16
Ago
scritto da: massimo mantellini



Vediamo se ho capito bene. Aby Warburg era un signore tedesco con la fissa dei libri e della storia dell’arte. Primogenito di quattro figli maschi di un banchiere di Amburgo lascio’ volentieri al fratello Max gli onori dell’alta finanza per dedicarsi ad una strana ossessione intellettuale. Quella di creare una specie di biblioteca dei collegamenti nella quale storia, religioni, pittura e letteratura, miti, astrologia e scienze alchemiche si incontrassero e si scambiassero spunti ed informazioni. Dico io – da ignorante – cercando di immaginarmela, una specie di Internet dei fogliettini e delle cartellette, nella quale riunire, sugli scaffali di una biblioteca fino ad allora mai tentata, informazioni diversissime che si completassero l’una con l’altra.

Questa specie di mania, che con gli anni fece di Warburg un uomo coltissimo e della sua biblioteca una specie di paradiso in terra per gli umanisti di ogni foggia, oggi prende il nome di iconologia. Non ci fosse stato quest’uomo la storia dell’arte del ventesimo secolo sarebbe una specie di deposito polveroso, gli storici dell’arte del secolo scorso persone di straordinaria inutilità. Così la biblioteca di Amburgo piano piano crebbe, incurante della prima guerra mondiale. I soldi che Warburg otteneva dalla famiglia andavano tutti spesi nel tentativo di unire contributi da scienze diversissime per meglio comprendere il mondo. Poiché il motto preferito di Aby pare fosse “Il buon Dio alberga nel dettaglio“, ai curatori della biblioteca, una volta morto Warburg nel 1929, non sfuggi’ il piccolo particolare della sciagurata ascesa al potere dell’omino coi baffetti in Germania. Per tale ragione l’archivio di testi, foglietti e ritagli della biblioteca impossibile, da Amburgo emigro’ – con i mobili, le macchine da scrivere e tutto il resto – a Londra. Dove ancora oggi risiede, religiosamente conservato – in Woburn Square, sede del Warburg Institute. “Studi avanzati” li chiamano.





Non che Warburg fosse persona dagli equilibri formidabili: narra la biografia che la sua prima conferenza, organizzata per un pubblico, per cosi’ dire, non specializzato, fu tenuta in una clinica tedesca presso la quale era di tanto in tanto ospite allo scopo di curare antipatiche e ricorrenti crisi nervose. Parlo’ in quell’ occasione del rituale del serpente, ed insomma, immagino lo stupore dell’inclito pubblico. Cio’ non toglie che l’iconologia abbia oggi, proprio per le sue pretese olistiche un fascino ed una duttilità che sono negate a gran parte delle altre scienze umanistiche. Proprio perché le collega tutte. Di queste cose si occupa mia moglie.


Il buon Dio alberga nel dettaglio” e così anche oggi al Warburg Institute si raccoglie e ci si esercita nell’arte difficile di avvicinare tutto. Mentre fuori, nel giardinetto qui di fronte, piove, Alessandra sfoglia con circospezione alcune di queste preziose cartellette raccolte in uno degli schedari metallici dell’Istituto. Si tratta di immagini di Sant’ Antonio che vengono da pubblicazioni da tutto il mondo. In nessun angolo del pianeta si e’ pensato di avvicinarle così, fisicamente. Un approccio che oggi in molti definiscono come “metodo warburghiano”. Ogni tanto i bibliotecari del Warburg scoprono un nuovo ciclo pittorico su Sant Antonio e le immagini ed i riferimenti vengono semplicemente aggiunti alla cartelletta. Ed a queste immagini la biblioteca collega tutti i testi che si occupano del Santo e tutte le pubblicazioni che ne accennano. Il risultato di un simile certosino lavoro e’ che gli studiosi trovano in poche ore dentro i cinque piani di questa palazzina di mattoni sporchi del centro di Londra, quello che a casa loro richiederebbe molti mesi di ricerche.





Certo io non sono nemmeno lontanamente uno studioso. Nel caso specifico sono nulla di più di un accompagnatore interessato. Così mentre mia moglie continua le sue ricerche dentro le stanze silenziose di questo tempio della cultura vuoto di persone (il Warburg Institute non è ovviamente accessibile al normale pubblico delle biblioteche ne’ agli studenti senza particolari autorizzazioni) e stracolmo di libri ed immagini, piano piano, in questa mattina di giugno, mi abbiocco. Quando dopo pochi minuti riapro gli occhi Alessandra se ne sta ancora inebetita a fissare le centinaia di immagini delle tentazioni di sant Antonio. Prende appunti. Ogni tanto dice sottovoce fra se’ e se’ : “Incredibile”.

Le brillano gli occhi. Ed anche a me, anche se per tutt’altre ragioni: così me li stropiccio, in attesa del ritorno dell’anfitrione che ci ha introdotto in questo paradiso, ed inizio a chiedermi a che ora si pranzi da queste parti.


(giugno 2004)