Contrappunti su Punto Informatico di domani.
La crisi occorsa nella settimana scorsa ai server di Aruba, che ospita circa un milione e mezzo di domini della rete italiana, è interessante anche al di fuori delle molte questioni squisitamente tecniche che sottende. I fatti sono noti: un incendio nella webfarm del provider di Arezzo ha causato il più grande black-out informatico della rete italiana, che ha coinvolto migliaia di siti web di varia importanza, servizi a pagamento come la PEC, servizi di posta elettronica ecc. Il disservizio si è protratto per molte ore anche se non c’è stata alcuna perdita di dati.
La prima considerazione non tecnica che vale la pena fare è che la forza e la stabilità della rete risiedono da sempre nella sua natura distribuita mentre oggi, un po’ in tutto il mondo, assistiamo a fenomeni di diffusa concentrazione dei servizi nelle mani di pochi soggetti. Il down della posta elettronica di Google diventa importante e di risonanza mondiale proprio in relazione al numero impressionante di utenti che lo utilizzano, un incendio in una web farm aretina diventa una notizia significativa e centrale in funzione delle migliaia di utenti che l’azienda ha saputo concentrare negli anni e che si trovano tutti assieme ed improvvisamente tagliati fuori dal servizio. Il tema tecnico a margine di questi fenomeni di iperconcentrazione è quello che con l’aumentare del numero dei clienti dovrebbero crescere in maniera esponenziale anche le ridondanze e i meccanismi di sicurezza e recupero offerti, il tema sociologico invece potrebbe essere che affidare tutta la propria presenza online ad un singolo soggetto dovrebbe essere considerata sempre e comunque una cattiva idea.
Il secondo aspetto da tener presente mi pare essere quello della distanza che esiste fra la percezione della vita di rete e quella della vita reale. Aruba è un provider che ha basato sulla grande economicità delle offerte il proprio successo. È vero che un po’ in tutto il mondo i servizi di hosting/housing hanno visto scendere in maniera sensibile i propri costi, ma si tratta spesso di servizi forniti da provider d’oltreoceano e in questi casi la barriera linguistica è una discriminante forte. Nonostante questo non è possibile fare di tutte le erbe un fascio e non è possibile mettere sullo stesso piano i disservizi della PEC con il down di alcune ore di un piccolo sito web personale pagato 3 euro al mese. Da questo punto di vista molte delle previste minacce delle associazioni dei consumatori che intendono rivalersi nei confronti di Aruba, sono ridicole e piuttosto rappresentative di un certo modo di fare. Il Codacons per esempio, prima ancora di aver capito quali sarebbero stati i reali termini del problema, si precipitava ad annunciare una class action contro Aruba, dimostrando un tempismo ed una superficialità che vale la pena sottolineare.
Il terzo aspetto è squisitamente comunicativo. Subito dopo l’incendio Aruba si è trovata nella impossibilità di comunicare con la propria clientela, visto che tutti i canali soliti erano stati interessanti dallo spegnimento delle apparecchiature. Che una azienda che maneggia bit non avesse immaginato per tempo uno strumento fatto di bit – fra i tantissimi disponibili – per comunicare con i propri clienti in simili emergenze è di per se abbastanza esplicativo di una certa sottovalutazione. Ad Arezzo hanno comunque rimediato nel giro di poche ore aprendo un account su Twitter attraverso il quale dare le prime frammentarie informazioni sulla situazione.
Lo diciamo spesso: Internet non è la vita reale. E se anche lo fosse – e sempre più spesso lo è – capita che i termini delle questioni che la riguardano vengano ribaltati in nome di una presunta infallibilità dei bit. Se negli uffici postali della nostra città siamo sottoposti a due ore di fila per pagare un bollettino ciò rientra in una inevitabile deriva nazionale contro la quale niente e nessuno può nulla da decenni: se il sito dell’Onorevole Formigoni resta spento per alcune ore per un incendio nella farm del suo provider, ecco che ci troviamo di fronte ad un gravissimo episodio capace di incrinare gli equilibri democratici della nazione. Lo stesso se la nostra casella postale resta muta per qualche tempo o se il nostro blog non può essere aggiornato per mezza giornata, creando grave nocumento ai nostri dieci lettori.
Allo stesso tempo, proprio perché Internet è ormai parte integrante della nostra vita, sottovalutazioni ed eccessive superficialità non possono essere tollerate e chi si propone come mediatore della nostra vita digitale, deve avere e saper mostrare le carte in regola per farlo. Per esempio nei giorni scorsi il Congresso americano ha chiesto spiegazioni a Sony, la cui rete di giochi online Playstation Network, è al centro da giorni di gravi intrusioni da parte di cracker che si sarebbero anche impadroniti dei dati degli utenti. Possiamo archiviare tutto con uno sbadiglio affermando che tanto in fondo si tratta di un network per ragazzini? Evidentemente non possiamo. C’è un filo sottile, fatto di bit, che separa comportamenti ed azioni, responsabilità e diritti. Separare ridicole pretese da importanti rivendicazioni è il primo passo per districarsi dentro le nostre nuove vite collegate.
