Il Corriere ha riapparecchiato ieri (era sabato del resto) l’eterna polemica fra popolarità e cultura. Quanto vale il grande successo di un brutto libro? Cosa scegliere fra i classici del passato e i mattatori del presente? Il pretesto è un articolo di Pietro Citati (il prototipo dell’anziano critico colto e un po’ noioso) nel quale Citati se la prende con Dan Brown, Paulo Coelho e Giorgio Faletti (prototipi a suo dire dello scrittore di successo e senza talento). Dice Citati che piuttosto che leggere Faletti sarebbe meglio non leggere niente. La crisi del libro sarebbe (anche) colpa dei successi dei gialli di Faletti. Nella prevista stoccata difensiva di Faletti (andata in onda durante una intervista alle Invasioni Barbariche) l’ex comico ora giallista di successo sostiene che la critica spesso tarda a distribuire i giusti riconoscimenti che invece il mercato riconosce all’istante (e via con l’esempio abusato di Totò).

Io credo che Citati abbia torto: in un numero finito di casi un lettore inizia da un trascurabile libro di Faletti un percorso di lettura difficile da tracciare ma comunque utile e qualche volta perfino virtuoso. Poi credo che anche Faletti abbia torto: la massa non ha sempre ragione, nel caso dei suoi libri per esempio i milioni di copie vendute sono solo un incidente nella perfetta composizione fra la grande letteratura e tutto il resto. Dove tutto il resto è, come sempre, la gran parte del tutto.

p.s nel frattempo Jonathan Franzen ha riaffermato con veemenza la sua allergia per i mezzi di comunicazione elettronica. Che dio lo abbia in gloria, ora gli romperanno le palle con le medesime domande su quanto Twitter faccia schifo per almeno un lustro. In mezzo agli anatemi come al solito anche qualche idea illuminante:

I social media hanno reso impossibile la vita dei giovani scrittori: gli editori s’aspettano che tutti loro abbiano una pagina su Facebook e Twitter per promuoversi giorno e notte. Si dimenticano che ilmotivo per cui scrivono è che preferiscono comunicare attraverso i libri e considerano l’ipersocialità un anatema. L’effimero sound-byte di Twitter è l’antitesi della letteratura, che cerca l’immortalità.


27 commenti a “Faletti è letteratura?”

  1. juhan dice:

    Faletti? ma dai, siamo seri! non lo leggerei manco se l’alternativa fossero le pagine gialle, più varie e interessanti, meno prevedibili comunque.

  2. Giovanni Armanini dice:

    Proviamo a fare un passo avanti. Chiediamo trasparenza sugli autori dei libri. Non so come venga partorito un libro di Giorgio Faletti, ma se ad esempio Fabio Volo si affida a dei bravi editor chiediamo di sapere chi sono gli editor. Il ghostwriting è una nobile arte che può avere una logica in certi contesti (ad esempio politici) in cui il messaggio è un mezzo e il contenuto il fine, ma forse questa logica salta laddove (come nella letteratura) la scrittura dovrebbe essere il fine “in sè”. Non so, è una proposta per una sorta di “ecologia editoriale”.

  3. Stefano Montefiori dice:

    Scusi Mantellini, ma perché comincia il suo post con una frecciata al Corriere? Se l’eterna polemica era così prevedibile (“era sabato del resto”), come mai sente il bisogno di intervenire?
    Non che non si possa criticare il Corriere, ci mancherebbe, ma l’atteggiamento di sufficienza mi fa dispiacere. Perché sono un giornalista del Corriere e perché la seguo con interesse, tanto che avevo notato con soddisfazione un suo post di complimenti alla Lettura. Sfotta il Corriere quando se lo merita (capita, certo), la prego, non mi deluda. Con stima
    Stefano Montefiori

  4. Pietro dice:

    Un post che condivido in pieno qui
    http://www.minimaetmoralia.it/?p=6938

  5. EdoLiberal dice:

    Ma questa è storia vecchia e ritrita e la cosa più singolare e che è un classico italiota: lo schematismo letteratura alta vs commerciale. L’onda lunga della New Italian Epic sembra essere passata e certi imbecilli tornano a starnazzare.

