Qualche giorno fa sul blog di Malvino ho trovato questo breve video di Arturo Benedetti Michelangeli che suona Scarlatti.
Inutile dire che il video mi è piaciuto molto. Inutile dire che conosco poco la musica classica (giusto qualcosa di Glenn Gould di cui mi innamorai fugacemente dopo aver letto “Il soccombente”) e che non avevo mai visto in vita mia Benedetti Michelangeli suonare. In un filmato di pochi minuti ripreso da due algide telecamere fisse alcune cose mi sono subito chiare. Che Michelangeli suona per sé, lo spazio dentro l’inquadratura è riservato a lui ed al suo pianoforte. E che Michelangeli, dentro questa relazione privata, balla. È ai miei occhi un ballo impercettibile ed affascinante, fatto di minuscoli ondeggiamenti delle spalle, di piccole alzate di sopracciglia. In ogni caso attorno a lui non c’è nessuno, il pubblico non è compreso. Se il pianista recita una parte (scoprirò poi che non è così) la recita alla perfezione.
Per una strana casualità quando il pezzo di Scarlatti finisce e Benedetti Michelangeli alza lo sguardo dalla tastiera ad osservare un punto fisso di fronte a lui, Youtube mi propone fra le varie opzioni un’interpretazione del maestro assai più recente:
Nel tempo di un link sono passati gli anni. Il video è diventato a colori (anche se i colori sono pochi e naturalmente austeri) il pianista ha capelli stranissimi, lunghi ed innaturalmente lisci. Nonostante questo il tratto distintivo che mi aveva colpito nel video precedente è rimasto intatto, anzi forse si è fatto più ardito. Di nuovo Arturo Bendettti Michelangeli è solo con la sua interpretazione, incurante della telecamera che questa volta lo scruta di fronte e gli illumina il viso mentre suona Schubert. Di nuovo quell’uomo così strano mentre suona è come se ballasse. Dentro la rigida etichetta del concertista le sue sopracciglia sottolineano ogni passaggio, e quando gli occhi per un momento tacciono i bordi della bocca e quei baffetti alla Clark Gable ne prendono il posto. Come mi capita di rado sono passati forse dieci minuti ed io ora, partendo da segni impercettibili, vorrei sapere tutto di Arturo Benedetti Michelangeli.
Su Amazon scopro che biografie di ABM praticamente non ne esistono, in ogni caso nulla di troppo recente, su Google che esistono alcuni siti web a lui dedicati ma aggiornati raramente. Leggo qualche post interessante qua e là. Pagine interessanti escono dagli archivi dei giornali (gli archivi dei quotidiani on line sono un patrimonio inestimabile che andrebbe valorizzato meglio) per esempio il necrologio del NYT o l’articolo uscito sul Corriere della Sera il giorno del funerale. Su La Stampa di qualche mese fa leggo il divertente (e forse leggermente romanzato) ricordo di Bruno Gambarotta che incrociò il maestro durante i suoi primi giorni di lavoro in Rai. Su Youtube guardo decine di video, concerti pubblici, registrazioni, rare sedute di prova. In nessuna di queste Benedetti Michelangeli fa qualcosa di differente dal suonare il piano ballando con gli occhi e le spalle. Con una sola eccezione: la parte finale di un documentario del 1959 nel quale il maestro viene abbordato con grande cautela dal conduttore del programma. I pochi secondi di grande imbarazzo e difficoltà comunicativa prima di sedersi al piano, nonostante la scena sia stata probabilmente concordata, aumentano il fascino e le mie curiosità su quell’uomo.
Tutto il resto sono le moltissime cose che ho letto in rete in questi giorni. Le fobie, gli aspetti maniacali, l’amore per le Ferrari, il perfezionismo assoluto, la delusione per l’Italia e la fuga dal Paese che lo aveva condannato per la bancarotta di una casa discrografica di cui era socio, l’esilio in Svizzera, la quasi morte al pianoforte per la rottura di un aneurisma aortico, il ritorno, l’amore per l’insegnamento, l’infanzia probabilmente grigissima del bambino prodigio concertista in età infantile, la tecnica inarrivabile, l’egocentrismo, Ravel e Debussy, le ultime disposizioni testamentarie, lo Steinway e l’accordatore personale sempre al seguito, i suoi pianoforti venduti dall’ufficiale giudiziario, i maglioni a collo alto e le giacche di tweed.
