Dei nostri cinque sensi (in realtà oggi si dice ne esistano 9, secondo altri sono 21), due in maniera molto chiara, si occupano primariamente degli stati di emergenza. E sono ovviamente la vista e l’udito. A loro è affidata in molti casi la nostra sopravvivenza. Negli ultimi secoli abbiamo scoperto che possiamo distrarne uno dei due in maniera quasi completa ma non entrambi. Mentre dormiamo i nostri occhi non vedono, ma se entra lo strangolatore di Boston urlando con un’enorme ascia in mano il nostro udito ci metterà in allarme e risveglierà il resto di noi.
È questa forse la ragione principale per cui questa foto ci spaventa tanto. Accede ad un livello inconscio che riguarda il nostro senso di sicurezza primordiale, molto prima che occuparsi di qualsiasi dissertazione distopica su chi ci proponga cosa attraverso quei cavi.
Possiamo permetterci di spegnere entrambi i nostri sensi principali, temporaneamente, per ragioni legate all’intrattenimento o alla frequentazione di nuovi ambienti sociali immersivi? Possiamo farlo, ma solo per periodi brevi ed in ambienti sicuri. Ci serve insomma il ramo di un albero alto sul quale dormire senza la paura delle bestie feroci. Questo, di per sé, dovrebbe limitare molte delle enormi aspettative economiche che i caschi VR sembrano indurre: eppure nulla è certo, la ricaduta sociale di simili stimoli economici ha riservato in passato grandi sorprese.
La reazione moralista è in ogni caso davvero automatica.
EHI, non saremo così scemi da ridurci così – pensiamo tutti immediatamente – non possiamo essere così scemi! Eppure se tentiamo una specie di reverse engineering temporale e proviamo ad osservare la nostra vita con gli occhi di un abitante della terra di un secolo fa, molte delle nostre attuali attività quotidiane che giudichiamo culturalmente accettabili ci sembreranno strane e a portata di indignazione. Ma davvero voi esseri umani del ventunesimo secolo camminate per stranda guardando lo schermo di quel ridicolo aggeggio luminoso? Davvero se vi capita di fronte un tramonto notevole lo fotografate invece che ammirarlo?
Il secondo aspetto simbolico che, a parte scatenare le nostre paure, rende interessante quella foto, riguarda l’operatore. Il macchinista. Quello che non va disturbato mentre guida. Che nel caso specifico potremmo identificare con la figura di Mark Zuckerberg che cammina impettito in mezzo ai novelli cyborg in carne, ossa, macbook e camicia Brooks Brothers con le iniziali ricamate. Perché come è evidente e come tutta la letteratura cyberpunk ci ha raccontato, ci sarà sempre qualcuno senza casco che spingerà i bottoni per accendere il nostro nuovo universo immersivo. E questo avverrà dentro stanze molto reali con bottoni veri in contesti per nulla virtuali.
Non saprei dire se in una simile foto Mark sembri soddisfatto o imbarazzato, forse entrambe le cose. L’impressione è che non sia stata sua l’idea di una simile messa in scena, degna di un film di Fritz Lang dove migliaia di persone indossano il proprio casco misterioso (noi li vediamo da fuori ma magari là dentro si stanno divertendo moltissimo) rimanendo isolati pur se a contatto di gomito con il proprio vicino di sedia.
La scomparsa del senso di prossimità fisica è un altro dei grossi guai di un simile nuovo mondo. Ma non si tratta di un guaio recente, lo abbiamo accentuato, ne abbiamo ignorato le conseguenze ma si tratta di un percorso di alienazione sociale che viene da qualche decennio fa. C’entra l’aboriggeno di Guzzanti, il senso di potenza delle comunicazioni planetarie tutte alla medesima distanza, c’entra il plasticoso artificio che riguarda larghe fette della nostra esistenza.
Ogni volta che vado al Louvre scatto la medesima foto. Entro nella stanza in cui è ospitata la Gioconda e me ne resto per un po’ in un angolo ad osservare l’ondata continua di persone che da tutto il mondo giungono al cospetto dell’opera. Il flusso è ininterrotto e sempre uguale. La folla entra, scorre, tutti scattano foto al quadro (foto che vengono spesso malissimo dato il riflesso del vetro protettivo), qualcuno ripete niente flash niente flash. Pochissimi guardano il quadro e basta, quasi tutti lo vivono come esperienza sociale. Nessuno indossa un casco ma è come se lo avessero.
Anch’io ho il mio, guardo quelle persone con un senso di lieve superiorità e poi le fotografo. Ognuno di noi vive dentro il proprio personale livello di omologazione. Nessuno ne è immune, tutti noi siamo sicuri di riuscire a controllarlo e indirizzarlo.
Febbraio 23rd, 2016 at 15:07
Sinceramente… al Louvre ci sono stato due volte e per due volte ho osservato attentamente la Gioconda… manco passato per l’anticamera del cervello di fotografarla. D’altra parte non ho fatto neanche troppo caso alla folla gomito-a-gomito con me… indifferenza alle masse? disprezzo delle masse? non la vedo così. Mi sono “goduto” un momento personale e basta. Non mi sento superiore a qualcun altro, abbiamo bisogni, necessità, gusti, interessi diversi ed ognuno ha un proprio punto di vista rispettabilissimo, almeno in quel contesto. Non ho sentito la necessità di fotografare la Gioconda. Si trovano foto bellissime dovunque, decisamente migliori di qualunque immagine possa scattare dal mio fotofonino… E comunque, mentre ammiravo la Gioconda, l’udito era ben funzionante. Ecco, il caschetto VR, imho, può fregarti. Perché, nonostante la visione della gioconda possa schiaffeggiarti di emozioni e lasciarti un po’ intontito, l’istinto di sopravvivenza è sempre allerta. Con il caschetto ti trasformi, sei veramente vulnerabile a qualunque azione si svolga al di fuori di te stesso. Tutto il nostro “io” è concentrato all’interno, senza antenne a rivelare eventuali, non dico pericoli, ma situazioni, diciamo, “anomale”.