    Citati è un mediocre, mediocre in quanto si arrocca nel suo passatismo. Celebrare qualcosa che è già stato celebrato è sicuro e… mediocre (l’ho già detto?). L’amara controprova della miopia degli “intellettuali” alla Citati risiede nel fatto che troppe volte autori/scrittori/artisti italiani devono prima avere successo all’estero per essere accreditati in patria come “alti”.

    Dall’altra parte Faletti usa un esempio abusato come quello di Totò. A parte che ne bastava uno più calzante come quello di Flaubert, che dai suoi contemporanei era considerato come uno scrittore “commerciale”, ma si è rivelato essere un grandissimo. Nel ragionamento di Faletti vi è però una specularità non sufficiente (come sottolinea Mantellini): l’essere schifati dai critici non fa di te direttamente un grande scrittore (mò vai a vedere che Bombolo è stato uno dei più grandi artisti del Novecento).

    Chioso con Franzen che è simpatico come un foruncolo tra le cosce: gli scrittori scrivono per millemila motivi, dall’ipersocialità a volontà eremitiche (infatti ci sono frotte di scrittori che sui SNs ci sguazzano). Lui, con l’ego versione angstrom che si ritrova, pontifica sugli odiati SNs (dopo aver già fatto una bella figura cannando completamente il senso del film plurivincitore di Oscar “The Artist”, come altri del resto) facendo la figura del tecnosnob, applaudito dalle schiere di tecnosnob (forse c’è anche Citati tra loro).

  6. francesca dice:

    MAI letto una riga di Faletti, Dan Brown & Coehlo e vivo bene.

  7. massimo mantellini dice:

    Suvvia Stefano,
    se lo era era uno sfotto’ leggero (e lei sa come so io quali sono le dinamiche editoriali con le quali si cerca ogni volta che è possibile di costruisce un caso dentro l’orto di casa propria anche quando la medesima discussione è andata in stampa decine e decine di volte in passato). Mi spiace comunque che si sia dispiaciuto, staro’ piu’ attento in futuro. Saluti.

  8. Stefano Montefiori dice:

    Sì ma appunto la discussione è andata in stampa così tante decine e decine di volte che comunque lei ci ha fatto un post, e in cinque minuti sono arrivati subito i commenti. Non voglio tenere il punto, e la ringrazio della risposta.
    Ne approfitto solo per dire che sono d’accordissimo con chi dice che, quanto alla qualità, la distinzione vecchi media/nuovi media non ha molto senso. Questo vale allora anche per la qualità dei vecchi media, che certe volte evidentemente non è poi così male. Saluti

  9. andrea sacchini dice:

    Avevo letto un libro (non ricordo più il nome, ma era qualcosa che aveva a che fare con gli occhi), tempo fa, di Faletti, e sinceramente non mi era dispiaciuto. Alla fine, tutta questa diatriba tra qualità e volumi di vendita mi pare alquanto sterile. Penso che l’importante sia che uno legga; poi, una volta che ha preso il “vizio”, sarà in grado da sé di fare le opportune distinzioni.

    p.s.
    per emendarmi dall’orribile colpa di aver letto Faletti, nell’ultimo periodo mi sono fatto fuori 4 libri di Saramago, e mi sono pure piaciuti molto :-)

  10. Luca Albani dice:

    Sarà una discussione trita e ritrita ma la trovo sempre stimolante. Tra l’altro vi partecipa anche Sebastiano Vassalli stamattina: “[…] Leggere cosa? Non si può mettere tutto sullo stesso piano. C’è però una stagione della vita in cui le distinzioni non servono. È quando un ragazzo incomincia a leggere. Ci si innamora della lettura prima che dei libri: e non è opportuno, non è utile pretendere che chi ha dieci o dodici anni sappia già scegliere. La stagione delle scelte verrà dopo. Tutti i “grandi lettori” che ho incontrato hanno incominciato con letture casuali […]”. “Corriere della Sera”, 11/03/2012, p. 39.