Non credo sia stato semplice essere Arturo Benedetti Michelangeli. Talento e ossessioni hanno spesso relazioni molto solide. Ma se anche così non fosse, ABM sembra essere l’esempio classico del fossato che il genio scava fra sé e le altre persone. Perchè forse, nel bilancio energetico complessivo del mondo, ciò che l’esecuzione al pianoforte di Arturo Benedetti Michelangeli che suona Scarlatti aggiunge a tutti noi, da qualche altra parte, lì nelle vicinanze, deve essere in qualche maniera sottratto.
p.s. questo post si doveva intitolare “A cosa serve Internet (2)” a collegare una vecchia cosa scritto anni fa su questo blog che è poi diventata un capitolo del mio libro. Poi il fascino di ABM ha prevalso su tutto.
Dicembre 14th, 2014 at 11:06
Se non già fatto, invito a leggere il geniale capitolo “Interpretazione al quadrato” dedicato al grande maestro da Piero Rattalino nel suo libro “Da Clementi a Pollini”.
http://www.sibemolle.it/bibliografia/libri/da_clementi_a_pollini.aspx?ids=6
Dicembre 14th, 2014 at 11:46
Bellissimo post. Grazie.
Dicembre 15th, 2014 at 09:38
Caro Mantellini, non so se hai visto quest’intervista a BM, dato che non la nomini. https://www.youtube.com/watch?v=zww58IdDCbM
Saluti
Dicembre 15th, 2014 at 14:48
Appassionato di musica in cerca di novità ho trovato questo Link una novità molto interessante …..
http://www.direttanews.it/2014/05/17/eurodeputato-rocker-tiziano-motti-scala-lhit-parade-video/
Dicembre 15th, 2014 at 18:03
La stessa ricerca spasmodica, casuale, io l’ho fatta con Gould, quando ho scoperto che canticchiava Bach (e io invece credevo fosse un difetto di registrazione).
Dicembre 16th, 2014 at 19:03
Rompendo la monotonia dei commenti precedenti: un post dedicato a tutto tranne che a quello a cui dovrebbe essere dedicato: la musica. Sostanzialmente una narrazione del nulla.
Dicembre 16th, 2014 at 19:56
L’impressione del primo filmato è che lui “diriga” le sua stesse mani, e si compiaccia di come esse eseguono la musica… le accompagna, le sostiene, le coccola nel loro suonare.
Le smorfie del secondo filmato assomigliano molto, nel loro sottolineare certi passaggi, certi passaggi di musicisti più “popolari”, soprattutto chitarristi, alle prese con certi passaggi, certi assoli in cui è una lotta tra le proprie mani e lo strumento: “fino a che punto riesci a produrre le note che voglio farti suonare?”
Gennaio 1st, 2015 at 20:21
[…] A cosa serve Internet 2 […]
Marzo 29th, 2015 at 23:27
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Maggio 24th, 2015 at 21:51
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Agosto 12th, 2015 at 23:41
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Dicembre 9th, 2015 at 15:55
Anch’io ho cominciato a interessarmi alla musica classica partendo da Glenn Gould, e a Glenn Gould partendo da Il Soccombente :))).
Un libro molto utile, a quanto pare, decisivamente utile, oltre che bello come letteratura.
E dopo non molto, Michelangeli era diventato il mio pianista preferito (vicino a lui, Pollini e Cortot, Schnabel e Gould, Rubinstein e Kempff. Anche Sergio Fiorentino però, schifosamente osteggiato/subdolamente insultato (al pari di Michelangeli) dai poteri culturali del patrio suolo.. diretti dall’invidia, come saranno sempre.