Contrappunti su Punto Informatico di domani.
Roberto Venturini sul suo blog , un po’ per mestiere e un po’ per passione, segue l’andamento dei numeri della Internet italiana con intelligenza e spirito di sintesi. Qualche settimana fa ha tenuto a ricordarci che i numeri di Internet in Italia continuano a non essere per nulla buoni. Che la rete italiana fosse da tempo fanalino di coda in Europa lo si sapeva già: avviene da tempo nella sostanziale noncuranza generale. Come se l’accesso a Internet fosse quello che molti pensavano un decennio fa: una variabile ininfluente sul panorama economico a raccontare la passione di alcuni strani hobbisti.
Secondo i numeri Audiweb citati da Venturini, numeri che hanno tutti i limiti del mondo, ma comunque utilizzati specie per gli investimenti pubblicitari, la rete italiana è sostanzialmente in calo. I cittadini che si collegano a Internet in un giorno medio sono stati, nel mese di luglio scorso, 27 milioni. Erano 28 milioni a luglio 2012. Se poi ci diamo la pena di allargare un po’ lo sguardo a vedere come sono andate le cose negli ultimi anni in Europa ci accorgiamo che dal 2006 al 2011 (dati Eurostat ) la Internet italiana è andata peggio di quasi tutte le altre. Paradossalmente il nostro 40% di accesso da casa del 2006 era un dato pessimo ma comunque da centroclassifica nell’Europa a 27. Se date un’occhiata ai numeri del 2011 vi accorgerete che gran parte dei Paesi che erano sotto di noi ci hanno nel frattempo superato lasciandoci in coda insieme a Romania, Portogallo Grecia e pochi altri.
Internet in Italia insomma non solo va male, non solo non cresce, ma va peggio rispetto un anno fa e molto peggio di come va nella stragrande maggioranza dei paesi europei. Sembra insomma una situazione senza grandi speranze. Mentre tutto questo accade la politica, l’agenda digitale e i temi della politica delle reti, stanno come al solito a zero.
Altro tema sensibile ben esposto nei numeri di Venturini: si accede prevalentemente da casa (il periodo di maggior traffico è quello pomeridiano fino alle 21.00) ed utilizzano Internet prevalentemente persone di mezza età. Questo dovrebbe, temo, consigliarci qualche cautela sul famoso e mille volte citato potere taumaturgico dei nativi digitali. Circa un italiano su due (il 48%) fra quanti utilizzano la rete in un giorno qualsiasi è nella fascia dai 35 ai 54 anni, i 18-24enni sono circa il 10% del totale.
Ci siamo spesso chiesti quali siano le ragioni di una simile allergia degli italiani alla rete internet e le risposte sono per forza di cose ogni volta complicate e molto varie. Quello che oggi mi pare importante notare è che l’Italia sembra aver raggiunto una sorta di punto di equilibrio fra quanti utilizzano regolarmente la rete e quanti decidono di non farlo. Questo punto di equilibrio è nei migliori paesi europei attorno ad un rapporto 9:1. Nove cittadini usano Internet ed 1 no. In Italia questo equilibrio, volendo essere ottimisti, è circa 6:4.
Tutto questo ha delle conseguenze, non solo di natura economica e di crescita culturale (i due aspetti più importanti della desertificazione digitale italiana) ma anche di natura amministrativa. Per fare un esempio recente, la Gran Bretagna ha appena fatto partire una iniziativa che si chiama Digital by Default che è un progetto per incrementare il numero di cittadini che dialogano online con l’amministrazione (che in UK sono oggi circa 1 su 2). Un progetto del genere ha un senso in un Paese come la Gran Bretagna in cui circa il 90% dei cittadini è online, sarebbe impossibile da noi dove quasi uno su due non hai avuto accesso alla rete. In altre parole fino a quando il contesto digitale italiano sarà in queste condizioni non potremo nemmeno illuderci di poter copiare le migliori pratiche altrui.
È difficile immaginare che l’eccezione digitale italiana sia legata in maniera rilevante a questioni di infrastruttura o di costi di accesso. È invece assai verosimile immaginare che, come abbiamo molto spesso detto, il digital divide nel quale siamo immersi sia, in una quota considerevole, un ritardo culturale in senso lato. Indagarne le cause resta comunque complicato e implica una serie di riferimenti sociologici ed ambientali che portano lontano: quello che però già oggi sappiamo è che le infrastrutture si possono costruire e pagare, assai più complicato e difficile è riuscire a cambiare la testa delle persone.
Settembre 15th, 2013 at 17:39
C’è anche da dire massimo che audiweb non misura i collegamenti da smartphone e quindi non sappiamo in un anno in realtà quanto la rete sia cresciuta o diminuita realmente.
Settembre 15th, 2013 at 17:48
@andrea, è vero hai fatto bene a ricordarlo (i dati audiweb sono poi poco attendibili anche per altre ragioni) ma il disegno generale mi pare comunque attendibile e esce anche da altri numeri (tipo quelli del Censis per esempio)
Settembre 15th, 2013 at 21:48
Io non capisco come possano DIMINUIRE. Cos’è, la gente smette di usarlo?
E comunque non tener conto del mobile non è da poco, in un epoca storica come questa.
Settembre 15th, 2013 at 22:01
Ecco il link ai risultati di Audiweb di giugno in cui ci sono anche gli accessi alla rete da mobile, e non sono pochi. Considera che anche nel numero di ricerche su Google gli smartphone hanno superato il PC. Questo per quanto riguarda una lettura dei dati, per la limitata alfabetizzazione digitale degli italiani invece penso tu abbia ragione.
http://o.contactlab.it/ov/1000025/751/ad78Gv2tUrpeJ%2FPP6dJsVyx0%2FzDqdfd9vRSxbl1OOYOzugJy22T7zKrARiPPk10b
Settembre 16th, 2013 at 12:09
già, non solo i costi di accesso. Ma rimane comunque il dubbio: chissà se col WiMax..
Che fine ha fatto il WiMax?
http://daily.wired.it/news/tech/2013/07/10/wimax-frequenze-tecnologia-275820.html
Settembre 22nd, 2013 at 09:13
[…] Gli italiani e Internet: male e non cresce Anteprima Punto Informatico ::: manteblog […]