  11. Sir Robin dice:

    La scuola.

  12. tiziana serenella dice:

    @luca albani: fin da ragazzina sono innamorata dei contenuti e degli autori, l’esercizio della lettura invece è una sana abitudine come andare in piscina o a camminare in montagna!
    about faletti, mi dispiace per lui ma l’ultimo libro l’ho letto e già dimenticato, ovvero inutile lettura

  13. Fabrizio dice:

    Viviamo in un paese in cui Fabio Volo ha avuto 3 libri tra i primi 10 in classifica contemporaneamente. Forse non sarà alta letteratura, ma anche la musica commerciale ha 1000 volte più seguito di lirica e musica classica eppure nessuno si lamenta.

  14. nicola dice:

    Per sapere se un’opera è una *grande* opera o una ciofeca con successo c’è solo un metodo: aspettare. Se fra 50 anni Faletti sarà ancora letto e apprezzato, allora Faletti è stato e sarà un grande scrittore, altrimenti no.

    Se non volete aspettare 50 anni, potete sempre leggere i grandi classici.

    (Qualche volta bisogna aspettare qualcosa di più… :-) )

  15. mORA dice:

    Sia a Citati che a Faletti si potrebbe rispondere con Marchesi:

    Mangiate merda, milioni di mosche non possono sbagliare.

  16. Turycell dice:

    @Andrea Sacchini:
    “Niente di vero tranne gli occhi”, l’ho letto anch’io e rivorrei indietro le ore che ci ho dedicato. Il salto dello squalo finale è peggio che brutto, è inutile per la trama.

    Il primo di Faletti, “Io uccido”, mi è piaciuto molto, ma se condo me si vede che è un dilettante e non vale un millesimo del suo modello, Jeffery Deaver, che consiglio a tutti.

    Ciò detto, arrogarsi il diritto di decidere chi è letteratura e chi no è tracotante e stucchevole – ognuno passa il tempo leggendo quello che vuole. Nicola l’ha detta giusta un post più su.

  17. grazia dice:

    Tra l’essere un “grande” della letteratura nel tempo e l’essere un autore inutile ce ne passa di strada. Magari Faletti a essere un grande della letteratura non ha mai ambito. Scrivere è comunicare qualcosa, che può essere anche solo distrazione dal quotidiano. Io di Faletti ho letto solo il primo e mi è bastato, ma non per questo mi sento di ergermi a giudice di chi merita. Se vogliamo fare gli spocchiosi sulla letteratura di serie B, proviamo a eliminarla e ci troveremo con ben poca scelta in libreria… e scarso accordo su chi sia da tenere a galla!

  18. frap1964 dice:

    “Io Uccido”, per essere un’ opera prima, era di livello estremamente alto. Nessuno dei romanzi seguenti lo ha eguagliato (li ho letti tutti).
    Comunque per capire come si scrive un thriller, meglio leggersi tutto Jeffery Deaver o James Patterson.

  19. gibbo dice:

    Ma a che serve una classifica dei brutti e dei belli? Rallegriamoci che qualcuno legga Faletti, non è certo gente che leggerebbe Kundera, ma magari imparano qualche parola nuova.
    E mi chiederei pure a cosa serva un critico.

  20. Carlo M dice:

    sempre sia lodato jonathan franzen (scrittore di successo e di talento).

