Oggi è stato un giorno di grandi discussioni e grandi polemiche. Un TG ha pubblicato i video di una tragedia avvenuta qualche settimana fa. Le scene di una funivia, ormai quasi giunta a destinazione, che prima scivola e poi precipita, uccidendo 14 persone.

Subito dopo praticamente tutti gli altri media italiani (con rare eccezioni, di sicuro Avvenire e forse qualcun altro) hanno ripubblicato e reso disponibili ai propri “lettori” quelle medesime immagini. Una scelta che ha appunto scatenato grandi discussioni parallele su chi abbia diffuso quei due video violando la legge, su chi abbia deciso di pubblicarli invocando il diritto di cronaca, su quale sia la logica informativa di una simile esposizione pubblica della morte, su quale sia il movente economico di simili decisioni.

Eppure quelle discussioni ne nascondono un’altra, primordiale e ben più importante: una discussione che rifiutiamo e alla quale in genere preferiamo non pensare. Rimane sempre silenziosa quella discussione, ed è riassumibile in una domanda indecente e orribile:

perché vogliamo guardare la morte degli altri? Quale sentimento inesprimibile sostiene la scelta di chi pubblica simili filmati, così come quelle di chi quelle immagini decide di guardare?

È una delle questioni centrali sulla morte e l’ha esposta con terribile precisione Elias Canetti in un saggio di mezzo secolo fa che si intitola “Potere e sopravvivenza“. Il ritratto di noi di fronte a quel breve video della funivia che precipita era a lui già perfettamente chiaro allora:


“Il terrore suscitato dal morto quando giace dinanzi a chi lo guarda è compensato da un senso di sollievo: chi guarda, non è lui il morto. Sarebbe potuto esserlo. ma chi giace è l’altro. Chi guarda sta in piedi, indenne, incolume; il morto può essere un nemico ucciso o un amico venuto a mancare: in ambedue i casi sembra d’improvviso che la morte da cui eravamo minacciati si sia stornata da noi su di lui.
È questa la sensazione che, rapidissima, ha il sopravvento: ciò che dapprima era terrore trapassa in soddisfazione. Colui che sta ritto, per il quale tutto è ancora possibile, ora è più che mai consapevole di stare in piedi sulle proprie gambe. Non c’è istante in cui si senta meglio nella posizione eretta. E l’istante lo blocca là, il senso di essere alto sul morto lo lega a lui. Se chi sta ritto avesse le ali, ora non si librerebbe in volo. Resta là dove si trova, nell’immediata prossimità dell’esanime, con lo sguardo rivolto a lui; e il morto, chiunque sia, è per lui come se l’avesse proprio ora sfidato e minacciato, e si trasforma in una sorta di preda.
Questo fatto è così orribile e nudo che lo si vela con ogni mezzo. Che ci si vergogni di esso oppure no, è determinante per la valutazione dell’uomo. Ma ciò non muta nulla quanto al fatto in sé. La situazione del sopravvivere è la situazione centrale del potere. Sopravvivere non è solo spietato, è qualcosa di concreto: una situazione ben delimitata, inconfondibile. L’uomo non crede mai del tutto alla morte finché non l’ha sperimentata, e la sperimenta negli altri. Essi muoiono dinanzi ai suoi occhi, ciascuno singolarmente e ogni singolo che muore lo convince della morte. Alimenta il terrore dinanzi alla morte, ed è morto in sua vece. Il vivo lo ha spinto avanti al suo posto. Il vivo non si crede mai così alto come quando ha di fronte il morto, che è caduto per sempre: in quell’istante è come se egli fosse cresciuto.”


9 commenti a “Canetti e il video della funivia”

  1. layos dice:

    Mi ricordi tutto questo dibattito quando sono state mostrate le immagini del crollo del Ponte Morandi? O dell’11 Settembre?
    Quale sarebbe la differenza?

  2. vinz dice:

    Nel crollo del ponte, non si vedevano le facce delle persone; era una cosa più astratta. Nel video della funivia, prima “conosci” i protagonisti, e poi li vedi morire. Anche Nell’11 settembre, vedi solo delle figurine che cadono, potrebbero essere manichini.

  3. layos dice:

    Nemmeno nel video della funivia si distinguono le facce delle persone, potrebbero essere “manichini” per citare la tua definizione. E anche per il Ponte Morandi qui a Genova ci sono stati lunghi articoli sulle biografie di deceduti e sopravvissuti, con forse meno enfasi perché non c’era nessun bambino piccolo in pericolo di vita.
    Quindi no, dal mio punto di vista non c’è alcuna differenza che non sia puramente posticcia.

  4. Insula dice:

    Molte persone guardano le gare di formula 1 sperando che ci sia un incidente spettacolare, possibilmente con incendio del serbatoio. Però va anche bene se il pilota si salva, l’importante è provare un brivido.

  5. degiuz dice:

    Grazie del consiglio. A me questa riflessione ha fatto pensare a “La morte di Ivan Il’ic”.

  6. Bruno Anastasi dice:

    stima immutata per M. Mantellini – e, ovviamente, ossequio deferente per l’inarrivabile autore di “Massa e Potere” – ma non condivido l’accusa di voyeurismo per chi ha trasmesso e per chi ha guardato la scena; alcuni celebri filmati relativi allo sterminio degli ebrei (ripresi tali e quali anche da diversi registi nelle loro opere sul tema) consentono tutt’oggi di zittire i negazionisti o, almeno, di confutare le loro tesi invereconde; se l’atroce video della teleferica aiuterà il giudice designato a pronunciarsi con equilibrio e senza timori sulle eventuali responsabilità penali, ove accertate (a occhio e croce, qualche indizio ci sarebbe … “forchettoni” manomessi, allarmi ignorati e così via), allora la pubblicazione di quelle immagini agghiaccianti potrebbe aver avuto un senso; ricordo solo di passaggio che proprio in questi giorni due vecchi partiti rotti a tutte le contraddizioni (entrambi parteciparono alla farsa del “parlamento del nord” … ho detto tutto …) stanno promuovendo l’ennesimo “referendum” sulla giustizia e, per farlo meglio, hanno approfittato della sciagura per razzolare senza ritegno sulla vicenda dei magistrati rimossi/sostituiti … insomma, la questione è complessa e opinabile, ma l’informazione su temi delicati e che riguardano tutti va approfondita e divulgata senza tanti complimenti

  7. emilius dice:

    Ho come l’impressione che Mantellini stia facendo dei test sulle nostre (inteso come lettori di questo blog) opinioni/reazioni riguardo ad aspetti di questa societa’ che chiamerei paternalistici, ad essere (fin troppo) gentili.
    Mi riferisco anche agli stakeholders.

    Meno il popolo sa, meglio e’.
    Certe cose non si devono sapere/vedere.
    Di certe cose parlano solo gli snob.
    Certe cose le guardano solo i pervertiti.

    Partendo da citazioni di stimati scrittori che pero’ qui, personalmente, mi sembrano un po’ ‘tirate per i capelli’ fuori dal loro contesto.

    … Ma forse e’ solo una mia fantasia, generata anche dal comportamento dei politici (quasi tutti, almeno), che di questa domesticazione degli elettori sono insuperati maestri, come vediamo ogni giorno.

  8. Bragadin dice:

    E se invece volesse solo paragonarsi a Canetti?

    Bragadin

  9. unAlberto dice:

    E di Libero Arbitrio, ne abbiamo?