Il Sabato di Pasqua di ogni anno a Gerusalemme avviene il miracolo del fuoco santo. Riguarda la Chiesa Ortodossa e quelle Orientali e avviene dentro la chiesa del Santo Sepolcro (da non confondere con la chiesa della Natività di Betlemme dove, ogni anno, a Natale, monaci delle varie Chiese orientali si affrontano in gigantesche risse che finiscono nei TG di tutto il mondo)*. Il sito web multilingue dedicato al miracolo però sembra dimenticare alcune informazioni. Ecco cosa scrive Rodolfo il Glabro, monaco Borgognone, nelle sue Historiae redatte nei primi decenni dell’XI secolo.
«… si recò in quei luoghi [Gerusalemme] Odolrico, vescovo di Orleans, e assistette a un fatto miracoloso che ci ha riferito e che non crediamo di dover tralasciare. Il giorno del sabato santo, nel quale tutto il popolo attendeva che la potenza miracolosa di Dio facesse giungere il fuoco, egli era lì presente con tutti gli altri. Quando ormai il giorno volgeva al tramonto, d’un tratto, proprio nell’ora in cui si prevedeva l’arrivo del fuoco, un saraceno, un ignobile buffone, uno dei moltissimi che tutti gli anni hanno l’abitudine di mischiarsi ai cristiani gridò. Aios kyrrieleison (come fanno i cristiani quando appare il fuoco), scoppiò in una risata di scherno, allungò il braccio e afferrò una candela dalla mano di un cristiano, cercando di fuggire. Ma d’improvviso fu ghermito dal demonio e cominciò a contorcersi sconciamente. Il cristiano, che lo inseguiva, gli strappò la candela; lui, dopo aver atrocemente sofferto, spirò poco dopo tra le braccia dei Saraceni. L’avvenimento provocò letizia ed esultanza. Nello stesso momento il fuoco, come sempre, per divino miracolo si sprigionò da una delle sette lampade che sono là appese, e diffondendosi velocemente trasmise la luce alle altre. Questa lampada, col suo olio, fu venduta per una libbra d’oro da Giordano, il patriarca d’allora, al vescovo Odolrico, che la collocò nella propria sede e così beneficiò moltissimi infermi».
A parte l’episodio del povero saraceno blasfemo punito da Dio (Rodolfo non perde mai occasione di mettere in cattiva luce musulmani e giudei), l’autore testimonia della discesa del fuoco divino che tutti gli anni, il Sabato di Pasqua, accendeva miracolosamente le lampade nella chiesa del Santo Sepolcro a Gerusalemme provocando gioia e stupore in tutti gli astanti, fossero essi cristiani o musulmani. La prima testimonianza del miracolo risale al IX secolo e si rintraccia nell’Itinerarium (viaggio a Gerusalemme) del monaco Bernardo, ma la storia dovette circolare già molto prima, dal momento che se ne trovano tracce in alcuni testi agiografici merovingi. Il miracolo era posto in relazione al rito, investito di un preciso simbolismo scritturale, della benedizione del fuoco nuovo del Sabato Santo celebrato nelle chiese. Dopo lo spegnimento di tutte le luci nella giornata del Venerdì santo, in segno di lutto, si dava origine, il giorno successivo, ad un nuovo fuoco. Quella fiamma accendeva tutte le lampade e i ceri delle chiese, compreso quello pasquale, che bruciava per quaranta giorni fino all’Ascensione. Anche i semplici fedeli portavano nelle loro case il fuoco benedetto, investito di un valore apotropaico. Inutile dire che la cerimonia doveva essere ritenuta di particolare significato nella chiesa del Santo sepolcro di Gerusalemme, specialmente dal momento in cui incominciò a circolare la notizia del miracolo che dovette incrementare il numero di pellegrini i quali, oltre a portare doni, non mancavano anche di comprare a caro prezzo, come si è visto, il fuoco santo, quale reliquia dotata di potere taumaturgico.