  21. diamonds dice:

    se l’universo che mi circonda è un campione rappresentativo,ogni giorno mi rendo conto che i lettori sono a rischio di estinzione.Qualsiasi combinazione atta a scardinare questa tendenza è benvenuta( sterili polemiche tra analfabeti diversamente percepiti e flame surreali compresi)

  22. Pier Luigi Tolardo dice:

    “Tre atti e due tempi” non è I promessi Sposi non c’è dubbio, ma come lettura amena non è meno di Guido da Verona o di Pitigrilli, bestsellers di altri tempi. Scerbanenco era molto più bravo come stile, tempi, capacità di incrociare anche i grandi temi dell’uomo ma cosa ne pensavano di Scerbanenco i Citati del suo tempo e lui cosa ne pensa? Eppure Scerbanenco era molto più bavo dei giallisti svedesi che vanno oggi per la maggiore. Mi pare che il dibattito letteratura colta/incolta sia uno dei tormentoni fissi delle nostre pagine culturali, Citati è un grande e mi dispioace che si sia dedicato a questi luoghi comuni.

  23. peppeuz dice:

    Non concordo affatto sulla frase “piuttosto che leggere Faletti sarebbe meglio non leggere niente”. Leggere fa sempre bene, anche se si tratta di robaccia.
    Io ne sono l’esempio più lampante: ho iniziato a leggere proprio con i tre autori su citati.
    Il primo libro che lessi appassionatamente a 14 anni fu proprio Il codice da Vinci: da lì son passato ad altro, ho avuto la “fase Coelho” (nella quale ho letto buona parte dei suoi libri) ed ho letto (e persino apprezzato) Io uccido di Faletti.

    Adesso i miei autori preferiti sono Dostoevskij, Orwell, Huxley, Poe, Vonnegut, Benni… tutt’altro genere, insomma.
    Però se non ci fossero stati quei libri estremamente commerciali e “populisti”, non è detto che sarebbe nata in me la passione per la lettura che adesso ho.

  24. Simone dice:

    “un mondo di zombi che camminano col dito sullo smartphone”

  25. Federico dice:

    “Rallegriamoci che qualcuno legga Faletti, non è certo gente che leggerebbe Kundera, ma magari imparano qualche parola nuova.”
    Complimenti al signor gibbo per l’approccio ortodosso, da metallaro quasi. Si vede che le sole alte letture fanno venire a mancare la curiosità e la voglia della scoperta.

  26. Klu z dice:

    Di Fabio Volo ne ho letto 1 (forse 1 e mezzo) dei primi. Ero al mare a 20 anni forse 21, l’aveva un mio amico. Si leggeva in pochissimo, un po’ dilettava e alcuni ci si indetificavano più di altri. Non ho particolari rimorsi. Certo la sensazione è che l’avrebbe quasi potuto scrivere un mio compagno di “cumpa”. Mi pare mi sia giunta voce adesso miri a volar più alto. Ecco non lo sfiorerei con un bastone.

    Coelho invece non lo sostengo. Come “la profezia di Celestino” ma anche più stimati quali metà delle cose di Hesse. Trovo paraculissimo il genere. Insopportabile. L’unico pistola alla tempia sono le parti diario di “11 minuti”, forse.

    Faletti se amassi i gialli, per curiosità l’avrei letto. Probabilmente. Ignoro completamente.

    In generale storco il naso già al concetto di gran letteratura. Chi se ne frega. Cosa significa?
    E poi queste discussioni mi ricordano quelli che sono per difendere (anche con fondi pubblici) molto di più certe forme artistiche, ritenute alte, vera arte, patrimonio intoccabile ecc.
    Peccato che molti non sappiano che Shakespeare fosse qualcosa di fatto commerciale. Stessa cosa il Jazz: non era un arte “alta”.

  27. alberto dice:

    Ho trovato l’articolo stucchevole. Se uno legge Faletti forse un giorno leggerà altro, magari un classico. Ma sperare che un non lettore entri in libreria e si avvicini a, chessò, Kundera mi pare complicato.

    La storia sul prezzo del libro è trita e ritrita: è un falso problema. Ancora oggi, il libro resta il passatempo più economico in circolazione: il prezzo medio di un libro in Italia è di 13 euro.

    L’unica cosa che si dovrebbe fare è il tentativo di allargare il pubblico dei lettori: più sono meglio è: non servono sconti, nè altro. Solo buone librerie e buoni librai.

    E ognuno legga ciò che vuole…