo, l’ingannevole profilo della sfinge.