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Elena Favilli spiega molto bene perché la scuola moderna ha bisogno di nuovi curatori più che di nuove piattaforme di pubblicazione (come quella presentata da Apple qualche giorno fa):


Di strumenti per pubblicare contenuti siamo già pieni. Quello che manca è un modo per capire, in settori cruciali come quello dell’educazione, quali sono quelli di cui fidarsi. La content curation ha già dimostrato di funzionare molto bene nel giornalismo, dove il proliferare di contenuti di ogni tipo ha costretto i giornalisti a trasformarsi prima di tutto in designer, dj delle notizie. Ora è l’educazione il campo in cui più ce n’è bisogno. Oggi gli insegnanti devono trasformarsi da detentori di un corpus di nozioni stabilite e rigidamente divise in discipline in esploratori, aggregatori, co-produttori di conoscenza. Devono spezzare il nesso rigido e deterministico tra l’informazione erogata (il testo, la lezione) e l’informazione richiesta (il compito, l’interrogazione), come dice Marco Rossi Doria. Devono diventare dj.

9 commenti a “DJ cercasi”

  1. marco dice:

    Ammettendo come condivisibile il discorso relativo alla interdisciplinarietà (con tutto quello che ne consegue in termini di validazione necessaria delle nozioni veicolate) cosa c’entra “spezzare il nesso rigido e deterministico tra l’informazione erogata (il testo, la lezione) e l’informazione richiesta (il compito, l’interrogazione)” ?
    Mi pare che le discussioni attorno al binomio tecnologia-insegnamento rischino, sovente, di approdare a una specie di supercazzola inestricabile.

  2. Dvd dice:

    Tutti discorsi giusti, ma che poi faccio fatica ad applicare ai miei conoscenti insegnanti, che lavorano in qualche media nella periferia di Milano o di Roma, dove metà degli alunni hanno almeno un genitore in galera o tossicodipendente, dove si presentano a scuola con i coltelli e dove la sigaretta che gira tra i ragazzi è il vizio minore.
    Dove ti arrivano ragazzini dall’Egitto o dalla Cina che non sanno una parola d’italiano e nessun insegnante di sostengo o intermediario culturale (ci sono stati i tagli, ricordate?) a darti una mano. E devi stargli dietro dividendoti tra lui e il resto della classe (che non sta certo in silenzio ad aspettare il proprio turno).

    Molti di loro si comprano i gessetti da portare a scuola. Figurarsi avere un iPad

  3. mORA dice:

    Forse lo spiega molto bene, ma come capita spessissimo a coloro che hanno bisogno di spiegazioni, alla fine non si capisce nulla. Che abbia studiato semeiotica si evince dalla parola “corpus”.

    Non si inferisce invece come un insegnate che ammette per l’informatica, e senza remora o vergogna alcuna, quello che non tollererebbe mai dai suoi allievi e per qualunque materia, ovvero “ah, no, per me il computer è tabù, non lo capisco proprio”, ovvero la gran parte del corpo insegnante, si possa inventare “editor”.

    Certo, dopo semeiotica è volata a Berkeley per studiare new media; forse conserva un caro ricordo dell’insegnante medio incontrato colà, o forse tra i new media ci sono anche insegnanti siffatti.

    Senza dimenticare che abbiamo assunto migliaia, venti migliaia, di insegnanti di religione nella scuola pubblica

    http://edue.wordpress.com/2011/02/17/manifesto/

    che mi paiono davvero perfetti per

    trasformarsi da detentori di un corpus di nozioni stabilite e rigidamente divise in discipline in esploratori, aggregatori, co-produttori di conoscenza. (…) [e] spezzare il nesso rigido e deterministico tra l’informazione erogata (…)

    Ma dove vive, costei?!

    Quanto ad Apple e la spinta forte verso il settore educational:

    http://edue.wordpress.com/2012/01/22/educom/

  4. Gianluigi dice:

    L’unica cosa che si evince dall’articolo è l’alta percentuale di fighettume e banalità che ci sono scritte. Iniziando dal titolo “l’errore di Apple”, uno si aspetta un’analisi sulle perdite che subirà Apple per il rilascio di un software che dovrebbe fornire un’opzione in più ad una sua macchina, al fine di venderne di più. Ma di tutto questo non vi è traccia. Mai avuto un DJ che spiegasse che il titolo di un articolo dovrebbe annunciarne il contenuto? Frequentate troppe discoteche?
    Invece di cosa si parla nell’articolo la banalità assoluta: per insegnare bene ci vuole un bravo insegnante. Perbacco che novità! No anzi la novità è chiamarli con un nome fighetto: DJ.
    Ma per piacere!

  5. Carlo M dice:

    ma come si fa a scrivere ‘ste minchiate? e poi la “content curation”… diobono. io spero solo che questa qui non sia un’insegnante, ma purtroppo temo che lo sia.

  6. Camillo Miller dice:

    La content curation è una cagata pazzesca!

  7. ArgiaSbolenfi dice:

    Se ci ho capito qualcosa, “trasformarsi da detentori di un corpus di nozioni stabilite e rigidamente divise in discipline in esploratori, aggregatori, co-produttori di conoscenza” è una roba che gli insegnanti (bravi) hanno sempre fatto. E sono convinto che si possa dire in modo più semplice.

  8. Pereubu dice:

    Ah, i danni di Scidecom. *sospiro*

  9. mxm dice:

    No no, deo gratias, non é insegnante, ma molto peggio. Fa la giornalista. E se la tira perché é stata in Ammeriga… “Content curation”: ma come parla? Si meriterebbe il ceffone di Michele Apicella-Nanni Moretti alla giornalista fighetta con il suo “trend positivo” (cfr. “Palombella rossa”)