Contrappunti su Punto Informatico di domani.

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Qualche settimana fa David Cameron, il Primo Ministro inglese che ai tempi delle rivolte nella periferia londinese disse che era necessario censurare i social network che venivano utilizzati per organizzare le proteste, è tornato al centro del dibattito pubblico per certe sue idee su come controllare la pornografia online nel Regno Unito. Per farlo ha fatto inviare ai maggiori ISP inglesi una lista della spesa sulle cose da fare nei prossimi 18 mesi al riguardo. Tempo 5 minuti e la lettera è diventata pubblica e oggetto di grandi discussioni.

Secondo uno studio della società israeliana Similarweb di cui dava conto il Guardian qualche giorno fa in Gran Bretagna, nel mese di giugno, l’8,5% del traffico web è stato diretto verso siti legali a carattere pornografico. Il dato è abbastanza impressionante perché evidenzia come il porno totalizzi volumi di traffico superiori a quelli di tutti i social network messi assieme (7,3%) , di tutti i siti di e-commerce (6,1%) e di news (4,7%). Percentuali superiori al porno le raccolgono solo il comparto art & entertainment che però comprende tutto il traffico di Youtube (9,6%) e le ricerche web (15,7%).

Con una media mondiale di circa il 7,7% il porno su Internet continua a funzionare – diciamo così – discretamente e se i tedeschi sembrano quelli più orientati al genere (12,5%) le percentuali inglesi non si discostano molto da quelle degli altri paesi (Spagna 9,6%, USA 8,3%, Irlanda 7,5%, Francia 7,3%).

Nella letterina che David Cameron ha mandato agli ISP ritorna una vecchia ossessione censoria del Premier Inglese, quella di imporre a tutti i nuovi contratti broadband una scelta preventiva sulla possibilità di accedere a siti pornografici. Mentre già da tempo alcuni provider come Talk Talk forniscono strumenti di filtro sui siti a contenuto pornografico l’idea del Primo Ministro è quella che tutte le connessioni siano di default allontanate dai siti web porno e che eventuali variazioni passino attraverso sistemi di autenticazione certa da parte degli intestatari dei contratti.

L’idea di celare agli occhi dei cittadini una parte di Internet è una idea che ha moltissimi punti deboli ed una controindicazione di sistema altrettanto forte. I punti deboli, come da molti sottolineato nelle discussioni inglesi di questo periodo, vanno dalla sostanziale imperfezione dei sistemi di controllo, agli alibi che in questa maniera vengono forniti ai genitori i quali lasceranno tranquilli i minori su Internet (dove in genere i rischi sono ben altri), alla difficoltà etica ma anche tecnica di scegliere la linea di confine fra contenuti ritenuti leciti ed illeciti: per esempio Tumblr che è contemporaneamente una elegante piattaforma di pubblicazione e un grosso deposito di immagini vietate ai minori, come potrà essere tecnicamente controllato?

Ma più seria e pericolosa è la questione architetturale che viene messa in discussione da simili approcci moralisti quando non chiaramente censori. Si tratta della liceità che governi e amministratori si intestano e che consente loro di sostituirsi ai cittadini nella selezione dei contenuti che possono o non possono essere raggiunti in rete. La magia di Internet è da sempre quella della personale responsabilità nei confronti dei contenuti che incontriamo. All’interno di questo, che potrebbe essere definito come un percorso educativo per ciascuno di noi, c’è anche la responsabilità che abbiamo nei confronti dei nostri figli che navigano in rete, la nostra autonomia decisionale nel scegliere cosa possano o non possano vedere su Internet, a che età e con che frequenza. Dentro questa maturità che Internet impone a tutti noi c’è anche ovviamente la possibilità che gli adulti utilizzino filtri che riducano l’accesso a materiale pornografico (o di altra natura) ai nostri figli adolescenti. Io per esempio sul computer di mia figlia li utilizzo. Ma in nessuno di questi schemi culturali, fatte ovviamente salve le violazioni di legge, esiste la possibilità che il governo decida per me, fino a prova contraria, strumenti e modalità dell’accesso a Internet. E la foglia di fico dell’opt-in al posto dell’opt-out è solo il primo passo del censore sorridente.

4 commenti a “Anteprima Punto Informatico”

  1. ArgiaSbolenfi dice:

    Mi risulta che il filtro inglese riguardi già non soio il porno ma anche argomenti diciamo estremi come suicidio, armi, anoressia ecc ecc
    Il fatto che sia previsto un opt-in e quindi vengano gestire delle liste di persone che hanno fatto una tale scelta mi sembra degno di uno stato di polizia. Resta da vedere in quanto tempo qualcuno qui da noi porterà ad esempio questa trovata..

  2. se-po dice:

    Ho un abbonamento con TalkTalk, e questa e’ la finestra per regolare i contenuti
    http://i.imgur.com/RfpyWzh.jpg
    Non attiverei mai questi filtri, ma posso capire che per certe persone e’ la soluzione piu’ semplice per regolare l’accesso alla rete ai propri figli (altrimenti non saprebbero come fare).
    Purtroppo, anche togliendo i filtri, certi siti sono bloccati comunque ( the pirate bay).

  3. ste dice:

    Come dice il primo commentatore una volta messo un filtro viene voglia di usarlo per molto:
    http://www.wired.co.uk/news/archive/2013-07/27/pornwall

    Esempio anoressia: come distinguere tra i forum di aiuto, per genitori preoccupati ecc da siti che elogano il corpo magro?
    Va combattuto dall’inizio, che la gente impari di gestire l’accesso per sé, senza alcun babbo stato “buono”.

  4. Visto nel Web – 90 | Ok, panico dice:

    […] Anteprima Punto Informatico Cameron e il pornoweb ::: manteblog […]