Faccio fatica ad abituarmi al cellulare… il caschetto VR decisamente no!
Poi, per carità, si diffonderà a macchia d’olio e potrebbe contagiare anche me… ma adesso la “vedo” così :D
Febbraio 23rd, 2016 at 18:31
Voglio fare come te quando padelli le previsioni sui prodotti Apple: l’occhialone da VR è il nuovo occhiale delle TV 3D
Febbraio 23rd, 2016 at 19:24
@Ganascia lo penso anch’io ma dati i precedenti ho evitato di dirlo
Febbraio 23rd, 2016 at 20:54
C’è un sacco di gente disponibile a perdere il controllo tramite l’uso di sostanze stupefacenti, non mi meraviglia che altri lo facciano con altri mezzi.
Droghe e realtà virtuale fanno da sempre parte della letteratura cyberpunk in ogni caso.
Poi probabilmente quelli con il casco ti diranno che stanno aumentando la potenza dei loro sensi.
Febbraio 23rd, 2016 at 21:05
@mante: sei un grande!
Febbraio 24th, 2016 at 08:35
Boh.
Sono appassionato di tecnologia fin dall’infanzia, e come tale uso la tecnologia quando mi serve, e non la uso quando non mi serve o, peggio, mi distrae: esempio, navigo da smartphone quando sono al bar seduto mentre aspetto il caffè per leggere le ultime notizie, ma non mi metto certo a mandare sms mentre guido, nemmeno se sono fermo al semaforo.
La realtà virtuale? si, i contesti in cui usarla ci sono. però mi chiedo, con quei “cosi” addosso, che fine fa la visione periferica? E lo sapete perché è vietato guidare con cuffie e auricolari?
No, il suo contesto non è la strada.
Febbraio 24th, 2016 at 09:29
A mio parere stai perdendo il punto fondamentale di questa tecnologia quando è legata all’intrattenimento: il punto di vista.
La folla che passa davanti alla Gioconda già oggi non è indicativa del consumo di intrattenimento online che ha sostituito la massa dei 6 canali “pianificati da uno che spinge i bottoni” con le infinite nicchie del qualunque cosa si possa trovare su youtube.
I cellulari prima e le GoPro adesso hanno aumentato esponenzialmente la quantità di filmati “non main stream”: ad esempio puoi seguire i viaggi di una camionista attraverso l’America profonda al di fuori delle immagini da cartolina delle grandi città e dei parchi nazionali.
Il caschetto in questo gioco porterà un ulteriore livello di personalizzazione: ovvero potremo all’interno dello stesso filmato modificare leggermente il nostro punto di vista guardandoci intorno.
Considerando che la tecnologia per i video 360 comincia a scendere di prezzo, e che probabilmente il necessario per un headset per vedere decentemente quei video rimarrà comunque molto più basso della combinazione PC Oculus Ready + Oculus penso che sarà quello lo sviluppo di massa dei caschetti: la rivoluzione nell’ambito video
Febbraio 24th, 2016 at 11:01
A me basta andare al cinema per cadere in uno stato di isolamento pressoché totale; a meno che il film non sia veramente, intollerabilmente brutto. Ma la stessa cosa mi succede con la lettura di un’opera letteraria (purché non sia veramente ec.) e addirittura con l’ascolto della musica (quando ascolto musica nel mio studio, ascolto e basta; non faccio nient’altro; non ho mai “musica di sottofondo” mentre lavoro ec.). Sono la perfetta vittima del film infinitamente divertente di (appunto) Infinite Jest.
(Poi, se serve, so anche guardare leggere ascoltare con distacco: per esempio se devo esprimere un giudizio, fare una scheda di lettura ec.).
E’ proprio questa mia attitudine al perdermi dentro ciò che sto guardando leggendo ascoltando, credo, a farmi venire un dubbio. Una persona che si mette addosso uno strumento del genere, non è che lo fa perché non è capace di perdersi dentro l’opera? (seria o giocosa, buffa o drammatica che sia).
Detto in maniera un po’ esagerata: non è che il lavoro di prestare attenzione (che è una precondizione del perdersi, immagino) viene trasferito da noi alla macchina? (Un po’ come il lavoro di ricordare i numeri di telefono si è ormai trasferito da noi alla macchina).
Dopodiché, non so a cosa serva questa domanda. Buona giornata.
Febbraio 25th, 2016 at 15:00
[…] davanti a certi tanto famosi quadri di Botticelli. Ne accenna, in un post assai interessante anche per altri motivi, Massimo Mantellini, parlando sempre della Gioconda e di tutti noi che andiamo lì e la […]
Febbraio 29th, 2016 at 11:56
[…] proposito della famosa foto a Barcellona, infine, Zuck dice che – in fondo – la VR è un po’ come essere […]
Febbraio 29th, 2016 at 23:32
Si fa un gran parlare di Oculus Rift e delle prossime applicazioni dell’Immersive Journalism. Ma sono convinto anch’io che il futuro non saranno questi cosi sulla testa. Ha molto più senso quello che promette la Realtà Aumentata, non tanto quella dei Google Glass, ma quella che sarà integrata nelle Smart Cities del futuro.
Aprile 16th, 2016 at 18:31
[…] Noi e l’uomo senza casco […]
Maggio 16th, 2016 at 07:27
[…] Noi e l’uomo senza casco […]