Visto che è una cosa che ritorna, e che mi viene chiesta spesso, e che non è nemmeno semplicissima, approfitto di un lungo pezzo che Michele Smargiassi ha pubblicato su Repubblica per chiarire quello che penso e che ho sempre pensato della celebre frase di Umberto Eco sugli imbecilli.

Non è semplice farlo, per due ragioni sostanziali.
La prima è che Umberto Eco è stato un mito intellettuale di questo Paese ed i miti, da noi, per antico vizio di superficialità, anche quando hanno torto (capita a tutti prima o poi), non possono essere discussi.
La seconda è che – nel caso specifico – la frase di Eco è diffusamente percepita come vera o, almeno, plausibile. È l’esperienza di ognuno di noi che ce lo indica. Noi lo abbiamo pensato ma ora lo dice anche Umberto Eco, quindi non ci siamo ingannati, sarà certamente così.

La somma di questi due preconcetti rende la frase sugli imbecilli, persone che un tempo spargevano facezie al massimo di fronte ad un paio di avventori al bar e che oggi invece pontificano davanti a platee digitali gigantesche, praticamente inattaccabile. Chiunque oserà metterla in discussione sarà immediatamente considerato un pallone gonfiato (se va bene) o direttamente un imbecille pure lui.

Corriamo il rischio, allora.

Internet non è un mass media. Non lo è mai stato nelle intenzioni di chi ne ha costruito l’architettura. Eco da quando ha iniziato a parlarne, ossia negli ultimi 15 circa della sua vita, ha trattato la rete spesso come tale. Ha immaginato ognuno di noi come un emettitore con una folla intorno. Solo che così non è mai stato.

Internet funziona decentemente a una sola condizione: che diventi per chi lo utilizza un medium individuale. Uno strumento nel quale il flusso è autoimposto e autoregolato. Sono io su Internet che scelgo cosa “vedere” e cosa no. Cosa dire e cosa tacere. La qualità che mi raggiunge, che condiziona i miei pensieri ed i miei punti di vista, dipenderà insomma per la prima volta da me.

Se gli imbecilli diventeranno per me tanto rilevanti solo due ipotesi saranno possibili: o sono un etnologo col taccuino in mano o sono un imbecille pure io.

Questa idea di autodeterminazione delle scelte culturali collide con un sacco di cose: una di queste è il pensiero novecentesco sul ruolo degli intellettuali. Forse sarà per questo che una simile ipotesi per un intellettuale è del tutto inconcepibile? Se non sarò più io la guida, allora io, cosa sarò?

Ma al di là delle illazioni (questa qui sopra lo è), un’altra delle quali riguarda l’immobilità della pietra, vale a dire l’incapacità di tutti noi adulti ed anziani a riconoscere il valore dei tempi attuali, impegnati come siamo a non meravigliarci più di niente*, perché la frase di Eco sugli imbecilli resta sostanzialmente solida? Perché Internet negli ultimi anni è andata spesso assomigliando a un medium di massa. Le persone hanno iniziato a riunirsi dentro grandi piattaforme comuni, invece che restarsene isolate a spiluccare in giro dalla superficie della sfera. Anche se Facebook non è nemmeno lui un medium da uno a molti col tempo ha iniziato a proporre/imporre scelte di architettura che indirizzano il flusso (le bolle, gli algoritmi per venderci alcune cose o vietarcene altre). Facebook insomma oggi favorisce certamente gli imbecilli e la disseminazione del loro verbo, esattamente come affermato da Eco.

Facebook è un social network per imbecilli, segnatevelo.

Ma questo avviene non per una caratteristica intrinseca dei social network ma perché si tratta di strumenti potenti nella mani di utilizzatori elementari. Zuckerberg, in altre parole, ha scavato una nicchia (poi diventata enorme) dentro il deficit di educazione digitale dei cittadini.

Già oggi per il cittadino digitalmente competente (abbiate pazienza) gli imbecilli sui social non solo non sono un problema ma proprio non esistono. Non li vede, a meno che non lo voglia, non li ascolta, le loro stupide parole non condizionano alcunché. Per costoro la frase di Eco è quella di un palombaro che canta il Nessun dorma nelle profondità degli abissi.

Ma per tutti gli altri che incidentalmente sono la maggioranza? Per loro è pura verità ed esperienza quotidiana.