Maggio 1st, 2011 at 10:09
Va sottolineato che questa cosa ha mostrato come Aruba non abbia assolutamente ridondanza offsite. Se io fossi una azienda che fa di Internet una parte fondamentale del mio business, ad averlo saputo sarei sbiancato. (O non avrei, preventivamente, aperto un account su Aruba.) (Che è quello che faccio io.)
Maggio 1st, 2011 at 10:30
Mi pare anche interessante il fatto che nella prima pagina di aruba.it non ci sia neanche un post-it che spieghi cos’è successo.
Maggio 1st, 2011 at 11:02
Questo passaggio non mi torna:
“La prima considerazione non tecnica che vale la pena fare è che la forza e la stabilità della rete risiedono da sempre nella sua natura distribuita mentre oggi, un po’ in tutto il mondo, assistiamo a fenomeni di diffusa concentrazione dei servizi nelle mani di pochi soggetti. Il down della posta elettronica di Google diventa importante e di risonanza mondiale proprio in relazione al numero impressionante di utenti che lo utilizzano, un incendio in una web farm aretina diventa una notizia significativa e centrale in funzione delle migliaia di utenti che l’azienda ha saputo concentrare negli anni e che si trovano tutti assieme ed improvvisamente tagliati fuori dal servizio.”
1 – La distribuzione dei nodi della rete non è legata alla concentrazione attorno ad un unico provider di servizio. Google ha una miriade di server sparsi per il mondo per gestire Gmail. Chissà quanti down di server ci sono sul network che gestisce il servizio di cui noi non ci accorgiamo minimamente.
2 – Che Aruba sia uno dei più grossi provider di hosting e housing italiani non c’è dubbio, ma dire che mezza rete italiana è rimasta bloccata come molti hanno fatto è una sopravvalutazione della reale portata del danno. La verità è che ognuno aveva un sitarello più o meno grande conosciuto che è andato offline, ma niente di veramente grande è finito down. Il problema della posta certificata è di fatto il problema più importante.
3 – Dal punto due deriva che ritenere Aruba come un punto di concentrazione di moltissimi servizi di rete in Italia è una sopravvalutazione. Detto ciò, quello che mi ha stupito è la totale assenza di ridondanza e di possibilità di gestire almeno servizi di emergenza offsite. E in ultima analisi la pessima comunicazione da parte dell’azienda, impreparatissima sotto questo punto di vista. Invece di ammettere un disastro e chiedere umilmente scusa, io vedo ora un’azienda che lo vuole cancellare e come dice giuliomozzi evita addirittura di fare riferimento alla questione sul suo sito.
Ma del resto stiamo parlando di un’azienda che ha scelto come logo sul sito una gif animata (aruba, ha telefonato il 1997, dice che rivuole indietro il tuo logo). Qualcosa vorrà pur dire.
Maggio 1st, 2011 at 11:30
http://edue.wordpress.com/2010/12/16/ricca-e-vecchia/
Maggio 1st, 2011 at 13:20
Le questioni tecniche non sono secondarie, sono la base del tutto. Il resto è solamente fuffa che piace tanto ai giornalisti italiani completamente a digiuno di qualsiasi nozione tecnica minimamente approfondita
Maggio 1st, 2011 at 20:55
scusate ma non ho capito il commento di capezzino. che significa?
Maggio 1st, 2011 at 21:02
bè, direi che è interessante come alcuni non abbiano remore a sciacallare, sul blog di carlo rienzi, pres del cons :
http://www.carlorienzi.it/?p=421#comment-4940.
praticamente questo qui lavora esclusivamente in questa settimana, al 90% e a 10.000€ al giorno. A volte, la sfiga, eh?
(da notare anche il tentativo di altri utenti di aruba di frenare il delirio cosmico osteggiando la class action)
Maggio 1st, 2011 at 21:13
ps mi chiedevo poi una cosa: perchè alcune -se non tutte, quelle cui ho dato un occhio- le azioni del codacons sono spostate sul blog PERSONALE del presidente carlo rienzi? perchè il lavoro di un’associazione a difesa del consumatore si è trasformato nel sito di una persona? perchè tutto il traffico è dirottato lì? gatta ci cova.
Maggio 1st, 2011 at 21:55
personalmente darei il premio speciale “nonchalance” all’amministratore della pagina “ufficiale” di Aruba su Facebook… (ma sarà davvero la pagina ufficiale di Aruba?)
Maggio 2nd, 2011 at 08:19
mah, io so solo che i nostri ingengeri quando devono realizzare un sito in php chiedono espressamente che il server del cliente con sia su Aruba che tipicamente è tra i più scadenti come fornitore, prova ne è che fa spot di livello infimo per vendere i suoi servizi server. Di che ci stupiamo?
