Contrappunti su Punto Informatico di domani.
Già i numeri presentati dall’Istituto Nazionale di Statistica qualche tempo fa mi avevano un po’ preoccupato. Non tanto per i dati (modesti) sulla penetrazione di Internet in Italia o per quelli sul numero di computer presenti ormai in discreta quantità nelle case degli italiani. In mezzo a quei numeri di continua crescita ce n’era uno molto significativo che aveva volutamente allontanato come si fa con le incombenze sgradite. Mi riferisco al numero di italiani che usa la rete Internet per informarsi che, per la prima volta dopo molto tempo, mostrava un segno negativo passando dal 46.7% al 44% .
Si tratta di una piccola tendenza molto preoccupate che lo è ancora di più se si ha presente il livello medio della informazione in questo paese. La grande contrapposizione ideologica che riguarda i maggiori quotidiani e i telegiornali del Paese dovrebbe di per se stessa consigliare i cittadini verso percorsi differenti e maggiormente personali di costruzione della propria agenda informativa. Eppure così sembrerebbe non essere.
Purtroppo la settimana scorsa questa sorta di piccola “cupio dissolvi” informativa è stata in qualche misura confermata da una ricerca presentata dal “Larica” dell’Università di Urbino, uno studio nel quale possiamo trovare un numero molto ampio di indicazioni sui rapporti fra i cittadini, la rete e le news. Si tratta di un lavoro effettuato intervistando oltre 1000 italiani nel corso del mese di dicembre del 2010 e racconta molte cose interessanti. La prima, che tutti sappiamo bene, è che in Italia continua ad esistere una dittatura informativa legata alla televisione, utilizzata da oltre il 90% delle persone, la seconda che Internet è percentualmente l’ultimo dei grandi mezzi di comunicazione utilizzato dai cittadini per raggiungere le notizie.
Molti ulteriori dati attenuano la brutalità di una simile classifica, per esempio il fatto che in questi anni si è ampliato il numero di canali informativi utilizzati ed oggi quasi la metà del campione dichiara di informarsi utilizzando 5 o più mezzi differenti. Dicono insomma al Larica che gli strumenti si sommano e non si sostituiscono e anche questa paradossalmente, dato il livello medio imperante, non è una notizia completamente positiva.
Tuttavia dallo studio appare evidente anche che gli adulti sono più interessati alle informazioni rispetto ai più giovani e soprattutto che la scelta informativa è molto spesso generalista e discretamente superficiale. All’Università di Urbino sono gentili e condiscendenti e definiscono questo fenomeno come una tendenza informativa “meno sistematica e più opportunistica: a puzzle” a me sembra semplicemente che la scelta di utilizzare i portali Internet (Libero, Google News, MSN network) come primo presidio informativo in rete (questo avviene nel 60% dei casi con una percentuale che sale oltre il 90% nei giovani fra i 18 e i 29 anni) sia una scelta qualitativamente modesta che mal si accorda con una idea di informazione in rete come presidio contro la cattiva informazione imperante altrove. A ruota vengono i siti web editoriali come Repubblica.it e Corriere.it, consultati dal 50% degli intervistati, i siti specialistici (37%), Facebook (23%), i blog personali (18%), Twitter (7%).
Mentre negli USA Internet ha recentemente superato carta stampa e radio nella classifica dei canali informativi utilizzati da noi non solo la rete resta al palo ma la tendenza complessiva alla spinta informativa degli italiani sembra più debole che altrove.
Internet è il luogo delle parole: mi viene in mente al proposito una piccola frase dell’editore Mauri che ho letto ieri nel blog di Paola Bonomo che non riguarda le news ma i libri: “da quando è esplosa internet, nonostante i contenuti gratuiti disponibili, si sono venduti sempre più libri.”.
Eppure le parole sono di molti spessori differenti, e se la rete aiuta a vendere i libri, sembra avere effetti di amplificazione minori da altre parti: per esempio in questo paese ci sono circa 18 milioni di profili Facebook, una buona percentuale di questi utenti (circa 12 milioni) accedono alla piattaforma ogni giorno. È piuttosto evidente che, almeno per ora, le tracce di un eventuale effetto di trascinamento della socialità di rete verso l’informazione in rete tardano a manifestarsi.
È come se in questo Paese esistessero parole affascinanti ed altre meno. Ed è un peccato, specie se consideriamo che le seconde sono certamente oggi più importanti delle prime.
Febbraio 13th, 2011 at 10:50
Lavorando in editoria, dovrei quantomeno essere contenta che si vendano più libri grazie a internet, ma ricordiamoci che più di una ricerca ha da tempo evidenziato come l’aumento di vendite non corrisponda a un maggior numero di libri letti: una percentuale agghiacciante di libri acquistati resta tristemente non letta. Senza poi considerare la fascia di qualità in cui ricadono i libri acquistati (verrebbe da dire: in effetti meglio non leggerli).
Sorvolando su queste considerazioni di parte, comunque, tutto ciò non fa che sostenere l’idea che gli abitanti di questo Paese in fin dei conti si meritino il generalizzato degrado del Paese stesso e ne siano in buona parte gli artefici.
Idea che mi sforzo di continuare a rifiutare, in quanto abitante di questo Paese. Ma è sempre più difficile…
Febbraio 13th, 2011 at 18:34
Anche a me colpisce molto il dettaglio che riguarda Facebook. Ogni giorno ad aggiornare il proprio “stato” ma ci si ferma li. Perchè non si passa dalla socialità “spicciola” alla condivisione di informazioni, di idee, di progetti? Pensiamo solo agli ultimi grandi avvenimenti in Egitto o in Iran, nati e favoriti dalla rete. E’ come se noi italiani ci fermassimo solo alla superficie delle possibilità offerte da internet. Come se dicessimo: ok la socialità dei profili, delle foto, dei ricordi; ma non spingiamoci oltre.
Febbraio 14th, 2011 at 10:26
[…] DI INTERNET – Ho appena letto due post interessanti, uno di Massimo Mantellini sul fatto che internet e’ ancora oggi usata poco per cercare informazioni, l’altro di Napolux che sfata il mito dei nativi digitali. Leggeteli entrambi, perche’ […]
Febbraio 14th, 2011 at 11:02
Credo che certi numeri riflettano il pessimo rapporto che noi italiani abbiamo con l’informazione in genere.
Sintetizzando: noi sappiamo gia’ tutto e abbiamo chiaro da che parte stiamo su qualsiasi argomento. Leggiamo non per informarci e farci un’opinione ma per sentirci corroborati nella nostra scelta di campo e per sentirci solleticati a livello dell’addome.
Se escludiamo quel brodino di pollo sciapo e senza colore che e’ il Corriere, tutti i quotidiani riflettono questo approccio, ovvero con l’elmetto in testa schierati manicheisticamente su una posizione ben chiara.
Se poi ci aggiungiamo la scarsa confidenza con l’inglese e un “sano” provincialismo per cui un cane che abbaia vicino a casa pesa piu’ dello scoppio della guerra in Iraq, la domanda diventa spontanea: a che serve internet ? E la risposta e’ una sola: per andare su facebook !
Febbraio 18th, 2011 at 15:21
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