Quale sarebbe allora il ruolo degli intellettuali, sempre che ne esista uno, oggi? Io credo sia quello di indicare come affrancarsi dagli imbecilli, quello di sottolineare strumenti e luoghi di rete nei quali migliorare consapevolezze e competenze. Quello di spiegare, invece che dedicarsi al solito al lupo al lupo, quante opportunità ci siano per tutti, a portata di mano, come mai è accaduto in passato.

Per questo la frase di Eco sugli imbecilli trovo sia una frase sostanzialmente sbagliata. Perché, come accade spesso da noi, osserva la battaglia dalla parte sbagliata della barricata. Quella facile e consolatoria. Si concentra sui detriti ignorando i diamanti. Ed è l’errore più consistente che un intellettuale possa fare. Occuparsi del trascurabile ignorando la scintilla appena scoccata.





* Natalia Ginzburg, La vecchiaia

15 commenti a “Eco e gli imbecilli (una volta per tutte)”

  1. Buon 2019 – Niente dice:

    […] Certo, può essere un antidoto all’imbecillità da social network… […]

  2. Boris dice:

    Umberto Eco, venerato maestro, direbbe quello.

  3. Andrea De Bonis dice:

    Sontuoso, è l’unico aggettivo che mi venga in mente dopo aver letto questo pezzo.

  4. Claudia Pittelli dice:

    @Andrea De Bonis Ahahahahahahahah!

  5. Cristian dice:

    Concordo sulle valutazioni, ma ritengo sbagliata la conclusione: mi sembra che Eco abbia essenzialmente detto la stessa cosa.

    Prendo un vecchio articolo che lo riporta: “I social media danno diritto di parola a legioni di imbecilli che prima parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino, senza danneggiare la collettività. Venivano subito messi a tacere, mentre ora hanno lo stesso diritto di parola di un Premio Nobel. È l’invasione degli imbecilli” (https://www.lastampa.it/2015/06/10/cultura/eco-con-i-parola-a-legioni-di-imbecilli-XJrvezBN4XOoyo0h98EfiJ/pagina.html)

    Il problema è proprio nel concetto di cittadino digitalmente competente, i social network tendono a dare lo stesso peso alla persona di spessore rispetto a quella di infimo livello, creando problemi. Se una persona qualunque si iscrive su Facebook e comincia a collegarsi con tutti i conoscenti si troverà a ricevere di continuo quanto da loro inserito e se non ha capacità informatiche di medio livello non è detto che sia in grado di ripulire quanto gli arriva sotto gli occhi. È come se lo scemo del villaggio fosse di continuo dietro di lui e gli urlasse a tutta forza nelle orecchie.

    Condivido quindi la valutazione sul fatto che ci siano diamanti nel mondo dei social e di internet in generale, ma ritengo allo stesso tempo che le valutazioni di Eco fossero (anche estremizzate) giuste, i social hanno fatto di tutto per dar voce a chi non la dovrebbe avere.

    In fondo se ci pensa non sarebbe stato così difficile fare apparire un popup con su scritto “vuoi che i messaggi di Pinco Pallino ti siano mostrati in automatico?” e un sì / no subito sotto. Mentre ai tempi analogici bastava una persona che zittisse lo “sproloquiatore” ora ci dobbiamo attivare tutti per disattivare la ricezione delle sue parole, rendendo estremamente più complicato il farlo e allo stesso tempo sottoponendo le persone indifese a sollecitazioni continue.

    Forse potremmo dire che i social non hanno dato la stessa enfasi a un Premio Nobel rispetto a un imbecille come diceva Eco, ma sicuramente hanno creato una serie di situazioni che di fatto hanno portato a questo. È il problema della società disintermediata, in cui non esiste più il filtro di letterati, professionisti, ecc.

    P.S. Ne approfitto per farle i complimenti per il suo lavoro

  6. AurelianoBuendia dice:

    Sono d’accordo sulla sostanza, cioè che uno ha sempre la possibilità di esercitare la propria capacità di selezione. Non condivido però che per una persona, ancorché digitally savvy, “gli imbecilli non esistono…. non condizionano alcunché“.

    Basti pensare alle ripercussioni sul piano politico, che quindi coinvolgono chiunque, di fenomeni nati essenzialmente sul web.