I musulmani, non si mescolavano ai cristiani per dileggio, come lascia intendere Rodolfo, ma partecipavano attivamente al rito; tutti quanti traevano presagi dalle modalità di discesa del fuoco: se esso giungeva rapidamente e verso la metà della giornata, si prospettava un’annata di fertilità, se al contrario esso discendeva solo di sera, si sarebbe andati incontro alla carestia.
Sono le fonti arabe le più prodighe di informazioni sull’evento, le quali però tramandano una particolare interpretazione del miracolo, quale trucco da illusionista inscenato dagli spregiudicati monaci che gestivano la chiesa del Santo Sepolcro. In particolare alcuni autori raccontano che il califfo fatimide al-Hakim, nella prima decade dell’XI secolo, giunse a far distruggere la chiesa, dato storicamente accertato, solo perché era venuto a conoscenza dell’inganno che sarebbe consistito, narrano alcuni cronisti arabi, nel collegare tra di loro le lampade per mezzo di un filo di ferro nascosto alla vista, rivestito d’olio infiammabile. Il filo, nel momento culminante della cerimonia, veniva acceso di nascosto, a partire da un’estremità, in modo che il fuoco si trasmettesse velocemente a tutte le lampade tanto da apparire come un evento miracoloso.
Va detto che le ragioni che indussero il califfo a distruggere la chiesa dovettero essere ben altre; essa venne subito ricostruita e le fonti continuarono a raccontare del miracolo della discesa del santo fuoco. Un autore arabo vissuto nel XIII secolo racconta che ai suoi tempi i monaci avevano escogitato un nuovo espediente. Essi, scrive, nascondevano delle lampade accese in alcune nicchie, chiuse da una griglia, poste nella cupola sopra il sepolcro, poi, quando la chiesa era gremita, gridavano più volte che il Cristo era in collera con i pellegrini. Questi ultimi, per farsi perdonare, lanciavano sulla tomba delle monete d’oro e d’argento e degli abiti che si accumulano in gran quantità, finché al tramonto, quando tutti si trovavano immersi nell’oscurità, uno dei monaci approfittava della disattenzione generale e, aprendo di nascosto una nicchia, accendeva un cero con una delle lampade, per poi dichiarare che Cristo, finalmente soddisfatto, aveva fatto scendere la luce. I pellegrini allora, lanciando grida festose, potevano accendere le loro lanterne col sacro fuoco da portare nei vari territori della cristianità.
Queste alcune delle testimonianze medievali in merito al miracolo della discesa del sacro fuoco che all’epoca investiva la cristianità intera. Non conosco la tradizione del racconto per i secoli successivi. Oggi il miracolo, che è rimasto strettamente collegato alla Chiesa Ortodossa e alle Chiese orientali, sembra continuare e ripetersi annualmente con minori effetti speciali. Il patriarca se ne entra nel Santo Ciborio (dopo essere stato controllato dalle guardie) e (miracolo!) se ne esce dopo con i ceri accesi.
[Alessandra]
* edit: in effetti le risse fra monaci avvengono in entrambe le chiese citate.
Aprile 5th, 2012 at 12:05
E invero, se il miracolo non vien da sé, occorrerà allora dargli una mano – ma sarà, lo si intenda, una mano santa :-)
Bell’articolo, signora Alessandra.
Aprile 5th, 2012 at 18:05
Le risse avvengono invece proprio nella chiesa del Santo Sepolcro, così per la precisione
Aprile 5th, 2012 at 19:04
@pernice bianca, per la super precisione le risse avvengono in entrambe le chiese
Aprile 5th, 2012 at 21:17
Per la superissima precisione normalmente le risse avvengono …
Buona Pasqua ai tenutari, vi consiglio un viaggio in Terra Santa e soprattutto a Gerusalemme (se non ci siete già stati), vale la pena
Aprile 6th, 2012 at 21:57
Lo consiglio anch’io un viaggio in Israele. Gerusalemme è magnifica. Poi per disintossicarsi da troppa religiosità niente di meglio di un salto a Tel Aviv o magari a Eilat. Buon Pesach ;-)
Aprile 9th, 2012 at 16:28
Il Fuoco, Il Fuoco… ci si prepara per Spoleto, eh?