Sulla scrittura ho da tempo un giudizio statistico forse un po’ cinico ma piuttosto consolidato.

La statistica ovviamente è relativa solo a quello che mi capita di leggere, quindi pochissimo rispetto a quello che esce, spesso limitandomi a case editrici medio grandi (nella maggioranza dei casi) o a libri che in qualche maniera arrivano alla mia attenzione perché ne leggo in giro o qualcuno me li consiglia.

Il 30 % delle cose che mi capitano sotto gli occhi le trovo scritte male e spesso noiose. La domanda che mi faccio sempre quando mi capita di sfogliare certi libri è: come è stato possibile pubblicare una cosa del genere? Sono i libri che abbandono senza scupoli, spesso dopo poche pagine. Sono gli errori. Con gli anni ho imparato a evitarli quasi sempre.

Il 50% sono artigianato. Libri decenti, scritti senza infamia, magari aggiustati un po’ da un editor compassionevole: prodotti tutto sommato “da banco”. Libri di cui compredi il significato nel senso dell’esistenza in vita del prosciutto Rovagnati. Se mi capita di iniziarne uno per sbaglio poi, per senso del dovere o semplice codardia, tendo a finirlo. Devo registrare che spesso simili testi vincono premi più o meno prestigiosi.

Il 15% sono buoni libri. Scritti da autori di talento. Spesso sono quelli per i quali i critici dei giornali gridano al miracolo (quei pochi critici rimasti i quali secondo me neppure loro pensano che quei testi siano un miracolo ma di qualcosa si dovrà pur strepitare). Ne escono non più di uno o due al mese. Quando riesco li leggo con soddisfazione, spesso si tratta di autori con una fama consolidata.

Il 5% è letteratura: si tratta quasi sempre (non sempre) di cose scritte in passato, spesso ripubblicate. Con gli anni mi accade questa reazione automatica: apro un libro di cui non so nulla, comincio a leggere e penso: “Ehi questa è letteratura”. Quando ci capiti davanti tutto il restante 95% della produzione editoriale assume i tratti inconfondibili del tempo quasi perso.


5 commenti a “Sulla scrittura e il tempo quasi perso”

  1. Stefano Di Placido dice:

    A questo punto la condivisione del 5% sarebbe quasi d’obbligo.
    E non mi si riproponga il pippone delle scelte “personali” e delle “soggettive”.
    Di qualcosa bisogna pur gridare insieme al miracolo!

  2. Lele dice:

    Di più. Vogliamo il flame. Ora il gentile Mantellini fornirà almeno un esempio per ogni categoria!

  3. Edoloz dice:

    Hm… non sono del tutto daccordo…
    Spesso molti classici considerati dei totem intoccabili e inviolabili, al cui cospetto ci si deve solo inchinare, sono dei mattoni barbosi alla prova dei fatti.
    Ecco, solo questo volevo dire: non osanniamo sempre e cmq i “vecchi libri”, un pò di critica anche a questi ogni tanto fa bene e consente di cambiare aria.
    Volete un titolo? Moby Dick… non sarà considerato la “Divina commedia” ma ha una quantomeno una buona reputazione.

  4. massimo mantellini dice:

    @Stefano Di Placido ognuno ha il proprio 5% immagino (le cose che mi piacciono in ogni caso non sono un mistero sono spesso citate qui)

    @Lele enno’ ;)

    @Edoloz hai ragione, dico solo che fra le cose che sono restate è più facile trovare capolavori

  5. la grande letteratura - ATBV dice:

    […] appunto, la «grande letteratura» (ne ha parlato anche Massimo Mantellini sul suo blog in questi giorni; ma secondo me è stato ottimista sulle percentuali). Ogni tanto incontriamo la «grande […]