    Una volta l’imbecille del bar non avrebbe avuto il coraggio di parlare ad una platea di più di dieci persone di cose di cui non ha la minima idea. Le tecnologie internet gli danno ora a disposizione non solo una platea sterminata, ma anche la protezione di uno schermo e di una tastiera che lo libera da qualsiasi inibizione. Lo stesso discorso si applica poi ad ognuno di quelli raggiunti dal suo messaggio, con un effetto moltiplicatore facilmente immaginabile.

    Ciò detto, sia lungi da me l’intenzione di ignorare i “diamanti” della tecnologia e in particolare quella di internet, se non altro per il fatto che quello tecnologico è stato per 40 anni il mio mondo lavorativo. Vorrei dire infine che, per quanto suo ammiratore, non sono un esegeta di Umberto Eco, ma io non credo che con la sua frase volesse dire che internet ha “solo” dato voce a legioni di imbecilli.

  7. Alessandro dice:

    Grazie Mantellini per questo post…secondo me su Facebook e in altri modi qualcuno che cerca di spiegare il fenomeno oggi di maluso di internet/facebook c’è, ad esempio si veda il progetto TLON (casa editrice e pagina FB)

    saluti

  8. Guido Gonzato dice:

    Ho cercato di seguire i ragionamenti che portano alla conclusione “Per questo la frase di Eco sugli imbecilli trovo sia una frase sostanzialmente sbagliata.” E’ sicuramente colpa dei miei limiti; mi dispiace, non ci arrivo.

    Continuo quindi a ritenere che Eco avesse ragione sugli imbecilli; estenderei le sue considerazioni agli analfabeti funzionali. Ed è meglio non pensare a che cosa è successo alla democrazia rappresentativa, grazie alla disinformazione imperante sui social e alimentata dagli imbecilli.

  9. Davide dice:

    Chiunque oserà metterla in discussione sarà immediatamente considerato un pallone gonfiato (se va bene) o direttamente un imbecille pure lui.

    Per lo stesso motivo, difficile mettere in discussione l’articolo di Mantellini

  10. Gabriele Mancini dice:

    Un bel contributo, ponderato e costruttivo. Tuttavia, non arrivo a condividerne la tesi, secondo cui Eco avrebbe sostanzialmente “torto”. Il suo j’accuse è sì divenuto vulgata maggioritaria, ma non è da ritenersi che, per ciò stesso, sia accolto ovunque acriticamente. Eco ha forse portato (provocatoriamente) alle estreme conseguenze, anche terminologiche, un problema che a prescindere da frequenza ed esiti è ormai sotto gli occhi di tutto: lo straparlare – acritica corruzione della libera opinione critica – cui il Web dà pieno risalto.

  11. Davide Gallesi dice:

    Chi è “digitalmente competente” è certo in grado di scegliere chi è cosa frequentare, in rete e non solo.
    È così vero che chi non vuole gli imbecilli non li frequenta, non significa però che gli imbecilli non esistano e rintanarsi nella propria torre d’avorio (cosa che faccio anche io per sopravvivere) non risolve il problema.

    Internet negli anni è evoluta, il numero di persone che vi accedono e la capacità di calcolo delle macchine che la gestiscono è aumentata esponenzialmente facendo convergere sempre di più umano e digitale, rendendo la rete, grazie alla quantità di dati disponibili, anche una rappresentazione sempre più fedele delle nostre società.

    A riguardo qui una lettura interessante.

    https://www.edge.org/conversation/george_dyson-childhoods-end

    In questo contesto la provocazione di Eco a me non pare del tutto fuori luogo.

  12. Emanuele (l'altro) dice:

    Non se ne esce. Si può discutere per mesi sull’argomento e alla fine ci sarà sempre la solita contrapposizione tra élite e imbecilli, perché questa è la visuale degli appartenenti alle élite del resto del mondo. Ed è anche il motivo per cui sono odiate, solo che prima l’odio era dichiarato, appunto, al bar, oggi in mondovisione su internet. E anche in chi commenta si vede la stessa distinzione, perché è evidente che chi si riconosce nelle parole di Eco automaticamente si posiziona fuori dall’insieme degli imbecilli.

