La discussione on line sul prossimo rinnovo dei componenti di Agcom possiede i tratti tipici delle iniziative di rete. È ammirevole, intelligente ed argomentata. Luca de Biase al riguardo qualche settimana fa forse esagerava un po’ con l’ottimismo:


Invece di continuare ad aspettare che la saggezza del Governo e le logiche del Parlamento generino la nuova composizione dell’Agcom – che si rinnova il prossimo maggio – si potrebbe cominciare ad aprire una consultazione che porti tutti gli interessati a rendere noti i loro punti di vista, a informare gli altri sui fatti che vedono, a contribuire alla definizione di una prospettiva di azione equilibrata e innovativa per la prossima autorità delle comunicazioni.



Luca ne ha poi riparlato anche nei giorni scorsi ed oggi su La Stampa c’è un pezzo molto forte al riguardo di Juan Carlos De Martin:

E’ ora di cambiare metodo; la posta in gioco, infatti, è troppo alta per continuare così. A maggio il Presidente del Consiglio dovrà scegliere un nuovo presidente AgCom, mentre Camera e Senato dovranno eleggere i quattro membri del nuovo consiglio. Quelle cinque persone potranno influenzare in maniera considerevole, in positivo o in negativo, lo sviluppo dell’Italia nei prossimi anni. Perché a loro spetterà prendere decisioni su aspetti cruciali di una società della conoscenza come la nostra, ovvero, su radio, televisione, telefonia, Internet. Mezzi cruciali sia per lo sviluppo economico sia per la qualità democratica del nostro Paese. È quindi doveroso che il percorso che porterà alla elezione dei nuovi consiglieri AgCom sia il più possibile trasparente e informato.


Belle parole, tutte condivisibili, tuttavia la posta in gioco è molto alta, probabilmente troppo per essere affidata a meccanismi di selezione tanto virtuosi. La percezione del fatto che le scelte sul digitale sono il punto di svolta dell’economia del paese non è chiaramente percepita nemmeno dal Governo Monti, figuriamoci dal sottobosco dei partiti che hanno nominato fino a ieri i Calabrò e i Martusciello.

Nel frattempo valgano come monito per tutti le parole che poco fa Nicola D’Angelo ha scritto sul suo blog:


É in corso al Senato l’audizione del Presidente dell’Agcom sul copyright. Scarsa presenza in sala stampa. Segno dei tempi: distanze ormai siderali tra politica, informazione e cittadini. Il tema é fondamentale per la libertà della rete ma a loro sembra non interessare


3 commenti a “Il pessimismo della ragione”

  1. Alessandro Longo dice:

    Qualche dettaglio in più http://www.alongo.it. Calabró sembra fare un passo indietro

  2. Pier Luigi Tolardo dice:

    A questo punto sarebbe utile cambiare il meccanismo delle nomine: traserirle ai Presidenti delle Camere come si fa per la Rai, che sono costretti a garantire un magiore pluralismo, introdurre la nomina di un terzo di essi da parte del Consiglio Nazionale delle Ricerche o della Conferenza dei Rettori Universitari.

  3. Visto nel Web – 19 « Ok, panico dice:

    […] Il pessimismo della ragione OK, adesso è vecchio. Su Twitter se ne parlava, sulla stampa molto meno. Ma dice Michele Serra che Twitter è il male. ::: manteblog […]