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Il termometro di corriere.it in questo momento informa che su 354 persone iscritte a Passaparola il 47% si sente indignato, l’11% triste, il 10% preoccupato il 9% divertito, il 22% soddisfatto. Credo non sfugga a nessuno che si tratta di un riassunto piuttosto irrilevante.

Passaparola è una piattaforma sociale in beta che corriere.it ha aggiunto da qualche giorno: il suo scopo, come direbbero quelli bravi in queste cose, è estrarre il sentiment (chiedo scusa per la parolaccia) dal proprio lavoro redazionale. In altre parole analizzare le reazioni dei lettori e su queste, forse, domani, costruire una nuova relazione e ottenere nuove informazioni utili a sé ed ai propri inserzionisti. Se vi interessa questo tipo di nuova pornografia suggerisco questo link ad un pezzo di Vincenzo Cosenza su cosa sia la sentiment analysis.

La valutazione sulla utilità commerciale di una iniziativa del genere vanno al di là della mia comprensione: semplicemente non ho idea se esistano possibilità concrete che RCS faccia da domani il Facebook di sé stesso e riesca a rivendere in qualche maniera le reazioni dei propri lettori ai contenuti che produce. Da un certo punto di vista mi pare molto meglio Passaparola che la disarmata regalia di simili informazioni a Facebook che è ormai la prassi su altri siti web di prima importanza. Nello stesso tempo immaginare che i propri lettori si chiudano volontariamente dentro il piccolo giardino recintato di Passaparola è una specie di follia delle intenzioni. Perché mai i lettori del Corriere lo dovrebbero fare? Per diventare il “cittadino” più citato? Per controllare il livello di indignazione dei propri simili nei confronti di una delle solite deprimenti notizie del mattino? In altre parole cosa otteniamo in cambio nel momento in cui decidiamo di regalare alla piattaforma il nostro tempo e la nostra attenzione? L’amicizia molto virtuale del nostro giornalista preferito?

Nelle relazioni di rete in genere funziona così: o tu ricevi almeno quanto hai investito oppure, con ogni probabilità te ne andrai da un’altra parte.

La risposta di Passaparola è che in cambio otteniamo una relazione maggiormente avvolgente con le notizie, chi le ha prodotte e con gli altri lettori che le commentano. Il che certamente è una idea, a patto che i lettori del Corriere ogni giorno leggano il sito web del Corriere e basta. Corriere, Corriere, Corriere, tutto il santo giorno. Ecco, Internet in genere disincentiva in ogni maniera simili ristrettezze. Per questo Passaparola non potrà mai funzionare.

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