Contrappunti su Punto Informatico di domani.
La vicenda dei rapporti fra Google ed editori tedeschi, che ha avuto alcuni sviluppi negli ultimi giorni, è interessante in senso generale, anche per chi non sia interessato alle questioni che riguardano la circolazione su Internet dei contenuti editoriali ed i rapporti col copyright. I fatti riassunti nella maniera più sintetica possibile sono i seguenti: da tempo in tutta Europa l’industria editoriale è in rotta di collisione con Google. Secondo gli editori Google sfrutta economicamente i contenuti che loro producono per guadagnare denaro alle loro spalle. Il tema mostra analogie con quello delle compagnie telefoniche che chiedono da tempo a Google e a tutti gli altri cosiddetti Over The Top, vale a dire le piattaforme di rete come Facebook, Amazon e Apple, di ridistribuire parte dei propri guadagni a chi fornisce loro l’infrastruttura di rete. Il tema è ampio e complicato, restiamo ora solo alla querelle fra gli editori tedeschi e Google. Ed in particolare all’aggregatore di notizie Google News che è oggi l’oggetto del contendere.
Nell’impossibilità di raggiungere un accordo diretto con Google, gli editori tedeschi hanno chiesto al governo di adoperarsi a difesa del proprio business. La spinta in tal senso, oltre alle solite relazioni lobbistiche che ovunque nel mondo collegano politica e editoria, si è fatta forte della particolare situazione in cui versa l’industria delle notizie in tutto il mondo. La crisi dei giornali, bastione del pluralismo e della democrazia, ha certamente influito sulla decisione da parte del governo tedesco di “fare qualcosa”.
Il risultato è stata una nuova norma sul copyright che tutela le anteprime editoriali. Si tratta di una legge volutamente vaga (non specifica per esempio quanto debbano essere lunghi gli estratti da un articolo perché la norma vada fatta rispettare) e cucita esattamente sulla diatriba Google News che, come è noto, è un motore automatico che aggrega piccoli estratti di notizie dai siti web dei grandi giornali e li offre in un formato raccolto. L’intento è quello di costringere per legge Google a corrispondere royalties agli editori in cambio dell’utilizzo delle loro anteprime.
A tal proposito occorre specificare che simili estratti non sono ricopiati su Google News dai giornali in edicola o carpiti da pagine web a pagamento, ma sono piccoli incipit di articoli liberamente disponibili on line. In pratica il governo tedesco chiede a Google di riconoscere un fee per riprodurre parole già liberamente disponibili in rete. Tali parole linkano ovviamente la fonte originaria alla quale rimandano. La tesi degli editori e del governo è che i lettori si accontentino di quei minuscoli riassunti e non vadano poi a leggere le notizie da chi le ha prodotte, creando guadagno solo per l’aggregatore.
La risposta di Google non si è fatta attendere: dal prossimo 1° Agosto, data in cui la norma andrà in vigore, Google News aggregherà solo notizie di editori che abbiano dichiarato con chiarezza (attraverso una procedura di opt in sul web) il proprio assenso alla pubblicazione. Tutto ovviamente senza corrispondere alcun pagamento.
La lezione che è già oggi possibile ricavare da questa storia non ancora conclusa ha molte relazioni con quanto accade in rete da 15 anni a questa parte. Intanto Internet è difficile da imbrigliare. I gruppi di pressione, anche quelli potenti capaci di influenzare direttamente i Parlamenti nazionali, hanno sulle dinamiche di rete un potere di controllo limitato, tali possibilità sono poi basate quasi sempre su un meccanismo acceso/spento molto difficile da maneggiare. Poi che i nuovi soggetti Internet hanno una nuova indiscussa centralità la quale non va però semplicemente ascritta al loro grande successo quantitativo, quanto piuttosto ad un vantaggio competitivo mediato dalla tecnologia. Google, Facebook, Amazon e gli altri sono grandi e probabilmente in qualche misura pericolosi non – come sottintendono spesso gli ex grandi monopolisti pre Internet – perché hanno ingannato il pubblico e le norme ma perché hanno saputo creare valore dove prima non ce n’era (nelle relazioni fra pari per esempio) e lo hanno fatto con un capitale intellettuale basato sulla tecnologia che tutti gli altri, ricchi e potenti di un tempo, non hanno saputo comprendere. Perché questo processo non diventi una semplice operazione di sostituzione fra vecchi e nuovi padroni il ruolo dei governi e della politica è oggi fondamentale. Esiste una necessità molto ampia di terzietà fra vecchi e nuovi soggetti che sia modellata intorno agli interessi dei cittadini. L’esempio della leggina sul copyright del Parlamento tedesco è un esempio molto chiaro di come questa necessità non sia stata ancora sufficientemente compresa.
Giugno 23rd, 2013 at 12:55
È importante chiarire una cosa: dentro Google News Google non vende alcuna pubblicità.
Giugno 23rd, 2013 at 15:20
@iltommi, hai ragione dal pezzo che ho scritto non si capisce bene, vedo di correggere
Giugno 23rd, 2013 at 16:17
Il rischio, con leggi simili, é di arrivare a far “pagare chiunque per un link” (il sogno di tutti gli editori!). È comprensibile che dia fastidio che Google lucri sulla messa a disposizione di contenuti creati da altri (anche se poi in realtà non lo fa direttamente nelle pagine news, va ricordato…), ma é come chiedere di cambiare le regole del gioco (del mercato) perché qualcuno é più bravo di noi. Invece di elemosinare soldi per un servizio che, alla fine, é di promozione gratuita (chi ha un sito di news sa bene quanti clic porta la presenza nelle pagine di google news), gli editori dovrebbero provare ad immaginare forme diverse di commercializzazione dei servizi editoriali (oltre che migliorare i loro uffici commerciali….). Ma il vero problema, a mio avviso, é un altro: l’evoluzione tecnologica ha fatto sparire alcuni mestieri (chi si ricorda più il linotipista?, e gli impaginatori e correttori di bozze stanno sparendo…), e tutti hanno detto che chi faceva quel mestiere si doveva riprofessionalizzare in altri lavori. perché non si può accettare che avvenga lo stesso con i giornalisti? Il citizen journalism, Twitter e i Social media stanno radicalmente cambiando il ruolo e il senso di questo mestiere. Credo sia il caso di cominciare a ridefinire il giornalismo e il giornalista, non é solo un problema economico ma culturale. Probabilmente il giornalista servirà ancora, in futuro, ma con ruolo e modalità di lavoro decisamente diversi. E dopo internet forse il quarto potere dovrà accettare di avere un ruolo diverso. Scusate la lunghezza ;)