    Fermo restando il diritto di chiunque a poter riempire il web di idiozie se ritiene di farlo (concetto che sta diventando rivoluzionario in un paese dove i rivoluzionari di una volta ora che sono arrivati al potere si sono trasformati in reazionari, tanto da invocare a ogni sconfitta elettorale limiti al diritto di voto) secondo me la stura a tutto non è stata data da internet o dai social ma da un’altro fattore: la disponibilità di connessioni a banda larga a tempo pieno (ASDSL).
    Ricordo quando frequentavo i newsgroups col 56k (e prima ancora quanto era? 38k?) e le tariffe a tempo: mi collegavo, scaricavo i messaggi sul newsreader che allora per me era Outlook, staccavo, leggevo, pensavo, rispondevo dove mi sembrava opportuno, solo testo perché anche una singola foto ci metteva un sacco di tempo a caricare, mi collegavo, spedivo, scaricavo le novità e così via. In genere di sera perché durante il giorno non c’erano smartphone per farlo e comunque le tariffe erano più economiche dopo cena. Oggi si può rimanere collegati h24, spedire e ricevere filmati in un attimo, scrivere 1000 messaggi in poche ore. Tanta roba, poco tempo per riflettere, in ogni momento libero invece che in momenti scelti appositamente. Questo inevitabilmente abbassa la qualità degli interventi, diminuisce la concentrazione nelle risposte, fa passare la voglia di dedicarsi a qualcosa di specifico quando c’è tutto a portata di mano. Una bulimia che diventa spesso inarrestabile.
    Ci credo che l’elitario del secolo scorso trovi inaccettabile tutto questo non potendo controllare il flusso informativo come ritiene giusto e come faceva con i vecchi media.
    Tra l’altro da qui a proibire con opportuni aggiustamenti legislativi, con il plauso di chi ritiene di essere élite e per le vere élite è solo carne da cannone, il passo è breve.

  13. Michele Smargiassi dice:

    Massimo, che dire, io penso invece che i social (non Internet, i social) se non sono un mass medium non sono neppure un medium individuale, sono appunto un ibrido, uno spazio inedito in cui si muovono male sia gli utenti che gli analisti. Non hanno dato voce aglimimbecilli, hanno dato un pubblico a tutti (inclusi gli imbecilli). Dire che il “competente” può fregarsene solo perché gli imbecilli non capitano sulla sua bacheca è falso non solo perché ci capitano eccome anche se non sono tuoi contatti, non appena il tuo post comincia ad essere rilanciato (a meno che tu non usi il tuo profilo in modo privato vietando le condivisioni e solo con una cerchia strettissima (cioè come poco più di un telefono) ma anche perché gli shitstorm dei social rimbalzano nel discorso pubblico rilanciati da altri e dai media, e per un cittadino consapevole sarebbe un po’ snob far finta che non esistessero.
    Infine, che i social siano produttori di imbecillità mi sembra una affermazione tecnofoba, non lo sono più del telefono (medium relazionale), dove semplicemente le chiacchiere imbecilli restavano confinate in un dialogo a due.

  14. Fripp dice:

    Riprendiamo nuovamente la frase di Eco, come citata da Christian in avvio di commenti:
    “I social media danno diritto di parola a legioni di imbecilli che prima parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino, senza danneggiare la collettività. Venivano subito messi a tacere, mentre ora hanno lo stesso diritto di parola di un Premio Nobel. È l’invasione degli imbecilli” .
    Io, con tutta la buona volontà, non riesco a capire dal tuo lungo post e dalla tua conclusione in che cosa ritieni sia inesatta o scorretta, a parte il distinguo sui media.
    Limite mio senz’altro, ma potresti riformulare la tua conclusione con parole più chiare ed inequivocabili?

  15. Filippo Facci dice:

    Il mercato mondiale è composto da imbecilli, lo è sempre stato, e il mercato mondiale di cui bene o male, poco o tanto, abbiamo bisogno (e che siamo noi tutti) alla fine necessita ìdi andare laddove il mercato è dinamico, c’è. Facebook è la più grande metropoli degli imbecilli, quindi del mercato, e se hai una merce sei costretto a portarla lì: perché il dato innegabile e paradossale è che nella metropoli in questione – magari ben celati – non ci sono solo imbecilli, benché imprescindibili anche loro – come nel voto in democrazia – ma ci sono comunque i referenti che cerchi tu: è una questione probabilistica, nient’altro. Quindi, come un tempo i contadini con le loro merci, spesso si è costretti a passare nella metropoli chiunque ci si arroghi di essere. La tassa di soggiorno è l’iscrizione. Come nei mercati, c’è di tutto. Esattamente come nelle librerie. Nei blog.