Maggio 2nd, 2011 at 08:58
@trentasei: c’è differenza tra Rienzi e il Codacons? Da quando?
Maggio 3rd, 2011 at 11:53
Gentile Mantellini,
in genere non sprechiamo il nostro prezioso tempo a replicare alle accuse di blogger (spesso maleducati o arroganti, altre volte solo ignoranti, specie quando affrontano tematiche consumeristiche), nè ci preoccupiamo di portare in Tribunale utenti che, come avvenuto in questo sito, rilasciano commenti offensivi utlizzando termini palesemente diffamatori (vedi l’accusa di sciacallaggio).
Stavolta faremo un’eccezione, considerando che il suo articolo è finito su un sito specializzato che a sua volta è comparso nella nostra rassegna stampa.
Ebbene ci teniamo a far sapere a lei (e ai suoi (poco)attenti seguaci) che non serve essere dotati di intelligenza sovrumana per capire che la vicenda Aruba ha prodotto danni ad una miriade di soggetti. Pensi un pò, lo abbiamo capito anche noi del Codacons (che evidentemente per lei e per i suoi fans siamo stupidi sciacalli superficiali) appena giunti venerdì in ufficio, non potendo utilizzare correttamente il web nè potendo accedere alla posta elettronica, che è il ns principale strumento di comunicazione e di lavoro.
Ma le dirò di più: siamo stati fin da subito subissati dalle telefonate di cittadini e di aziende che, a causa del disservizio, hanno patito disagi non indifferenti, e perdite economiche reali specie per quelle società che fanno del web la propria attività lavorativa.
Già alle ore 10 di venerdì, avevamo chiaro come il problema riguardasse migliaia di utenti. E lei (e i suoi fans) vi meravigliate se un’associazione come il Codacons, che per statuto si occupa proprio di tutelare gli utenti, ha annunciato iniziative a favore dei cittadini?????????? E vi meravigliate pure che un’associazione di cittadini, soggetto che per legge è abilitata ad avviare class action, abbia deciso, di fronte ad un danno diffuso e certo, di studiare la possibilità di intentare un’azione collettiva?
MA FATECI IL PIACERE!!!!
Per quanto riguarda l’accusa di superficialità, se Lei si fosse preso la briga di leggere il nostro comunicato relativo alla vicenda Aruba, diramato venerdì, avrebbe scoperto che il Codacons scriveva: “Un danno al momento difficile da quantificare, poichè non sono ancora noti i tempi di ripristino del servizio”.
Detto ciò, precisiamo che il blog http://www.carlorienzi.it è nato proprio per fornire un ulteriore strumento di difesa ai cittadini, non sostituisce il sito del Codacons, ma semplicemente lo integra con approfondimenti e indagini che non sempre possono trovare lo spazio che meritano sul sito del Codacons (che come potrà notare è già abbastanza affollato di notizie).
Cordiali saluti
UFFICIO STAMPA CODACONS
Stefano Zerbi
Maggio 3rd, 2011 at 12:08
[…] in questi casi) il commento di Stefano Zerbi dell’Ufficio Stampa postato nei commenti al post. Una sola precisazione da parte mia: questo blog ha molti commentatori e nessun seguace. Gentile […]
Maggio 3rd, 2011 at 14:32
Il codacons ? Quelli che volevano chiedere il rimborso per il blackout nazionale avvenuto tanti anni fa ?
Beh.. fa parte del loro dovere gridare al lupo al lupo.
Certo che quando l’evento è un incendio, ad esempio, c’è poco da gridare. Fossi in loro sceglierei meglio come usare i soldi dei soci.
Maggio 3rd, 2011 at 20:57
Mai sentito parlare di disaster recovery? Business continuity? Altro che superficialità…
Maggio 3rd, 2011 at 23:01
Per essere un “ufficio stampa”, mi pare che quello del Codacons abbia bisogno di un corso di buone maniere.
Si capisce dal testo, dal tono e dall’argomentare, che non hanno chiaro di cosa, con chi e perchè stanno parlando.
Maggio 3rd, 2011 at 23:17
Questi del codacons è ovvio che non hanno capito nulla dell’argomento!
Dove diavolo sarebbe la clausola di continuità del servizio nei contratti di aruba? Come si può pensare che un contratto da pochi euro al mese possa prevederla?
Il fatto che si permettano a fronte di una evidente ignoranza sull’argomento di dare con tanta sicumera dell’ignorante al prossimo mi pare quanto meno paradossale.
Dilettanti allo sbaraglio…
roberto dadda
PS se la clausola c’è me la facciano vedere, mi scuserò e cercherò di capire come sia possibile che Aruba riesca a fare tanto con tanti pochi soldi!